Ormai lo sappiamo: per combattere i cambiamenti climatici e garantire la sopravvivenza del Pianeta dobbiamo ripensare il modo in cui lo abitiamo. Ripensare, soprattutto, il modo in cui produciamo, consumiamo, sprechiamo e gettiamo un’infinità di prodotti, rilasciando nell’atmosfera una quantità insensatamente e inutilmente alta di gas serra. Se vogliamo cambiare le cose, dobbiamo iniziare dall’economia circolare.

Che cos’è l’economia circolare?

Un malinteso comune porta a ridurre la definizione di economia circolare all’approccio Riduci-Riusa-Ricicla. Questo è certamente uno degli aspetti, ma l’economia circolare è un’idea più ampia: una ristrutturazione significativa del sistema economico che ci costringe a ripensare interamente il modo in cui abbiamo fatto le cose finora.

La nostra economia è dominata da processi lineari: le merci vengono prodotte, utilizzate e infine gettate. Questo flusso è unidirezionale e ha un inizio e una fine chiari. In un sistema di economia circolare, invece, il modello “prendi-produci-consuma-usa-getta” si trasforma in un sistema circolare, in cui vengono conservati l’utilità e il valore di prodotti, componenti e materiali il più a lungo possibile. Gli sprechi sono ridotti al minimo, perché tutto ciò che viene prodotto viene trasferito e utilizzato altrove, continuamente.

L’economia circolare prevede quindi forme di utilizzo diverse da quelle a cui siamo abituati, come la condivisione, il leasing, il riutilizzo, la riparazione, la ristrutturazione e il riciclo di materiali e prodotti esistenti il più a lungo possibile. In questo modo il ciclo di vita dei prodotti si allunga.

Quando un prodotto raggiunge la fine della sua vita, i materiali vengono mantenuti all’interno dell’economia, grazie al riciclo. Questi possono essere utilizzati in modo produttivo ancora e ancora, creando così ulteriore valore.

I benefici dell’economia circolare

La diminuzione dei rifiuti è solo uno dei benefici di una economia circolare. Secondo il sito dell’Unione Europea, infatti, i vantaggi di questo modello di produzione e consumo sono molteplici.

1. Proteggere l’ambiente

Il riutilizzo e il riciclaggio dei prodotti non solo rallenterebbe l’uso delle risorse naturali, ridurrebbe la distruzione del paesaggio e degli habitat e contribuirebbe a limitare la perdita di biodiversità, ma aiuterebbe a ridurre le emissioni di gas a effetto serra. Secondo l’Agenzia europea dell’ambiente, i processi industriali e l’uso dei prodotti sono responsabili del 9,10% delle emissioni di gas serra nell’UE, mentre la gestione dei rifiuti rappresenta il 3,32%.

2. Ridurre la dipendenza dalle materie prime

La popolazione mondiale è in crescita e con essa la domanda di materie prime, che sono però limitate.

Riciclare le materie prime mitiga i rischi associati all’approvvigionamento, come la volatilità dei prezzi, la disponibilità e la dipendenza dalle importazioni: questo vale soprattutto per le materie prime “critiche”, necessarie per la produzione di tecnologie cruciali per il raggiungimento degli obiettivi climatici, come batterie e motori elettrici.

3. Creare posti di lavoro e far risparmiare denaro ai consumatori

Il passaggio a un’economia più circolare potrebbe aumentare la competitività, stimolare l’innovazione, stimolare la crescita economica e creare posti di lavoro (700.000 posti di lavoro nella sola UE entro il 2030).

La riprogettazione di materiali e prodotti per l’uso circolare stimolerebbe anche l’innovazione in diversi settori dell’economia.

Non solo: ai consumatori verranno forniti prodotti più durevoli e innovativi che aumenteranno la qualità della vita e faranno risparmiare denaro a lungo termine.

Esempi e applicazioni

Ci sono tantissimi esempi di economia circolare, proprio perché si tratta di un modello che prevede un cambio di approccio radicale al modo in cui produciamo e consumiamo. Il World Economic Forum ha dedicato un articolo ad alcuni esempi virtuosi.

Uno di questi è Thousand Fell che, oltre a realizzare scarpe con materiali sostenibili come buccia di cocco e canna da zucchero e persino bottiglie di plastica riciclate, in collaborazione con UPS ha lanciato ha lanciato uno speciale incentivo al riciclo: i clienti possono restituire le vecchie paia di scarpe, che verranno riciclate mentre il cliente riceverà un buono di $20 per l’acquisto di un nuovo paio di scarpe.

Anche Ikea, da sempre nota per i prodotti “fatti per cambiare” ha modificato le sue policy, aprendo il suo primo negozio second-hand e invitando i clienti a riportare i prodotti vecchi in cambio di voucher. Il responsabile della sostenibilità, Jonas Carlehed, ha dichiarato a Reuters: «Stiamo effettuando un enorme riadattamento, forse il più grande che IKEA abbia mai realizzato, e una delle chiavi per raggiungere [gli obiettivi climatici dell’azienda per il 2030] è aiutare i nostri clienti a prolungare la vita dei loro prodotti».

Ma gli esempi sono molti, dal packaging riutilizzabile di Burger King al “leasing” di scarpe di Adidas, e questo solo per limitarci alle iniziative aziendali. Che, però, sono fondamentali perché sono proprio i brand (e la pressione che possiamo fare su di loro) a poter e dover cambiare il modo in cui producono e commercializzano i loro prodotti.

Economia circolare e istituzioni

Nel marzo 2020, la Commissione Europea ha adottato il nuovo piano d’azione per l’economia circolare (CEAP), che costituisce uno dei principali elementi costitutivi del cosiddetto “Green New Deal”, l’agenda europea per la crescita sostenibile.

Secondo il sito dell’Ue,

la transizione dell’UE verso un’economia circolare ridurrà la pressione sulle risorse naturali e creerà crescita e posti di lavoro sostenibili. È anche un prerequisito per raggiungere l’obiettivo di neutralità climatica dell’UE entro il 2050 e arrestare la perdita di biodiversità.

Gli obiettivi, che dovrebbero essere realizzati attraverso 35 azioni elencate nel “piano d’azione”, sono:

  • rendere i prodotti sostenibili la norma nell’UE;
  • responsabilizzare i consumatori e gli acquirenti pubblici;
  • concentrarsi sui settori che utilizzano la maggior parte delle risorse e dove il potenziale di circolarità è elevato come: elettronica e ICT, batterie e veicoli, imballaggi, plastica, tessile, edilizia ed edifici, cibo, acqua e sostanze nutritive;
  • garantire meno sprechi;
  • far funzionare la circolarità per le persone, le regioni e le città;
  • guidare gli sforzi globali sull’economia circolare.

A livello nazionale, la transizione verso un’economia circolare è uno dei punti della Missione 2 del Pnrr, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, denominata Rivoluzione Verde e Transizione Ecologica, che “si occupa dei grandi temi dell’agricoltura sostenibile, dell’economia circolare, della transizione energetica, della mobilità sostenibile, dell’efficienza energetica degli edifici, delle risorse idriche e dell’inquinamento, al fine di migliorare la sostenibilità del sistema economico e assicura una transizione equa e inclusiva verso una società a impatto ambientale pari a zero”.

Sul sito del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, inoltre, è disponibile il documento relativo alla “Strategia Nazionale per l’Economia Circolare” che riassume il quadro di riferimento internazionale, europeo e nazionale e le principali linee di azione.

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