Caparbia e appassionata come molte delle sue contemporanee, a dispetto di convenzioni sociali e del ruolo che la società aveva scelto per le donne, Mary Kingsley è stata la donna che ha fatto scoprire al mondo il continente africano e le sue bellezze.

Nipote dei romanzieri Charles Kingsley ed Henry Kingsley, si può dire che nacque in una famiglia anticonformista per natura, dato che i suoi genitori, George Henry Kingsley, medico e viaggiatore, e Mary Bailey, si sposarono appena quattro giorni prima della sua nascita (ma questo si verrà a sapere solo dopo la sua morte).

Timida e introversa, molto presto Mary finì per appassionarsi agli studi antropologici del padre, imparando il tedesco e leggendo moltissimi libri di storia naturale, scienze e letteratura di viaggio nella biblioteca paterna; dopo il trasferimento di famiglia a Bexleyheath, nel Kent, e nella primavera del 1886 a Cambridge, Mary allacciò diverse amicizie nella comunità accademica, ampliando i suoi orizzonti. Il suo primo viaggio è datato 1888, invitata da un’amica di famiglia a Parigi. Ma la sua vera passione è stata senza dubbio l’Africa.

I viaggi in Africa

La morte ravvicinata dei genitori, a distanza di sole cinque settimane l’uno dall’altra, frenò l’interesse di Mary ma al contempo in un certo qual modo la “liberò”, visto che per diverso tempo dovette occuparsi della madre malata, prima della sua dipartita.

Con la sua rendita da 500 sterline Mary intraprese un breve viaggio alle Canarie, e quando tornò concentrò il suo interesse sul continente africano, che l’aveva affascinata nelle sue letture. La sua prima esperienza, in solitaria, fu nel 1893: il 17 agosto arrivò a Freetown, in Sierra Leone, diretta verso Luanda, facendo ritorno a Liverpool nel dicembre dello stesso anno. Il materiale raccolto in quei mesi le sarebbe poi servito per scrivere l’introduzione del libro di Richard E. Dennett, conosciuto proprio in quell’occasione, Notes on the Folk Lore of the Fjort-French Congo (1898).

Ma quanto raccolto da Mary suscitò anche l’interesse della comunità scientifica, intenzionata a condurre ricerche più approfondite; Kingsley entrò in contatto con il curatore del dipartimento di zoologia del British Museum, Albert Günther, per avere materiali e conoscenze per raccogliere campioni, e contemporaneamente ottenne l’incarico da parte dell’editore George Macmillan di scrivere un libro sull’Africa occidentale.

Partì di nuovo il 23 dicembre del 1894, diretta a Calabar, nell’odierna Nigeria, dove rimase per circa quattro mesi assistendo la popolazione europea colpita da un’epidemia di vaiolo. Durante un viaggio nell’entroterra alla ricerca delle tribù cannibali incontrò anche la missionaria scozzese Mary Slessor, con cui strinse amicizia.

A maggio Mary si diresse verso il Gabon, risalendo con una nave a vapore il fiume Ogooué fino a Lamberéné, poi  Talagouga e infine le cascate di Ndjolé. Raggiunse poi il fiume Remboué, che discese fino a Libreville. Fu la prima europea a esplorare parte dell’area dei Fang, un popolo africano presente in Gabon, Camerun e Guinea Equatoriale, e infine salì sul Monte Camerun, seguendo una via mai percorsa prima di allora da altri europei.

Mary fece ritorno in patria con ampi campioni di insetti, molluschi, piante, diciotto specie di rettili e sessantaquattro specie di pesci, tre delle quali completamente ignote. Albert Günther diede a queste un nome dedicato proprio a lei, Brycinus kingsleyae, Brienomyrus kingsleyae e Ctenopoma kingsleyae. Ma con sé portò anche tutti i suoi appunti, che le servirono come base per i suoi scritti.

Un successo senza precedenti

L’Inghilterra accolse con molta curiosità il ritorno in patria di Mary Kingsley, che per i successivi tre anni tenne diverse conferenze e pubblicò svariati articoli, il tutto lavorando anche al suo primi libro, Travels in West Africa, Congo Français, Corisco and Cameroons.

Nei suoi discorsi pubblici Mary propugnò una riforma del sistema economico imperialistico per l’Africa e criticò aspramente i missionari della Chiesa Anglicana per il loro comportamento verso le popolazioni indigene, che cercavano di convertire. Difese anche i costumi locali, compresa la poligamia, sostenendo che imporre a questi popoli una “disordinata monogamia” avrebbe finito con il disgregarli. Fu anche fra le prime a sostenere che un nero non fosse un bianco sottosviluppato, e si inimicò le associazioni proibizioniste del tempo per la difesa del commercio di alcolici nel continente africano.

Il suo primo libro fu un successo, e presto Mary iniziò a scrivere il secondo, West African Studies, che venne pubblicato da Macmillan, nel 1899. Tornò a far sentire la sua voce di critica rispetto all’amministrazione delle colonie africane il 18 marzo 1898, in occasione del sanguinoso soffocamento della rivolta del Sierra Leone, scrivendo una lettera al periodico The Spectator in cui avversò in particolare l’introduzione della hut-tax – una sorta di “tassa sulle capanne” -, che aveva scatenato la rivolta, incompatibile, secondo lei, con gli usi e i sistemi giuridici locali.

Le idee di Mary sul colonialismo

Nel pensiero di Mary Kingsley l’amministrazione coloniale non doveva essere affidata a funzionari coloniali avulsi dall’ambiente, ma a persone che conoscessero profondamente usi e tradizioni, un ruolo che lei riconosceva in prima istanza ad antropologi ed etnologi, i quali dovevano essere coinvolti nell’amministrazione, ma anche ai commercianti, che avevano interessi diretti nelle colonie e pertanto avrebbero dovuto essere coinvolti in prima persona nelle decisioni amministrative.

Le infinite querelle circa l’amministrazione delle colonie non le permisero di realizzare un altro viaggio in Africa, anche perché nel tempo la sua salute iniziò a deteriorarsi lentamente. Fu solo con lo scoppio della guerra Anglo-Boera che tornò nel continente, partendo l’11 marzo del 1900: al suo arrivo a Città del Capo si offrì volontaria per l’assistenza ai feriti, e venne inviata al Simon’s Town Palace Hospital per assistere i prigionieri di guerra boeri. Ma dopo soli due mesi la febbre tifoide che aveva colpito tanti suoi pazienti contagiò anche lei, portandola alla morte il 3 giugno 1900. Come da sue ultime volontà, fu sepolta in mare.

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