Marianna, il “mio corpo rotondo e felice, grasso e troppo magro”, e le altre

Marianna, il “mio corpo rotondo e felice, grasso e troppo magro”, e le altre
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L’addio al nubilato di Chiara Ferragni, oltre alle tante foto social dei tre giorni a Ibiza della fashion blogger sotto l’hashtag #ChiaraTakesIbiza, ci ha inaspettatamente lasciato anche uno spunto di riflessione piuttosto interessante, soprattutto dopo che uno sfortunato (e successivamente corretto) titolo del Corriere aveva narrato la cronaca dell’evento definendo “rotonde e felici” le amiche di Chiara. Che, peraltro, erano obiettivamente snelle e toniche, ma che anche fossero state “rotonde” non avrebbero fornito una giustificazione al fatto di essere appellate solo in virtù della loro fisicità.

Certamente la gaffe di uno dei più prestigiosi quotidiani nazionali, con tanto di marcia indietro seguita alle proteste della stessa Ferragni, ha posto nuovamente l’accento su una questione che da sempre interessa le donne e il rapporto con la loro autostima; perché, se già è piuttosto difficile accettare il proprio corpo, soprattutto per il costante paragone con modelli estetici praticamente perfetti o quasi, aumentato a dismisura dai social (come se già riviste e cartelloni pubblicitari non fossero sufficienti), certamente il compito si fa ancora più complicato se c’è qualcuno pronto a definirci “rotonde”, “non in forma” e via dicendo.

Lo scivolone non è passato inosservato proprio su quei social che, fra le tante cose, si sono fatti anche forieri di interessanti lotte a carattere sociale per mettere in risalto argomenti che stanno particolarmente a cuore, specie alle donne, dal diritto di vivere liberamente il periodo del proprio ciclo mestruale fino, appunto, alle crociate contro il bodyshaming di qualsiasi tipo.

Così, girando su Instagram ci è capitato di leggere questo post.

Questo è un corpo rotondo e felice. Ma è anche un corpo grasso, o troppo magro secondo mia madre, o in perfetta forma o poco atletico o perfetto così. È un corpo poco tonico, con i buchi della cellulite, la ritenzione idrica, i polpacci grossi, i capelli grassi, i peli lunghi e scuri, le orecchie a sventola, gli occhi miopi, il collo lungo, le spalle spioventi, le braccia storte, la schiena con la scoliosi, i baffetti, la fronte grassa, il naso secco, i denti storti, le tettone, i fianchi larghi, la pancia troppo gonfia, il culo piatto. È un corpo ferito, rovinato, sofferente e stanco. E anche un corpo che cammina, che vive, che ride, che ama, che è in salute, che viaggia, che sogna, che spera, che canta, che vede, che nuota, che ascolta, che graffia, che mangia, che annusa. È un corpo felice, goffo, sexy, bello, pieno. Occhi vivaci, labbra belle, tette che stanno ancora su, gambe lunghe e dritte, faccia carina. È un corpo che sa baciare e abbracciare. Che ama tanto. Che sta imparando ad amarsi. Che ama tanto. Ecco, quest’estate prendiamo tutta quella merda che vediamo ogni giorno allo specchio e guardiamoci con amore e indulgenza. Non lasciamo che gli altri ci attacchino e incasellino. Noi siamo fantastici così: con la cellulite e la stempiatura, con la panza e i capelli grigi. ‘Fanculo a chi dice il contrario. Se vi va, fotografatevi come vi pare (anche vestiti eh? Non è necessario il costume che ricorda le amiche della @chiaraferragni ) e raccontate cosa non amate di voi. E poi dite che cosa amate invece. Vedrete che queste cose contano molto di più #uncorpocheama

Un post condiviso da Marianna Martino (@maiazandegu) in data:

Abbiamo voluto ascoltare la sua autrice, l’editrice Marianna Martino, affinché ci spiegasse il motivo per cui ha deciso di pubblicare una foto e una didascalia del genere, lanciando l’hashtag #uncorpocheama, diventato presto virale.

Marianna afferma di essere partita proprio dallo sfortunato articolo del Corriere.

Quando ho letto l’articolo del Corriere sono rimasta davvero senza parole. Che una donna debba sempre essere definita a partire dal suo aspetto, e dalla taglia dei jeans in particolare, mi fa inorridire. E così ho pensato: se fossi stata un’amica della Ferragni sarei stata etichettata come tonda? O morbida? O curvy? O flaccida? Così ho comprato un costume intero rosso e mi sono fatta un autoscatto con l’hashtag #uncorpocheama.

Per dire, come recita il suo post, che il suo corpo

[…] è anche un corpo grasso, o troppo magro secondo mia madre, o in perfetta forma o poco atletico o perfetto così.

Insomma, che per nessuno sarai mai perfetto. E che bisognerebbe cercare di esserlo almeno per se stesse. Naturale, quindi, ci viene chiederle se l’esposizione generale sui social in qualche modo costringa necessariamente le persone a “fare i conti col proprio aspetto fisico”, acuendo ancora di più la mancanza di autostima, laddove se ne sia già sprovviste.

