Genitori anziani da accudire, che fare? Una guida per i figli adulti - INTERVISTA

Perché il caregiving ricade quasi sempre sulle donne? Quanto è grande il senso di colpa se ci si sente impreparati a prendersi cura di un genitore anziano? Ne abbiamo parlato con la dottoressa Claudia Campisi, psicologa.

La pandemia ci ha giocoforza aperto gli occhi su tante problematiche diverse, comprese quelle che riguardano le dinamiche lavorative e familiari, mettendo in luce soprattutto quanto penalizzante sia stato il ruolo delle donne in tutta la situazione emergenziale.

Impietosi sono infatti i dati che raccontano la perdita dell’occupazione, che ha investito per la gran parte proprio le donne, per una serie di motivi diversi, fra cui il fatto, inoppugnabile, che queste ultime si occupino generalmente molto più della famiglia rispetto a mariti e partner.

Ciò si traduce non solo nell’impegno di seguire i figli, destinati alla Dad dalla pandemia, ma spesso anche genitori e parenti anziani conviventi. Non a caso, il tema del caregiving è uno dei più sentiti proprio perché anche questa ennesima incombenza molto frequentemente è a carico della parte femminile della famiglia, ma visto che non parliamo certo di un’occupazione semplice, sia dal punto di vista fisico che emotivo, va detto che le conseguenze psicologiche dietro i meccanismi che mandano avanti il rapporto tra caregiver e assistito sono importanti e non sottovalutabili.

Per questo abbiamo deciso di approfondire l’argomento con la dottoressa Claudia Campisi, psicologa, autrice, assieme ad Antonella Brugnola, del libro Genitori anziani, che fare?Una guida per i figli adulti e (im)preparati, per Dario Flaccovio Editore, uscito il 3 marzo.

Genitori anziani, che fare? Una guida per i figli adulti e (im)preparati

Genitori anziani, che fare? Una guida per i figli adulti e (im)preparati

Claudia Campisi e Antonella Brugnola sviscerano il tema del caregiving, affrontando senza remore i motivi per cui abbiamo spesso paura di occuparci dei nostri genitori anziani.
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Il tema del caregiving è molto sentito, soprattutto perché ricade quasi sempre sulle donne, e la pandemia non ha fatto che acuire un senso di inadeguatezza o costringere a scelte non facili. Che impatto ha tutto questo psicologicamente sulle donne, ma anche sul genitore anziano accudito, che ovviamente si rende conto di essere “fonte” suo malgrado di tanto disagio?

“Effettivamente l’impatto è doppio e va a segnare emotivamente, in modo profondamente diverso, le due parti in gioco.
Non importa quale sia la fase della carriera in cui si trova una donna, quando irrompe l’esigenza di accudire i propri anziani, sul piano psicologico si attivano molteplici pensieri e preoccupazioni. È il tema centrale del mio libro.
Alcuni sentimenti, attivati, riguardano la persona, come la capacità di autorealizzazione, poter raggiungere e conseguire gli obiettivi prefissati, dare compimento a desideri e bisogni intimi.
Coesistono, allo stesso tempo, anche vissuti che attengono alla dimensione dell’imprevisto, di un qualcosa che non si era mai neppure immaginato. Il ruolo di caregiver mette in scena paure contrastanti: non essere all’altezza, non riuscire ad esserci per i propri cari, anziani e non, ma anche il giustificato timore di perdere un equilibrio personale creato faticosamente. Per non parlare dei sensi di colpa e delle riflessioni, inevitabili, su temi come la malattia, l’inversione di ruoli con i genitori e la morte.

