Zaha Hadid non è stata semplicemente un’architetta e designer di successo, conosciuta e ammirata in tutto il mondo: può essere infatti definita come la massima rappresentante femminile di quella che è l’architettura contemporanea.

A parlare sono i fatti, e il suo percorso ne è una palese testimonianza: prima donna insignita nel 2004 del prestigioso riconoscimento “Pritzker Prize”, l’equivalente del Premio Nobel nel settore dell’architettura, fu una vera e propria “pioniera” di quello che è ben noto come movimento Decostruttivista.

Inserita di diritto dal Time tra le 100 personalità più influenti del mondo nel 2010, il contributo alla valorizzazione della professione dell’architetto da parte di Zaha Hadid è stato ampiamente riconosciuto alla stessa, mediante l’attribuzione dello Stirling Prize, ricevuto dal Royal Institute of British Architects, il tutto senza mai tralasciare un profilo umano di tutto rispetto, che le ha consentito di essere nominata da parte dell’UNESCO, “Artista per la Pace”.

Un eccezionale percorso artistico/professionale quello di Zaha Hadid, ampiamente riconosciuto non solo dalle istituzioni accademiche e civiche ma anche da quelle professionali, lo stesso che le ha permesso nel corso degli anni di rappresentare una vera e propria archistar internazionale, in grado di distinguersi e fare la differenza mediante opere di straordinario livello, accomunate da uno stile fluido, dinamico e assolutamente caratterizzante.

Zaha Hadid nasce a Baghdad nel 1950. Figlia di un imprenditore edile e di un’artista, studia matematica all’Accademia Americana di Beirut, per poi trasferirsi a Londra nel 1972 per proseguire gli studi presso l’Architectural Association. Qui incontra due personaggi di spicco, Rem Koolhaas e Elia Zenghelis, veri e propri mentori con i quali  condividerà una tra le esperienze professionali più importanti della sua carriera presso lo studio OMA, tra i più rinomati e ambiti di Rotterdam, a cui fa seguito il proprio studio, Zaha Hadid Architects, che la porterà ad ottenere prestigiose cattedre di progettazione presso le Università di Harvard e Yale, in virtù della sua tenacia e del desiderio di ricerca costante.

I primi edifici a esibirne la firma risalgono al 1993: gli stessi permetteranno allo Zaha Hadid Architects di acquisire una notevole autorevolezza nel panorama mondiale dell’architettura e progettazione, facendo di Zaha Hadid un’autentica professionista di rilievo, consacrata tale nel 2004, grazie alla vittoria del Pritzker Prize, Nobel dell’architettura, nonché riconoscimento che spiana per lei la “strada del successo”.

Una carriera imparagonabile dunque quella di Zaha Hadid prima della prematura scomparsa a soli 65 anni nel 2016, causata da un attacco cardiaco, presso l’Ospedale di Miami dove era ricoverata complice una bronchite.

L’archistar anglo-irachena può ad oggi vantare un merito assolutamente straordinario: quello di essersi distinta, operando nel segno dell’innovazione, coniugando la matematica all’architettura, valorizzando e promuovendo il potenziale della tecnologia e del disegno digitale.

Zaha Hadid ha infatti saputo sovvertire le regole, promuovendo e diffondendo idee estreme e “fuori dagli schemi” ma frutto di una genialità fuori dal comune, tanto da suscitare sovente polemiche, e da essere “etichettata” agli esordi della propria carriera come “sperimentale e teorica all’eccesso”, motivo per cui parte delle sue opere non furono inizialmente realizzate. 

Le critiche tuttavia non hanno mai influenzato quello che è stato per lei il concetto di architettura: nella sua testa, Zaha Hadid credeva fermamente di dover continuare a sfidare le convenzioni attraverso edifici non certo “alla portata di tutti”, ma ambiziosi, arditi e assolutamente meravigliosi sotto l’aspetto progettuale e strutturale.

È esattamente dopo il riconoscimento attribuitole nel 2004 che avviene un vero e proprio cambio di direzione, dove a emergere è fortunatamente quel talento fuori dal comune, apprezzato universalmente. 