La verità? Non lo so – ci confessa candidamente Marianna – Io seguo decine di attrici, modelle e influencer bellissime, ma non mi sento in competizione con loro. Ho l’intelligenza di capire che siamo differenti ed è inutile fare paragoni. E poi loro nelle foto sono sempre perfettamente phonate e truccate. E a volte i loro scatti sono anche ritoccati ad arte. Instagram e i social non sono la vita vera. Però, d’altro canto, magari chi è più fragile, chi non ha gli strumenti per capire la differenza tra online e offline, chi è giovane e pieno di insicurezze, potrebbe rimanere influenzato da questi modelli per certi versi perfetti (che poi: chi lo ha deciso che sono perfetti?) e poco raggiungibili.

Vero, eppure è altrettanto vero che, pur sapendo quanto labili siano i giudizi delle persone, e non sempre caratterizzati dal cosiddetto “gusto soggettivo”, ma talvolta da pura e semplice invidia o cattiveria, sembriamo sempre esserne influenzate. Perché? Perché davvero in fondo il desiderio di ognuno di noi è piacere a tutti, pur sapendo che questo non sia obiettivamente possibile?

Piacere a tutti è impossibile. Forse solo la pizza riesce in questa impresa mitologica – scherza lei – Penso che persino la Coca-Cola fallisca in questo! E spero che tutti siano consci dell’impossibilità di piacere a chiunque. Io ce l’ho molto chiaro. Però di sicuro vogliamo piacere ad alcuni o a molti, a seconda dei casi. Perché siamo animali sociali e viviamo in relazione con gli altri. Tutti i giorni incontriamo persone per lavoro, per svago, per amore. È normale essere influenzati dal pensiero e dal giudizio altrui. Ed è normale voler piacere, sentirsi belli, desiderati. In una parola: amati.

Marianna asserisce di essere una persona con una personalità molto forte, senza insicurezze di sorta. Eppure…

Sul mio aspetto fisico è come se avessi sempre 14 anni e fossi lì davanti allo specchio a vedermi crescere di colpo in modo goffo e sgraziato: troppe tette, troppe gambe, troppi brufoli. Le altre compagne di scuole mega carine e io un cesso. E se al liceo mi giudicavo duramente io per prima, dopo, durante i 20 anni, le opinioni di terzi mi hanno influenzato potentemente e male. Solo di recente sto imparando a volermi bene. Allo specchio oggi mi piaccio e, anche se non ho un corpo da copertina di Vogue, sono felice di come sono, perché il mio corpo mi fa fare tutto quello che voglio: mi fa lavorare, viaggiare, amare, divertire e, come se non bastasse, è il contenitore della mia personalità, che è quella che davvero mi distingue e mi rende bellissima ai miei occhi e a quelli degli altri.

C’è un altro punto però che vogliamo affrontare con Marianna: perché, se da un lato è costante la paura di esporsi, per timore del giudizio, dall’altro i social quasi ci “invitano” a farlo e, anche se non si è personaggi pubblici, tutti vogliamo mostrarci su Instagram o Facebook. Come si può convivere con la paura da un lato e questa sorta di spinta esibizionistica dall’altro?

Io, fino a un anno e mezzo fa, su Instagram non postavo altro che foto di oggetti e cibo, perché pensavo di non avere niente da dire. Poi ho iniziato a metterci la faccia, perché questi ultimi due anni per me sono stati personalmente molto significativi e mi hanno tirato fuori tutta la forza e l’autostima che non pensavo di avere. Mi sentivo più sicura di raccontarmi e ho pensato che il mio punto di vista potesse contare qualcosa: non per le masse ovvio, ma per alcuni sì.

Oggi non ho più paura di espormi, penso di essere ormai senza vergogna. E sì, certo: mi sento un po’ esibizionista e il consenso non mi fa schifo. A chi fa schifo, poi, a ben vedere? Però la mia politica è questa: se metto uno scatto più intimo o fuori dai miei soliti schemi, lo faccio esclusivamente se ho qualcosa di importante da dire o a cui tengo molto. Sennò mi limito a stare zitta. Penso che online ognuno debba fare come si sente. Se vuoi mettere le foto in costume, fallo. Se ti imbarazza e preferisci mettere solo foto di muffin, avanti tutta!
Secondo me se hai qualcosa da dire di unico, di tuo e di potente, dillo. Mettici la faccia, o una mano, o una torta, ed esponiti. In modo intelligente, gentile e articolato, ma dì la tua. Di questi tempi bui, secondo me ce n’è tanto bisogno.

E a quanto pare, molte ragazze sembrano voler seguire il suo esempio, a giudicare da quante abbiano deciso di metterci il corpo e la faccia, con l’hashtag #uncorpocheama, come vi mostriamo in gallery. A tutte loro va un grazie per aver accettato di farci pubblicare i loro scatti, e per la forza che le loro immagini bellissime trasmettono.

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