*** Aggiornamento del 30 novembre 2021 ***

Le spoglie di Joséphine Baker stanno per entrare al Panthéon, trovando posto accanto a nomi eccellenti della cultura francese come Voltaire, Rousseau, Zola e i coniugi Curie. Sarà la prima donna nera a essere accolta nello storico mausoleo francese, per volontà del presidente Macron, che presenzierà alla cerimonia, prevista per le 17:30.

In realtà, come per le eroine della resistenza Geneviève de Gaulle-Anthonioz e Germaine Tillion, le spoglie di Joséphine Baker, non verranno trasferite realmente al Panthéon ma resteranno nel Principato di Monaco, al fianco del marito Jo Bouillon e dell’amica principessa Grace di Monaco, per rispettare la sua volontà.

Verrà quindi portato un cenotafio con quattro pugni di terra che per lei hanno rappresentato luoghi importantissimi: Saint-Louis, sua città natale negli Stati Uniti, Parigi, che l’ha idealmente adottata, Milandes, il castello di sua proprietà in Dordogna e Monaco.

L’ultima donna a entrare al Panthéon è stata Simone Veil, nel 2018. A Baker sarà intitolata anche una stazione della metropolitana.

*** Aggiornamento del 24 agosto 2021 ***

I resti di Joséphine Baker saranno sepolti al Panthéon a Parigi; lo ha annunciato in un tweet il presidente francese Emmanuel Macron, motivando la scelta di conferire una delle più alte onorificenze in Francia alla cantante e ballerina, nata negli USA ma che ha combattuto per la bandiera francese durante la Seconda Guerra Mondiale, guadagnandosi anche la Légion d’honneur.

Nata americana ma avendo scelto la Francia, per il suo impegno e la sua lotta, Joséphine Baker ha portato in alto il motto della Repubblica francese. Il 30 novembre 2021 entrerà nel Pantheon.

In un’altra nota l’Eliseo ha aggiunto che, pur essendo nata in un altro Paese, Baker ha incarnato al meglio lo spirito di resistenza francese:

Artista di music hall di fama mondiale, impegnata nella Resistenza, instancabile attivista antirazzista, è stata coinvolta in tutte le lotte che uniscono i cittadini di buona volontà, in Francia e nel mondo.

Diventerà la prima donna nera a essere sepolta nel mausoleo che ospita i resti dei più eminenti personaggi che hanno segnato la storia francese, e la sesta donna in totale, dopo la sopravvissuta all’Olocausto francese Simone Veil, la scienziata Marie Curie, le combattenti della Resistenza francese Geneviève de Gaulle-Anthonioz e Germaine Tillion e Sophie Berthelot, la moglie di un famoso chimico che fu sepolta insieme al marito.

*** Articolo originale ***

Innovativa, rivoluzionaria, scandalosa ma mai volgare: la vita e la carriera di Joséphine Baker si possono riassumere con tantissimi aggettivi, tutti validi. Perché la cantante e ballerina nata a St. Louis, dopo un’infanzia non facile, ha saputo riabilitare la sua vita e diventare una vera leggenda, non solo per l’eccentricità dei numeri che proponeva sul palco o della sua quotidianità stessa (era nota per avere un ghepardo come animale domestico), ma anche per la devozione e la generosità con cui si spese per le cause in cui credeva fortemente.

Abbandonata dal padre, la cui famiglia, ispanica buckra, non accettava la relazione del figlio con una donna i cui nonni erano stati schiavi, povera, costretta a frugare tra la spazzatura per tirare avanti, Joséphine sembrava destinata a finire nella miseria, proprio come quella di tanti altri afroamericani negli Stati Uniti di inizio Novecento. Cresciuta nel ghetto di St. Louis, in Missouri, assorbì la musica e la cultura di chi viveva come lei per la strada e ne fece un arte, come racconta un recente articolo di Open Culture. Ritmi africani, jazz ed eleganza parigina erano gli ingredienti segreti dei suoi numeri di ballo, ancora oggi copiati e rivisitati.

Grazie alle sue esibizioni originali e dissacranti, ispirò artisti come Pablo Picasso, Ernest Hemingway e Alexander Calder, che la immortalò in una scultura. A venticinque anni raggiunge Parigi, dove non si trova più a fare i conti con la pesante discriminazione razziale vissuta negli USA, a causa della quale era dovuta fuggire, con gli abitanti del suo quartiere, per un incendio di natura dolosa, ma deve comunque partecipare agli spettacoli della Revue nègre, simbolo esotico dell’età del Jazz, dove si mettono in scena tutti gli stereotipi retaggio del colonialismo.

Questi sono comunque gli anni dei suoi successi, da J’ai deux amours di Vincent Scott a La Petite Tonkinoise e Yes, we have no Bananas, che cantava nuda, coperta solo da un gonnellino di banane diventato leggenda.

Ma Joséphine dimostra di avere molte qualità diverse soprattutto allo scoppio della guerra, quando si arruola nei servizi segreti diventando una militante, con il grado di luogotenente, per la Francia libera. Dopo quattro anni passati in Nord Africa la luogotenente Baker dello stato maggiore del Generale de Gaulle viene decorata con la Légion d’honneur. Dopo la guerra sposa il compagno Jo Bouillon, direttore d’orchestra, con cui, il 4 settembre 1949, dà vita a Milandes,il sogno che aveva cullato per anni, dove crescerà tutti i figli adottati (dopo due aborti non ne ebbe mai di naturali), all’insegna della convivenza civile e pacifica.

Le sue lotte però non finiscono: torna negli USA negli anni ’60, prendendo parte alle grandi rivolte degli afroamericani per i loro diritti civili,  diventa l’unica donna a pronunciare un discorso alla marcia su Washington, insieme a Martin Luther King, per il lavoro e la libertà.

Sapete che ho sempre scelto la strada più difficile. Diventando vecchia, sicura di averne la forza e la capacità, ho preso quel sentiero difficile e ho cercato di renderlo un po0 più facile. Volevo renderlo più facile per voi. Voglio che abbiate l’opportunità di fare tutto quello che ho fatto io, senza che siate obbligati a scappare per ottenerlo. Io credo di avere una missione su questa terra, quella di aiutare i popoli a diventare amici e a fare in modo che capiscano prima che sia troppo tardi.

Muore il 12 Aprile del 1975 per un’emorragia cerebrale, ed è sepolta nel cimitero del Principato di Monaco.

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I resti di Joséphine Baker al Panthéon di Parigi, sarà la prima afroamericana
Fonte: Wikimedia
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