"Vi racconto come ho trovato la felicità perdendo il mio lavoro"

Avere un impiego fisso oggi è raro. Per chi ce l'ha, essere licenziati è una prospettiva che fa paura. Ma se perdere il lavoro ci facesse cambiare punto di vista sulla nostra vita?

Il lavoro: per chi non ha un impiego fisso è il più grande desiderio. Raggiungere l’indipendenza economica, conquistarsi un posto nella società, sentirsi utili e riconosciuti… probabilmente, almeno in Italia e almeno in questo periodo storico, trovare un lavoro gratificante è un desiderio più diffuso di trovare l’amore. Forse è anche più difficile.

Ottenere finalmente un impiego è un’iniezione di fiducia e autostima; è un respiro di sollievo. Ma spesso è anche il punto in cui le persone si perdono. Col passare del tempo sono in tanti a cadere nella trappola: sentirsi realizzati solo in relazione al proprio mestiere. Parlare solo di quello quando si incontrano vecchi amici, ritenerlo la parte migliore di sé. Avere l’impressione che non avremmo lo stesso valore da disoccupati. “Essere il proprio lavoro“, insomma.

Che sciocchezza: non eravamo le stesse persone, prima? Non eravamo individui con degli interessi, delle passioni, degli affetti, una personalità? Lo eravamo prima di fare quel mestiere, e di certo non smetteremo di esserlo dopo. Ma purtroppo in molti se ne dimenticano, prendendo la condizione attuale – quella di lavoratori – come l’unica possibile e accettabile. La conseguenza è che se si ha la sfortuna di perderlo, quel lavoro, si rischia la depressione. Si rischia di non amare più la propria vita come prima, di non vederci niente che valga la pena apprezzare. Insomma: si perde l’equilibrio.

Recentemente un post è apparso su Humans of New York, una community di Instagram che permette alle persone di raccontarsi. Una donna ha perso il lavoro inaspettatamente. Ecco cos’ha scritto.

La settimana scorsa sono stata licenziata. Lavoravo lì da sei anni. Il primo impiego che abbia mai perso. È dura non prenderla sul personale, quando ti dicono che non c’è bisogno di te. C’erano dieci persone nel mio team e io sono stata l’unica che hanno scelto di mandar via. Così il mio cervello ha passato in rassegna tutto ciò che potevo aver sbagliato.

I primi giorni sono stati i più duri. Ho passato un sacco di tempo a piangere. Ma qualche giorno fa c’è stato il mio compleanno e i miei amici mi hanno portata fuori per una serata tacos. E questo mi ha fatta svegliare. Ho iniziato a ridere. Non riuscivo nemmeno a ricordare perché mi fossi sentita così triste. La mia vita era infinitamente più grande di quel lavoro. Sono sana, vivo in una città meravigliosa, e ho un gruppo di amici fantastico. Ho perso solo un piccolo pezzettino della torta.

La donna che ha scritto questo post era arrivata a pensare che se non era apprezzata sul posto di lavoro, allora non valeva niente. A pensare di aver sbagliato qualcosa, lei, quando magari le ragioni del suo licenziamento erano altre. Forse inconsciamente pensava che il lavoro potesse essere l’unico mezzo per la sua realizzazione personale.

E la sapete una cosa? Forse non avrebbe mai capito che ci sono cose più importanti (come gli affetti e la salute) se l’avessero licenziata. Ha cambiato prospettiva, insomma; una cosa che a volte fa davvero bene. I punti di rottura servono proprio a questo.

“Chiusa una porta si apre un portone” non è una frase banale e non si riferisce solo all’amore. Perdendo il lavoro questa donna ha capito cosa la rende davvero felice. E, soprattutto, ha compreso una verità importantissima: “La mia vita era infinitamente più grande di quel lavoro”. C’è tutto un mondo fuori dall’ufficio e non dovremmo mai dimenticarcene, quando facciamo bilanci sulla nostra vita.

Non stiamo dicendo che lavorare non sia importante. Avere uno stipendio è indipendenza, possibilità, realizzazione personale. Ma nel mondo in cui viviamo oggi, in cui ottenere un buon impiego è considerata una enorme fortuna e persino un motivo di vanto, è molto facile arrivare a eleggere il lavoro come unica fonte della nostra felicità. Come unica cosa che ci dà valore.

Niente di più sbagliato. Ricordiamocelo se ci capiterà di perdere il posto, di scoraggiarci, di buttarci giù quando non ci sentiamo abbastanza brave: lavorare non è la sola cosa che valga nella vita – e non è neanche la più importante. Se non brilliamo nel nostro mestiere non vuol dire che non siamo persone valide. Ricordiamoci di apprezzare tutto ciò che abbiamo, non solo il lavoro. E se un giorno avremo la sfortuna di perderlo… chiusa una porta, si apre un portone. A volte anche una frase fatta può nascondere una grande verità.

 

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