La Nasa ha deciso di intitolare la sede del proprio quartier generale di Washington D.C. a Mary Jackson, la matematica afroamericana, prima ingegnera nella storia dell’Agenzia Spaziale statunitense, che con le colleghe Katherine Johnson e Dorothy Vaughan hanno scritto una pagina importantissima non solo della corsa allo spazio degli anni ’50, ma anche dell’intera storia contemporanea.

Jackson, morta nel 2005, parlando dei giovani studenti afroamericani, a cui negli anni Settanta si dedicò in alcuni progetti didattici, disse che era necessario avvicinarli alla scienza prima che fosse troppo tardi. “A volte non conoscono nemmeno gli scienziati neri e si accorgono troppo tardi di avere possibilità di carriera”.

Una consapevolezza di cui lei fu cosciente fin da bambina e che la portò a diventare una delle vere protagoniste della corsa allo spazio degli Stati Uniti. Come racconta la sua biografia sul sito della NASA, il suo amore per la scienza era pari solo al suo desiderio di migliorare la vita di chi la circondava.

Il ruolo importantissimo di Mary Jackson come prima ingegnera nera della NASA, e ovviamente delle sue colleghe, è stato ricordato qualche anno fa nel film Il diritto di contare, che racconta come lei, Johnson e Vaughan riuscirono a conquistare un posto al sole in un momento in cui la segregazione razziale non era astata ancora cancellata.

Il percorso di Mary nell’agenzia aerospaziale più importante al mondo non fu di certo semplice. Nata a Hampton, in Virginia, si laureò nel 1942 in matematica e fisica, per poi accettare un lavoro come insegnante nel Maryland.

In seguito allo scoppio della Seconda guerra mondiale, decise di tornare a casa e iniziò a lavorare come centralinista. Ci vollero altri tre cambi di professione per farla arrivare in un ruolo conforme alle sue potenzialità. Nel 1951 venne infatti scelta per lavorare come matematica nel laboratorio della NACA (poi diventata NASA), sotto la direzione di Dorothy Vaughan.

Non era certo facile lavorare in una società che la considerava diversa, segregandola in un ufficio insieme alle altre donne afroamericane. Dopo due anni come calcolatrice, in cui più volte meditò di rinunciare alla sua professione, le proposero però di collaborare in alcuni esperimenti sul Tunnel a Pressione Supersonico, condotti da Kazimierz Czarnecki.

Fu la svolta: finalmente qualcuno aveva notato il suo potenziale. Per partecipare al programma decise di tornare a studiare e nel 1958 si laureò in ingegneria. Dopo tanta fatica, finalmente la sua carriera poteva decollare.

A quel tempo le ingegnere donne erano pochissime e forse lei era l’unica afroamericana con una specializzazione in aeronautica, ma non si lasciò scoraggiare. Grazie alle sue capacità, riuscì infatti a dare un grande contributo nel calcolo delle traiettorie delle missioni del progetto Mercury e del programma Apollo, come raccontato nel film dedicato a lei e alle due colleghe.

Durante la sua carriera, Mary Jackson pubblicò articoli e manuali tecnici, ma si occupò anche di aiutare le donne e le minoranze a farsi strada nel mondo del lavoro. Dopo aver ottenuto il ruolo più importare nel dipartimento di ingegneria della NASA, nel 1979, sei anni dopo decise di ritirarsi. Morì nel 2005, prima di poter vedere la sua storia raccontata su Grande Schermo.

Mary Jackson: troppo nera e donna, troppo brava per essere lasciata fuori
Fonte: 20th Century Fox
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