"Sono una Signora!": Elagabalus, la donna trans che fu imperatrice di Roma

"Un tragico enigma perso dietro secoli di pregiudizi." È con queste parole che lo storico Warwick Ball definisce Elagabalus, la donna trans che fu imperatrice di Roma e che è stata sommersa da una damnatio memoriae che, per secoli, ha offuscato la sua figura di preconcetti, interpretazioni erronee e malintesi. Ma chi era Elagabalus, e perché, ora, è finalmente sottoposta a un'opera di rivalutazione? Scopriamolo insieme.

“Un tragico enigma perso dietro secoli di pregiudizi.” È con queste parole che lo storico Warwick Ball definisce Elagabalus, la donna trans che fu imperatrice di Roma e che è stata sommersa da una damnatio memoriae che, per secoli, ha offuscato la sua figura di preconcetti, interpretazioni erronee e malintesi.

Ma chi era Elagabalus, e perché, ora, è finalmente sottoposta a un’approfondita opera di rivalutazione? Scopriamolo insieme.

Chi era Elagabalus, l’imperatrice adolescente che scandalizzò Roma

Nata a Roma nel 203 d.C. con il nome di Sesto Vario Avito Bassiano, Elagabalus apparteneva alla potente dinastia dei Severi. Il padre – cavaliere che sarebbe stato ammesso, in seguito, al Senato romano – e la madre Giulia Soemia – cugina dell’imperatore Caracalla – provenivano da Emesa, città della Siria.

In quanto membro della nobiltà siriana, Elagabalus deteneva i diritti ereditari al sacerdozio del dio solare della città d’origine El-Gabal (da “El”, “dio”, e “Gabal”, concetto che richiama la “montagna”, a intendere “il dio che si manifesta in una montagna”), di cui, infatti, era somma sacerdotessa.

Dopo l’assassinio di Caracalla, avvenuto nel 217, il prefetto del pretorio Macrino assunse il potere imperiale e esiliò la famiglia di Elagabalus, in quanto imparentata con l’imperatore. Dal momento che, però, il regno di Macrino risultò fin da subito particolarmente instabile, nel 218 quest’ultimo venne giustiziato e, con un’abile manovra di palazzo a opera della madre Giulia Soemia e della nonna materna Giulia Mesa, Elagabalus fu acclamata imperatrice dalle truppe orientali, all’età di soli 14 anni, restaurando, così, la dinastia severiana.

Presentandosi, infatti, in qualità di erede di Caracalla, Elagabalus si fece chiamare Marco Aurelio Antonino Augusto, e si fece subito notare per le sue scelte religiose e comportamentali anticonformiste e rivoluzionarie.

Identità, potere e sessualità: il regno controverso della donna trans imperatrice di Roma

In primo luogo, Elagabalus insediò El-Gabal (da lui rinominato Sol Invictus) come nuovo capo del Pantheon romano, ponendolo al di sopra di Giove – e, di fatto, sostituendolo -, costringendo, al contempo, la (sconvolta) popolazione romana ad adorare un dio straniero. Ma non finì qui. L’imperatrice ordinò, appunto, la rimozione delle reliquie più sacre di Roma per collocarle nell’Elagabalium, un tempio di enormi dimensioni costruito sul Palatino, di fronte al Colosseo, e dedicato al culto del dio solare di Emesa.

Azioni che, dunque, resero essenzialmente impossibile, ai Romani, adorare qualsiasi dio senza celebrare, al tempo stesso, anche El-Gabal. Le controversie religiose culminarono, poi, con la decisione dell’imperatrice di sposare Aquilia Severa, una vestale vergine, nonostante il diritto romano stabilisse che tutte le vestali dovessero rimanere caste – pena la sepoltura da vivi per chi contravvenisse a questo divieto e si ritrovasse coinvolto in rapporti sessuali con loro.

Una scelta anticonvenzionale, così come era Elagabalus stessa e, nello specifico, la sua identità di genere e i suoi comportamenti sessuali. Secondo le fonti (Cassio Dione, Erodiano e l’Historia Augusta in primis), infatti, l’imperatrice era emblema di eccentricità e destabilizzazione (che noi, oggi, definiremmo libertà, espressione di sé e autenticità N.d.R.), poiché promotrice di pratiche ritenute stravaganti e scandalose, come orge, rapporti omosessuali e prostituzione.

La memoria femminista di Elagabalus: tra damnatio memoriae e rivendicazione

Le fonti classiche riportano, inoltre, che Elagabalus avrebbe chiesto a tutti di essere chiamata “Domina”, “signora”, anziché “Dominus”, “signore”. A questo proposito, lo storico Cassio Dione scrisse che l’imperatrice:

Si deliziava di essere chiamata l’amante, la moglie, la regina di Ierocle.

Si sa, infatti, che, nonostante avesse sposato cinque donne, la relazione più stabile di Elagabalus fu quella con un auriga proveniente dalla Caria di nome Ierocle, al quale l’imperatrice si riferiva definendolo “mio marito”. L’Historia Augusta, poi, afferma anche che Elagabalus sposò un atleta di Smirne di nome Zotico, con una cerimonia pubblica a Roma. Sempre Cassio Dione, poi, scrisse anche che l’imperatrice fosse solita dipingersi le palpebre, depilarsi, indossare parrucche e prostituirsi nei bordelli, nelle taverne e nello stesso palazzo imperiale.

In base alla ricerca condotta dallo storico Ollie Burns mediante l’Università di Birmingham, ancora, alcune prove dimostrano che Elagabalus offrì “ingenti somme” di denaro a “qualsiasi medico” fosse in grado di “darle una vagina”, indagando sui metodi disponibili per effettuare un intervento chirurgico di affermazione di genere.

Una serie di azioni e comportamenti, quindi, che farebbero largamente intendere che Elagabalus fosse cosciente di essere quello che, all’epoca, per mancanza di terminologia, non poteva ancora definirsi “transgender”, dal momento che appare evidente che preferisse essere vista, appellata e considerata alla stregua di una donna, e cercasse di diventare tale anche fisicamente.

Proprio le sue pratiche anticonformiste e le politiche religiose, però, portarono l’imperatrice a essere invisa alla Guardia Pretoriana, che la assassinò – insieme alla madre – nel 222, dopo solo quattro anni dal suo insediamento al potere e all’età di 18 anni. La sua figura fu, così, condannata alla damnatio memoriae, ma una serie di studi e il decisivo intervento dell’inglese North Hertfordshire Museum – dove è conservato denaro d’argento con il suo volto e che ha annunciato si riferirà a Elagabalus con pronomi femminili – stanno fortemente contribuendo alla sua rivalutazione storica, culturale e di genere.

Riconoscendo, finalmente, a Elagabalus di essere stata la prima donna trans imperatrice di Roma.

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