Il periodo del “mezzo autunno” rappresenta dai tempi più antichi un momento particolare dell’anno. Nelle società del passato, in cui il tempo era scandito dalla semina e dal raccolto, il periodo tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre segna la maturazione di particolari colture, ma anche ritualità primitive che avevano a che fare con esse e al tempo stesso sono giunte fino a noi, per strade differenti.

Sicuramente l’esempio più celebre in tal senso è Halloween, ma nella Mitteleuropa esiste una festività abbastanza simile, chiamata Rommelbootzennaat.

Non solo Halloween: cos’è il Rommelbootzennaat

Il Rommelbootzennaat – termine che significa letteralmente “notte delle barbabietole che fanno le smorfie” si festeggia per lo più in Francia (in particolare nella regione della Lorena) e in Germania, in generale nelle zone attraversate dal fiume Mosella. Per lo più il giorno di questi festeggiamenti è la vigilia di Ognissanti, proprio come Halloween, ma in alcune zone si usa festeggiarlo in altra data – ma non troppo lontano da Ognissanti, come vedremo tra poco.

Fondamentalmente ed esattamente come Halloween, il Rommelbootzennaat rappresenta una sorta di evoluzione del Samhain, ovvero il capodanno celtico: in questa data si diceva arrivederci alla stagione della luce e benvenuta alla stagione del buio. E per noi italiani che abbiamo dovuto “subire” – passateci il termine, ma è sempre un po’ traumatico – il cambio dell’ora a fine ottobre questa discrepanza è ancor più evidente.

Rommelbootzennaat: storia e leggende

Rommelbootzennaat
Fonte: Pexels

Storicamente, durante il Samhain e quindi durante il Rommelbootzennaat, si riteneva che le dimensioni in cui abitavano i vivi e le dimensioni in cui abitavano i morti, in questa particolare data, non avessero i confini, e quindi i defunti potessero tornare a tormentare chi era ancora in vita. Quindi era usanza di lasciare per i morti del cibo in tavola e un ceppo nel camino affinché questi insoliti visitatori potessero ristorarsi appieno.

Non solo: i defunti più molesti venivano tenuti lontani attraverso barbabietole intagliate con volti mostruosi o grotteschi. Naturalmente questa è quella che si dice storia fusa all’interno della leggenda: non c’è nulla di vero, i morti non camminano sulla terra, ma è difficile non notare che in questo periodo dell’anno in diversi luoghi del mondo esistono diverse festività che ricordano i morti, come per esempio in Messico il Día de los Muertos, o per i cattolici italiani la commemorazione dei defunti il 2 novembre.

Come e dove si festeggia

Rommelbootzennaat
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Come detto, il Rommelbootzennaat si festeggia nelle zone di Germania e Francia attraversate dal fiume Mosella: particolarmente sentito è in Lorena, ma anche nella regione tedesca del Saarland.

Tuttavia, se in gran parte dei luoghi il Rommelbootzennaat si svolge nella notte tra il 31 ottobre e l’1 novembre, in Saarland i festeggiamenti corrispondono all’11 novembre, ovvero il nostro san Martino, giorno in cui, parallelamente, in alcune zone d’Italia si festeggiano i frutti della vendemmia (e quindi si assaggia il vino novello insieme a frutta e verdura di stagione, come finocchi e caldarroste).

A testimoniare che questo tipo di ricorrenze ha salde radici in una primitiva cultura popolare e contadina che è giunta fino a noi attraverso le tradizioni. Tradizioni che non sono poi tanto diverse da luogo a luogo, anche perché frutto di incontri e migrazioni nel corso dei secoli.

Ma cosa si fa in occasione del Rommelbootzennaat? Come accennato, si intagliano le barbabietole da zucchero, ritraendo facce mostruose e grottesche, esattamente come per Halloween si fa con le zucche.

Un’altra somiglianza evidente con Halloween: si preparano dolcetti da offrire ai morti che valicano la dimensione dei vivi, ma per la verità sono proprio i vivi a fare delle immense scorpacciate. Difficile immaginare che, come Halloween, anche il Rommelbootzennaat possa diventare una festa commerciale, ma forse può aiutare quelli e quelle tra noi che storcono ancora un po’ il naso, bollando Halloween come qualcosa che non ci appartiene. In fondo le tradizioni non appartengono a un solo popolo, ma all’umanità in generale.

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