A ciò si aggiungono pressioni interne, familiari e sociali, ma anche i limiti delle politiche a sostegno di noi donne.
I nostri anziani, da parte loro, sono immersi in una fase della vita di grande trasformazione in cui sono chiamati a fare i conti con un corpo che cambia così come il loro ruolo all’interno della famiglia. Spesso tutto ciò avviene all’improvviso, da un momento all’altro. Attivando sentimenti penosi, paure ma anche ricordi di un loro passato da caregiver.
Entrambe le parti, pertanto, sono assalite da sentimenti, emozioni e fragilità da governare fino al raggiungimento di un nuovo equilibrio personale.”

Perché spesso i figli non sono preparati a prendersi cura dei genitori anziani? Quali sono le dinamiche che si vengono a creare?

Si è impreparati, spesso, a causa della dimensione imprevista che caratterizza questa fase di cambiamento familiare. I genitori, anche in concomitanza con un evento traumatico (una malattia, una caduta, etc.) possono cominciare a diventare meno autosufficienti. Tutto può avvenire da un giorno all’altro, lasciando poco spazio a qualsiasi forma di elaborazione. Questo incide significativamente, soprattutto, quando gli anziani fanno parte attiva del ménage organizzativo dei figli (es. occupandosi dei nipotini). Come spiego nel libro, si è impreparati, perché non è immediato per nessuna delle due parti, mentalizzare il cambio di ruolo accudente-da accudire. Una sollecitazione molto forte che apre a riflessioni profonde che innescano altrettante paure.

L’aspetto che più di tutti fa la differenza in questo percorso è la relazione. All’interno di un rapporto che comprende una comunicazione nutriente diventa possibile affrontare, step by step e con fiducia, ogni difficoltà nel momento in cui si presenta. Al contrario in situazioni conflittuali o dove c’è poco spazio per la condivisione delle emozioni appare più complesso non solo l’impegno gestionale dell’anziano, ma l’accudimento in senso più ampio. In base alla propria storia familiare e allo stile personale si approccerà in modo specifico, con le risorse a disposizione, questo compito evolutivo.”

Dal punto di vista del genitore, psicologicamente, com’è passare da essere la persona che accudisce a colui/colei che è accudito/a? Perché forse spesso pensiamo che il peso, psicologicamente parlando, ricada sempre e solo sui figli, ma credo che esistano complessità anche per i genitori.

“Ottima osservazione. L’ansia, l’esasperazione come anche il dolore può far perdere di vista l’Altro e il suo profondo disagio. Quando ho accettato di occuparmi della redazione di Genitori anziani, che fare? avevo in mente e a cuore il benessere psicologico dei nostri cari anziani.
Non credo che dimenticarsene o il ritardo nel prenderne coscienza sia puro e semplice egoismo, al contrario, ritengo che ci troviamo di fronte a un meccanismo di difesa che scatta a protezione delle fragilità dei figli. Probabilmente quello che preoccupa e addolora di più l’anziano oggi, forse ancora più del sentirsi un peso, è il non poter aiutare con la stessa energia i figli.

Da questo senso di impotenza, inadeguatezza, insieme al corpo che cambia e con l’avvento delle prime malattie, è possibile che subentri anche la paura di rappresentarsi come un peso. Una sensazione che possiamo considerare direttamente proporzionale alla perdita delle piccole autonomie quotidiane e con il tempo dell’autosufficienza. Preoccuparsi del benessere psicologico dei propri anziani è importante tanto quanto prendersi cura del loro corpo. Sul testo ho riportato alcuni dati statistici ISTAT, sulle psicopatologie degli anziani, posso assicurare che è davvero allarmante.

Un fenomeno sottosoglia, in parte a causa dei tabù culturali e familiari rispetto alla possibilità di rivolgersi a uno psicologo; dall’altra c’è la resistenza dei genitori che non intendono mostrarsi fragili di fronte ai propri figli e nipoti. Ecco perché è fondamentale diventare degli attenti osservatori, migliorare la comunicazione e l’ascolto, e preoccuparsi del benessere dei nostri cari al 100%. Il suggerimento è quello di non isolarsi, parlarne anche all’interno di community, rivolgersi al medico di base ma al bisogno anche allo specialista più indicato.

