Gli operatori penitenziari e gli psicologi li chiamano “sex offender”, per l’opinione pubblica e la stessa subcultura carceraria sono solo ignobili.

E quando sono dietro le sbarre rassicurano l’opinione pubblica perché la reclusione non solo allontana il mostro dalla società ma soddisfa anche l’aspettativa sociale che vuole condannato il colpevole.

Ma chi è il sex offender? L’80% della popolazione carceraria detenuta è costituita da autori di reati sessuali: il maestro, il preside, il sacerdote… tutte persone che avremmo detto assolutamente “normali” e affidabili.

 Chi è il sex offender?

Esiste una sostanziale differenza tra gli uomini con gusti sessuali “normali” e queste persone che oltre ad avere i tratti di personalità aggressivi passano all’atto violento, senza cioè il consenso dell’altro. Una violenza sessuale, definita come ogni forma di coinvolgimento in qualsiasi attività a sfondo sessuale in assenza dell’autorizzazione dell’altro.
Nella mente di un sex offender succede qualcosa per cui quello che per altri potrebbe essere un pensiero sporadico o una fantasia di cui ridere al bar con gli amici diventa invece un fatto reale, un’ossessione, un desiderio da esaudire a costo di utilizzare la violenza, un’aggressione le cui conseguenze rimangono poi indelebili nel corpo e nell’anima della vittima.

A complicare lo scenario si aggiunge poi spesso la compresenza di parafilie multiple (perversioni sessuali) e disturbi di personalità ad essi associati.

Spesso la violenza viene attuata da parte di persone conosciute come amici, vicini di casa, colleghi, parenti ma anche nell’ambito della coppia è frequente che mariti oppure ex partner si macchino di tali comportamenti.

 Ma cosa spinge ad attuare una violenza?

A causa del suo “narcisismo patologico”, è particolarmente sensibile al rifiuto, ai sentimenti di vergogna e umiliazione che ne derivano, per evitare dunque queste emozioni per lui intollerabili si difende con la rabbia, svalutando l’oggetto del suo amore.

Del resto, per lui il sesso è un modo per annientare la vittima, per “spogliarla” dalla sua dignità per disumanizzarla e mostra quindi la scarsa empatia e l’assenza di sintonia con le emozioni dell’altro che caratterizza i sex offender.

Un’altra caratteristica risiede nella mania del controllo: nella maggioranza dei casi, ogni storia di violenza sulle donne é caratterizzata dal crescente bisogno di controllare il partner. Quindi infinite domande su “cosa fai, a chi telefoni, dove vai, con chi stai, con chi parli, chi sono i tuoi amici su Facebook…”.

E’ l’ossessione di controllare un partner che si considera di esclusiva proprietà. Spesso la frase “sei la MIA donna” non è sinonimo di romanticismo ma nasconde proprio questa tendenza possessiva.

E le donne spesso sono rese cieche dall’amore, non hanno la forza di opporsi e la conseguenza diretta della sottomissione al controllo diventa l’isolamento sociale. Donne costrette così a legarsi sempre più ad un partner che diventa l’unico riferimento affettivo.

Oltre al controllo, un altro atteggiamento frequente è caratterizzato da una forma di violenza verbale fatta di crescenti insulti, vessazioni e svalutazioni, battute spesso incentrate sulla fisicità e sulla sessualità della vittima.

Il sex offender agisce anche per sadismo: rabbia e dominazione vengono ”liberati” attraverso il piacere sessuale che l’aggressore prova nel brutalizzare, quasi sempre in modo premeditato, la sua vittima.

Riflettendo un po’, sicuramente ciascuno di noi ha almeno un’amica che vive questa situazione, anche con minor gravità… e questo è un segnale forte di quanto sia diffuso questo fenomeno.

 

donna.fanpage.it
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Cosa faccio se subisco violenza?

Se ti riconosci in queste righe e se hai la forza di ammettere di subire tutto questo, devi anche capire che non è amore o gelosia ma amore malato.

E l’obiettivo più importante da porsi è interrompere il rapporto e qualsiasi contatto.

Ma tra il dire ed il fare c’è sempre di mezzo tanta sofferenza, indecisione, sensi di colpa, depressione, paura di prendere una decisione definitiva e grave come può essere quella di denunciare… però se tieni segreta la violenza ne diventi complice!

Inizia quindi a condividere questo peso con le persone che ami e di cui ti fidi. Cerca comprensione ed appoggio per non rimaner sola a chiedere rispetto e giustizia!

Abbi il coraggio di denunciare per liberarti da una vita che ormai non ha più i colori accesi del vero amore ma solo i colori bui della sofferenza e del terrore.

Impara a dirti che non sei l’unica a vivere questa situazione e soprattutto che non sei sola: la prova concreta che non sei tu a sbagliare ma che esistono uomini che attivano dinamiche patologiche che nessuno merita di subire.

Ci sono tanti centri privati che sostengono le donne nel momento in cui si trovano ad affrontare uomini violenti, centri che garantiscono anche protezione e discrezione.

E se hai qualche dubbio, investi 5 minuti a favore della tua incolumità e fai una telefonata ad uno psicologo!

 

Grazie alla Dott.ssa Viviana Sgroi per l’aiuto nella stesura

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