Si chiama Terre de Femmes il programma lanciato vent’anni fa dalla Fondazione YR e supportato da Yves Rocher Italia Yves Rocher, che punta al supporto economico dell’imprenditoria femminile in campo etico e sociale; dal 2019 è diventato anche un premio, il Premio Internazionale Terre de Femmes, aperto alle donne di tutto il mondo che ogni anno si interessano di diverse tematiche ambientali.

In 20 anni, grazie all’iniziativa, si sono potuti assegnare premi a 550 donne nel mondo provenienti da 50 Paesi differenti, e nel 2021-22 la sesta edizione italiana di Terre de Femmes è stata vinta da Sofia Bonicalza, che si occupa della preservazione delle foche monache, si è aggiudicata il primo premio; a seguire Ivana Appolloni, che si occupa di lanaterapia, ed Emanuela Evangelista, che con il suo progetto mira a proteggere una parte di foresta Amazzonica.

Proprio alla vincitrice, la giovanissima Sofia Bonicalza, abbiamo voluto rivolgere qualche domanda per approfondire i temi del suo lavoro e i suoi progetti futuri dopo la vittoria del premio.

Anche se sei giovanissima stai portando avanti già da 3 anni la tua ricerca sulle foche monache. Come è nata questa passione?

La mia passione per la foca monaca nasce dall’incontro avvenuto nel 2019 durante un tirocinio in Grecia. Il suo misterioso fascino mi ha spinta a studiarla. Tornata in Italia sono entrata in contatto con il Gruppo Foca Monaca APS, di cui ora sono responsabile giovanile. Ho capito che fondamentale per la sua conservazione è un approccio di integrazione tra ricerca scientifica, educazione e coinvolgimento attivo dei cittadini. Il primo piccolo progetto che ho realizzato è stata La Settimana della Foca Monaca nel 2021, un corso di formazione per studenti e appassionati in cui lezioni teoriche e pratiche hanno portato i partecipanti ad acquisire conoscenze sulla specie, sulle tecniche di ricerca e sull’apnea.

Mi piace molto integrare lo sport, che è l’altra mia grande passione in quanto atleta semi-professionista di atletica leggera, con la scienza e l’attivismo. La Settimana della Foca Monaca è poi confluita nel progetto più grande Care4Seals, che comprende corsi di formazione (ne
organizziamo 3 quest’anno), educazione, ricerca scientifica e citizen science“.

Parliamo della specie: quanto è importante preservarla e qual è il contributo che ciascuno di noi potrebbe dare?

“La foca monaca è l’unico pinnipede residente nel Mar Mediterraneo, è considerata la foca più rara del mondo ed è unica nel suo genere. Ha quindi un valore evoluzionistico e culturale imprescindibile.
Inoltre essendo un predatore apicale la sua salvaguardia significa la salvaguardia di tutto l’ecosistema marino. Per tutte queste ragioni è importantissimo preservarla.
Ognuno di noi può fare la sua parte. Il nostro progetto si fonda proprio su questa idea, partendo dalla creazione di una rete di cittadini attivi che possono aiutare i ricercatori nel monitoraggio attraverso la Citizen Science e da corsi ed eventi di educazione e formazione per rendere sempre più persone consapevoli della presenza di questo animale e dei comportamenti da tenere per evitare il disturbo e favorire invece una convivenza pacifica“.

Spiegaci meglio la tecnica dell’ eDna che, peraltro, mi pare di aver capito possa essere utile anche per altre specie.

“L’eDNA esiste già dagli anni ’90 per lo studio di microbi nell’acqua e nel suolo. Dobbiamo il merito di averlo applicato per la prima volta sulla foca monaca del Mediterraneo nel 2020 alla professoressa Valsecchi dell’Università Bicocca di Milano. Io sono ancora una studentessa e ho accolto con entusiasmo questa applicazione, perché vedo in questo metodo una grande innovazione nel monitoraggio delle specie rare e in zone a bassa densità, come nel caso della foca monaca nel Mediterraneo Centrale. Il principio del DNA ambientale (o environmental DNA, eDNA) è molto semplice: ogni organismo lascia tracce di sé nell’ambiente, possono essere pezzetti di pelle, peli, feci etc. L’acqua di mare contiene quindi questi frammenti invisibili a occhio nudo all’interno dei quali ci sono tracce di DNA che i ricercatori vanno a cercare.

La professoressa Valsecchi ha identificato una sequenza di DNA specifica della foca monaca che permette quindi di andare a cercare con una sonda tra i milioni di DNA presenti proprio quello
giusto. È un po’ come cercare l’ago nel pagliaio con una calamita. L’eDNA è già applicato su altre specie e può essere utilizzato per vari scopi, come monitorare specie rare o elusive, ma anche identificare precocemente la diffusione di specie invasive, o studiare gli spostamenti di specie migratrici, identificare quali specie sono presenti nello stesso luogo, e persino studiare la distribuzione di specie nel passato con campioni ‘archiviati’. L’applicazione maggiore è in acqua, sia marina che dolce, ma può anche essere utilizzato nel suolo e molto recentemente ho letto di una prima applicazione nell’aria!

Cosa significa essere una giovane donna che si occupa di esemplari da salvare? Hai incontrato pregiudizi, sessismo o scetticismo nel tuo percorso?

Essere una giovane donna che si occupa di specie a rischio significa entrare in un mondo molto competitivo con poche risorse contese tra vari gruppi che spesso purtroppo invece di collaborare si fanno la guerra. Spero che questo approccio venga superato perché in un momento storico così critico non possiamo permetterci di disperdere inutilmente energie e dobbiamo invece trovare soluzioni insieme e creare ponti tra gruppi scientifici, ma anche con la società e l’economia.
Il mio percorso è appena iniziato e mi ha già permesso di incontrare persone di tutti i tipi. Tendo ad accerchiarmi di persone che mi supportano, incoraggiano e motivano, come quelle che ho incontrato alla premiazione di Terre de Femmes, mentre gli scettici, sessisti e pregiudiziosi se posso li evito prima di averci a che fare. Ne ho incontrati, ma li ho ignorati andando avanti per la mia strada. Ed è
invece grazie alle persone che mi supportano se ho realizzato già qualche bel progetto e trovo sempre la motivazione per pianificarne di nuovi. Perciò, se posso dare un consiglio, accerchiatevi sempre di persone energiche, disponibili e gentili”.

Hai vinto il primo premio di Terre de Femmes, 10 mila euro. Quali sono i tuoi progetti futuri, anche alla luce di questo prestigioso riconoscimento?

Il premio vinto mi permetterà di andare a studiare delle aree di interesse, probabilmente partendo dalla Puglia e andando a confrontare i dati con alcune zone dell’Albania e Grecia. Se poi troveremo i fondi per portare avanti le ricerche l’intento è di monitorare tutte le coste italiane e anche di altri stati in modo continuativo negli anni, coinvolgendo sempre più persone e organizzazioni e preparandoci tutti insieme alla convivenza con questi splendidi animali. Questo premio mi ha dato moltissima motivazione per continuare su questa strada. Se riuscirò farò anche la tesi di laurea all’Università di Edimburgo con i dati raccolti da Care4Seals, e una volta finiti gli studi spero che realizzare progetti di conservazione possa diventare un mestiere. Oltre alla foca monaca sono molto interessata alla conservazione dei mammiferi terrestri, alla risoluzione dei conflitti uomo-fauna, e all’integrazione delle attività umane come agricoltura e pesca con la conservazione degli
ecosistemi”.

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