Nell’immaginario collettivo dei più romantici l’idea dell’anima gemella è un pensiero ricorrente, che identifica la persona che si ama e la cui ricerca può essere lunga e complessa.

L’espressione “anima gemella”, del resto, ha una storia e un significato che affondano le radici in tempi antichi e, benché oggi il concetto sia evoluto e spesso sia visto in maniera molto più pratica e meno edulcorata, l’idea che esista qualcuno, nel mondo, che in un certo qual modo rappresenti “l’altra metà” di noi resta affascinante e suggestiva.

Proprio dal mito della metà proposto da Platone, infatti, parte la filosofia dell’anima gemella.

Storia e origini dell’espressione “anima gemella”

In particolare, è nel Simposio di Platone che viene esplorato il concetto di metà, partendo dal mito greco degli ermafroditi. Secondo questo mito all’origine dei tempi non esisteva genere che suddividesse gli esseri umani, i quali erano dotati di quattro braccia, quattro gambe e due teste.

Con il tempo, però, questi esseri divennero insolenti nei confronti degli dèi, che per punizione decisero di separarli, esattamente a metà, con un fulmine.

Io credo che abbiamo un mezzo per far sì che la specie umana sopravviva e allo stesso tempo che rinunci alla propria arroganza: dobbiamo renderli più deboli. Adesso io taglierò ciascuno di essi in due, così ciascuna delle due parti sarà più debole. Ne avremo anche un altro vantaggio, che il loro numero sarà più grande. Essi si muoveranno dritti su due gambe, ma se si mostreranno ancora arroganti e non vorranno stare tranquilli, ebbene io li taglierò ancora in due, in modo che andranno su una gamba sola, come nel gioco degli otri.

Da queste parti separate nacquero così uomini e donne, che da allora hanno sempre cercato di trovare la propria completezza originaria, recuperando la metà perduta.

È importante sottolineare come per Platone la coppia “perfetta” potesse essere formata indistintamente da uomo e donna, due donne o due uomini; non c’era alcuna forma di omofobia nel pensiero del filosofo greco.

Da qui, dunque, la nascita del mito della ricerca dell’anima gemella, della persona che aiuti a completarci. È, come detto, un’idea estremamente romantica e in un certo qual modo “antica” dell’amore, posto che nessuno necessiti di un’altra persona per ritenersi “completo”, e che la piena realizzazione di sé si dovrebbe trovare da soli.

Resta comunque, come detto, un pensiero affascinante, che Platone all’epoca riassunse così:

… Se questo stato è il più perfetto, allora per forza nella situazione in cui ci troviamo oggi la cosa migliore è tentare di avvicinarci il più possibile alla perfezione: incontrare l’anima a noi più affine, e innamorarcene. Se dunque vogliamo elogiare con un inno il dio che ci può far felici, è ad Eros che dobbiamo elevare il nostro canto: ad Eros, che nella nostra infelicità attuale ci viene in aiuto facendoci innamorare della persona che ci è più affine; ad Eros, che per l’avvenire può aprirci alle più grandi speranze. Sarà lui che, se seguiremo gli dèi, ci riporterà alla nostra natura d’un tempo: egli promette di guarire la nostra ferita, di darci gioia e felicità.

L’anima gemella esiste?

Al netto di voler mantenere un sacrosanto pizzico di romanticismo nelle nostre vite, oggi sembra essere ampiamente superata l’idea di dover necessariamente trovare una persona per sentirsi completi/e.

Il concetto di anima gemella diventa quindi equiparabile a quello della persona che ci fa stare bene, con cui sentiamo di poter essere davvero noi stessi/e, senza maschere o finzioni, che ci fa sentire a nostro agio e con cui non abbiamo paura di esprimerci.

È facile, forse più che capire cosa sia l’anima gemella, cosa essa non sia: ad esempio, essere “anime gemelle”, come sottolinea Riza, non significa trovare una persona uguale a noi per interessi e opinioni, così come non è un’anima gemella la persona che conferma le nostre aspettative.

Spesso, piuttosto, questa è totalmente diversa da noi, al punto da spiazzarci. L’anima gemella non è neppure quella che compensa le nostre lacune, emotive o psicologiche: chi ci sta accanto deve essere un sostegno per noi, ma non un punchball né una stampella.

Non possiamo scegliere di affidarci totalmente a lei, annientando noi stessi/e e le nostre capacità decisionali, né riversare su di lei ogni genere di frustrazione o rabbia che coviamo per altri motivi.

Si può riconoscere l’anima gemella?

Chiaramente non si possono identificare veri e propri “sintomi” per riconoscere l’anima gemella, ed è piuttosto frequente, nel corso della propria vita, incontrare persone che siamo convinti possano essere le nostre anime gemelle per poi scoprire che non è affatto così.

Decidere e capire che la persona che abbiamo a fianco sia quella della nostra vita è tutt’altro che semplice, e spesso è frutto di un lavoro sinergico dove screzi e litigi non mancano; ma, in linea di massima, si può definire anima gemella la persona con cui si costruisce un rapporto fatto di sintonia, in cui ci si comprende talvolta anche senza parlare e si è coesi nell’affrontare ogni genere di sfida, anche se spesso si possono avere idee contrastanti rispetto alle scelte da prendere.

Stare insieme non significa avere una dipendenza o un attaccamento ossessivo, anzi stare con una persona “giusta” per noi significa avere l’opportunità di stimolare reciprocamente la propria libertà e riuscire a ritagliarsi degli spazi personali per coltivare interessi, hobby, passioni che non siano condivise col partner.

Infine, lo abbiamo accennato, trovare la propria anima gemella significa anche poter essere se stessi/e appieno, al 100%, senza fingere o dover nascondere nulla di sé e della propria persona. La cosa più importante di tutte, però, è ricordare che molto spesso l’anima gemella di noi stessi siamo proprio noi, che stare insieme a un’altra persona significa soprattutto intraprendere un percorso di libertà e felicità, mai di costrizione, e che non è detto che si debba per forza trovare qualcun altro con cui condividere le nostre giornate.

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