La dottoressa Claudia Campisi

Quanto spesso capita che il caregiver entri in contrasto con gli altri membri della famiglia che si occupano meno della persona accudita?

“Il rischio di entrare in conflitto tra familiari, che in misura diversa sono chiamati a prendersi cura dei genitori anziani, è sempre molto alto. Generalmente entrano in gioco dinamiche molto differenti tra loro, che posso riassumere con alcune espressioni: ‘Occupatene tu perché: sei più vicina, non hai figli, non lavori, hai un orario flessibile, guidi, etc.’. Sotto questa superficie, in realtà, si celano le relazioni e la loro storia nel tempo: antichi conflitti, affinità, gelosie, ferite, rancori.

Quel che è certo è che di fronte alla gestione dei genitori anziani, noi figli siamo obbligati a prendere decisioni continuamente. L’approccio che spesso suggerisco è quello di immaginarsi come un gruppo di lavoro almeno per ciò che attiene i compiti da suddividere e portare a termine per l’accudimento dei nostri cari. Come all’interno di un team si fa un bilancio delle risorse dei differenti componenti: tempo, capacità e caratteristiche personali, rete di contatti.

Da qui si può cercare anche con il supporto di uno specialista di assegnare le attività più materiali e gestionali in base a questi parametri. Il conflitto è comunque dato, non esclusivamente da pezzetti irrisolti del passato, ma anche dalle sollecitazioni emotive attuali di ogni singolo. Spesso ci si occupa dei propri genitori anziani ma si è affetti da una malattia, si è presi dalle preoccupazioni che provengono dai figli, matrimoni in crisi, e così via.

Cercare di riportare il confronto sul compito potrebbe proteggere le relazioni, che ognuno dovrebbe vivere libero da coercizioni, obblighi e sensi di colpa. Non dimentichiamoci, infine, l’amore che dovrebbe guidare ogni scelta.”

Quanto è grande il senso di colpa o di inadeguatezza del caregiver nel momento in cui, ad esempio, si ritaglia degli spazi per sé?

I sensi di colpa affondano le radici nella storia personale e familiare di un individuo.
Non è un sentimento universale, c’è chi li prova e chi li sperimenta indubbiamente molto meno. I nostri modelli, stereotipi di ruolo e di genere, a riguardo, possono contribuire significativamente nella possibilità di sentire o meno questa sensazione di responsabilità.
Per noi donne, purtroppo, è un limite con cui dobbiamo fare periodicamente i conti. Molto meno, per fortuna, le nuove generazioni. Un grande risultato, mi sento di affermare con orgoglio!
Il senso di colpa può presentarsi nella forma di ‘aspettativa’ familiare, sociale. Frequentemente è al contrario un’emozione tutta nostra. Talvolta un divieto, altre un sabotaggio capaci di precludere alla persona la possibilità di assaporare spazi e opportunità che spettano. Faccio riferimento alla carriera professionale ma anche a momenti da dedicarsi per la cura di sé e del proprio benessere nel senso più ampio.

Nel caso specifico del caregiving questa dimensione del senso di colpa è spesso cavalcata dal sistema familiare anche per ragioni di opportunismo. La conflittualità è dietro l’angolo e non sempre tra parenti si dà priorità alle relazioni e al riconoscimento del bene e degli spazi di chi è impegnato nella cura degli anziani.
Si tende a designare un ‘responsabile’, ma si trascurano i suoi bisogni e i rischi di burnout.
Non a caso consiglio costantemente, non solo nel libro ma anche nelle mie consulenze, di non isolarsi e di continuare a coltivare relazioni anche d’aiuto. Siamo di fronte a una maratona, non una corsa di velocità, pertanto, vale la pena equipaggiarsi e prendersi cura di sé per garantire la tenuta nel tempo e non annullarsi completamente. Nessun genitore vorrebbe questo per i propri figli.

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