Quella che per Zaha Hadid ha rappresentato una proverbiale “frattura” degli schemi tradizionalmente imposti dall’architettura, viene finalmente compresa e valorizzata, trasformandosi nella sua cifra stilistica e consentendole ancora oggi di essere ritenuta al pari di un genio visionario che ha reso l’estremismo, la migliore concretizzazione di sé, delle proprie attitudini e intelletto. Non esiste infatti una sola delle opere da lei prodotte che, quantomeno inizialmente, non susciti domande, perplessità o dubbi, per poi ammirarne la sua personalità visionaria in quella che ne è la massima e magistrale espressione.

A introdurre quelle che sono state le opere più significative di Zaha Hadid, una frase pronunciata dal fondatore di Archigram, Peter Cook, che più di altre aiuta a inquadrare la famosa archistar con estrema incisività:

“Per tre decenni, si è avventurata dove pochi avrebbero il coraggio”.

Numerosi sono stati i critici che hanno definito i capolavori prodotti da Zaha Hadid manieristi o edonisti, tuttavia solo una cosa ad oggi rappresenta un’assoluta certezza: il suo stile era assolutamente distintivo, caratterizzante e inconfondibile. Tra le opere più importanti che hanno saputo rompere gli schemi, spicca la Vitra Fire Station (Weil am Rhein), compiuta agli esordi della sua carriera e realizzata in cemento grezzo a vista e vetro, costituita da un insieme armonico di superfici inclinate e oblique. Prima opera italiana fu invece il Museo MAXXI di Roma, emblematica espressione del suo stile fluido e sinuoso.

Porta la firma di Zaha Hadid anche il Centro Culturale Heydar Aliyev di Baku, in Azerbaijan, progetto particolarmente ambizioso nato con l’obiettivo di valorizzare la città, promuovendone la vita intellettuale nel centro. Doveroso è poi menzionare il London Aquatics Centre dove si svolsero le Olimpiadi e Paralimpiadi di Londra del 2012, e ancora il Museo della Scienza Phaeno a Wolfsburg, la sede dell’Opera di Guangzhou in Cina, così come la Stazione Marittima di Salerno e quella di Afragola in provincia di Napoli.

Una menzione particolare nel settore del design è sicuramente da attribuire al Moon System, progettato per B&B Italia: un particolare divano-scultura dove prevalgono le forme curvilinee caratterizzato dal tipico dinamismo che traspare da ogni opera che porta la firma di Zaha, la cui versatilità è annoverata dalla collezione di calzature da lei ideata per Lacoste. 

Altrettanto significative sono le ultime opere di Zaha Hadid: dal Messner Mountain Museum di Plan de Corones, ricavato e sospeso nella roccia, al Jockey Club Innovation Tower, torre di 15 piani dalle tipiche forme fluide, realizzata per il Politecnico di Hong Kong. Facendo nuovamente ritorno in Italia, tra le ultime opere che l’immensa progettista ha lasciato in eredità, è doveroso ricordare il complesso residenziale City Life a Milano, un autentico “gioiello” di architettura che ha contribuito a determinare una nuova identità per la città in quest’ultimo decennio, al pari di Piazza Gae Aulenti.

Espressione indiscutibile della personale visione di Zaha Hadid dell’architettura, applicata a un contesto prettamente abitativo, City Life, concepito per conferire il massimo comfort a chi sceglie di dimorarvi, si compone di 7 edifici curvilinei e di altezze differenti, che generano un morbido movimento dato dalle linee sinuose, accompagnate da raffinate terrazze verdi. La particolare struttura consente alla luce penetrare all’interno dei lussuosi appartamenti, nei quali, gli stessi arredi ne esibiscono la firma. Protagoniste indiscusse del complesso residenziale, restano però le 3 torri destinate agli uffici, le stesse che sovrastano l’adiacente “Piazza delle Torri”: una di queste porta gloriosamente il suo nome, testimoniandone ancora una volta l’inestimabile valore artistico.

Il complesso City Life, dove peraltro attualmente vivono Fedez e Chiara Ferragni, ha dunque rappresentato l’apice di una carriera brillante, apparendo maestoso e imponente esattamente come il segno che la stessa Zaha Hadid ha saputo lasciare nella storia dell’architettura, segnandone indelebilmente anche il presente e il futuro.

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