Quanto manca alla fine del mondo? Nel 1947 fu approntato dalla scienza un orologio metaforico, l’Orologio dell’Apocalisse per indicare a quante pressioni e forze pericolose (guerre, fame, epidemie e così via) siano, negli anni, sottoposti il pianeta e l’umanità. Ma dal 2020 esiste nel mondo un altro orologio metaforico (ma anche “fisico”), specifico su una di queste forze pericolose: si tratta del Climate Clock.

Cos’è il climate clock?

Come accennato si tratta di un orologio metaforico, virtuale e reale (secondo il luogo, fisico o di internet, in cui è posto), che sopperisce, come riporta il sito del Massachusetts Institute of Technology, alla mancanza di una “misura quotidiana che ci informi sulla salute del nostro pianeta”. Proprio a causa del fatto che non esiste un’unità di misura per il rischio rappresentato dai cambiamenti relativi a clima e ambiente, in realtà si dovrebbe parlare di Climate Clock al plurale.

Ce n’è infatti uno creato da un gruppo di studenti del Mit, ce n’è uno a New York, nella Union Square, ce ne sono diversi online, e tutti indicano un tempo o un metro diverso, relativo a mesi, giorni, ore che mancano rispetto all’aumento globale della temperatura e contemporaneamente quanta CO2 viene emessa nel frattempo – e noi che stiamo al computer in questo momento contribuiamo alle emissioni.

E anche se nel 2023 l’Orologio dell’Apocalisse è arrivato a dire che mancano 90 secondi alla mezzanotte dell’umanità (principalmente per la guerra in Ucraina ma non solo), il Climate Clock è ugualmente ansiogeno. Come sostiene da sempre Greta Thunberg, siamo davvero troppo in ritardo.

A cosa serve e come funziona

Fondamentalmente, come spiega The Verge, si tratta di una forma di attivismo e sensibilizzazione. Si deve partire dalla consapevolezza che oggi le temperature medie sono di 1,1°C superiori rispetto a prima della Rivoluzione industriale, a causa appunto delle emissioni di CO2 legate all’utilizzo di combustibili fossili. In altre parole quel carbone che un tempo sarà apparso garanzia di libertà (per esempio con i treni a vapore), dovrebbe essere sostituito da altre forme di energia, pulita e rinnovabile.

E il Climate Clock mostra a tutti come il tempo che manca all’ulteriore riscaldamento globale sia inversamente proporzionale alle emissioni di anidride carbonica, in base ai dati del Mercator Research Institute on Global Commons and Climate Change di Berlino: più emissioni, meno tempo ci resta. Ma non è propriamente un conto alla rovescia del cambiamento climatico, quanto al momento in cui l’umanità produrrà tanto inquinamento da innescare un innalzamento delle temperature di 1,5°C.

Il giorno migliore per agire è stato ieri – spiega a The Verge Becca Richie dell’organizzazione Climate Clock – Ma stiamo usando i dati [climatici] per creare una sequenza temporale che consenta ai governi e agli attivisti di chiedere il cambiamento. È possibile attuare le soluzioni di cui abbiamo bisogno in quel lasso di tempo e rimanere al di sotto di 1,5 gradi.

I Climate Clock in Italia e nel mondo

Uno dei Climate Clock si trova in Italia, a Roma, sull’edificio che ospitava il Ministero della Transizione Ecologica (successivamente ridenominato dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica) ed esprime un invito alla transizione ecologica tanto che compare anche la percentuale dell’utilizzo di energie green nel mondo.

Come accennato, c’è un orologio, il primo istallato, a New York, negli Stati Uniti, nel 2020, ma ce ne sono altri in altre parti del mondo. I più noti sono forse quelli di Seoul, in Corea del Sud, montato nel 2021, e quello di Glasgow, in Scozia, istallato sempre nel 2021.

Tuttavia chiunque può aderire all’iniziativa: le città possono istallare orologi monumentali come quelli di New York, mentre orologi più piccoli possono trovare la loro strada in scuole, università o altri luoghi di comunità come ospedali o cliniche. E c’è anche la possibilità per i siti internet di ospitare un proprio orologio virtuale: per questo ne troviamo una quantità differenti facendo una semplice ricerca con Google.

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