Revenge tourism, il "turismo delle vendetta" che però non è una minaccia

Sembra una cosa brutta, ma il revenge tourism non ha nulla di negativo. Se avete detto almeno una volta «dopo il lockdown mi faccio il viaggio della vita» sapete già cosa è e cosa comporta il nuovo modo di viaggiare post-pandemia.

Abbracciarsi, stare insieme, cenare in compagnia, il cinema, i concerti… le cose che ci sono mancate a causa della pandemia sono tante. Eppure c’è una mancanza che, più delle altre, sembra aver colpito quasi tutti. Sì, avete indovinato, stiamo parlando dei viaggi.

Lo ammette la maggioranza degli americani, ma anche un italiano su cinque: viaggiare è la cosa che ci manca di più. Forse per questo si parla sempre più spesso di revenge tourism, che si appresta a diventare la nuova tendenza post-lockdown.

Cos’è il revenge tourism?

A dispetto del nome, non c’è niente di negativo nel “turismo della vendetta”. Il termine “revenge tourism” – anche detto Revenge Travelling – che secondo Lonely Planet è entrato di diritto nel “Dizionario essenziale dei viaggiatori ai tempi del Covid”, infatti,

va ad identificare un flusso di consumi (non solo legati al viaggio) che cresce dopo un periodo di austerità come quello del lockdown. Questo si tradurrà, dove possibile, in un boom per le strutture all inclusive ed esperienze di viaggio extra lusso spesso abbinate al turismo di prossimità.

Dopo un lungo periodo di restrizioni, quindi, siamo pronti a prenderci la nostra rivalsa, recuperando quello che ci è mancato di più, muoverci in libertà. Non solo la maggior parte delle persone è pronta a viaggiare di nuovo – il 54% degli intervistati da Airbnb ha già prenotato, sta programmando di viaggiare o pensa di farlo nel 2021 – ma addirittura un viaggiatore su tre ha dichiarato che, non appena sarà possibile, farà il «viaggio della vita», quello a lungo sognato e mai organizzato.

Revenge tourism e Covid-19

La pandemia ha confermato quello che in fondo sapevamo già; più si sta lontani dalle cose, più si apprezzano. I viaggi non fanno eccezione: secondo un sondaggio commissionato dalla catena alberghiera Hilton, infatti, non solo un intervistato su sette ha dichiarato che, appena potrà tornare a viaggiare, lo apprezzerà come non ha fatto prima, ma il periodo di astinenza forzata ha cambiato anche il nostro modo di vivere la vacanza.

A farne le spese sono social network e smartphone, che vengono accantonati per potersi davvero godere il momento, una tendenza che viene confermata non solo dagli intervistati da Hilton (oltre 1 su 3) ma anche dal sondaggio di Airbnb, secondo cui addirittura la metà degli americani preferirebbe lasciare i propri telefonini a casa anziché portarseli dietro (52%).

Solo una persona su cinque desidera ancora visitare luoghi tradizionalmente popolari per creare contenuti per i social media: questo, però, non è solo legato a un desiderio di digital detox, ma anche alle nuove priorità che sembrano animare i viaggiatori, primi tra tutti la ricerca di tranquillità e sicurezza.

Parlando delle “sensazioni” ricercate in viaggio, infatti, le più citate sono serenità (44%), comodità (34%) e sicurezza (33%).

Revenge tourism: le mete preferite

Se è vero che siamo tutti pronti a partire, quali sono le destinazioni più gettonate per il revenge tourism? Non immaginatevi solo spiagge paradisiache e atolli in mezzo al mare: se, infatti, la tranquillità e la sicurezza sono al primo posto nelle preoccupazioni di chi vuole riprendere a viaggiare, questo condiziona inevitabilmente anche la meta.

A beneficiare della vendetta dei viaggiatori è infatti il turismo di prossimità: addirittura, secondo Airbnb ben

il 56% degli intervistati preferisce una destinazione nazionale o locale, rispetto al 21% che vuole visitare una meta internazionale e più lontana. Uno su cinque vorrebbe che la destinazione fosse facilmente raggiungibile in auto da casa.

Il boom di prenotazioni di case, ville e attività, anche non lontane da casa, mostra come il sogno di realizzare un “grande” viaggio e vendicarsi del Covid che ci ha intrappolati in casa per tanto, troppo tempo, sia legato all’esperienza – di lusso – più che alla destinazione, e alla possibilità di condividere questi momenti con famiglia e amici.

Riscoprire le ricchezze del territorio vicino, magari attraverso un turismo sostenibile e lento, lontano dalla calca delle destinazioni di massa: ecco il nuovo modo di viaggiare post-pandemia. Non è un caso se tra le parole chiave segnalate da Lonely Planet ci sono cicloturismo e glamping – il campeggio di lusso – due delle tendenze che, in crescita prima della crisi, sembrano destinate ad affermarsi definitivamente nel prossimo futuro.

Pro e contro del revenge tourism

Certamente, per i viaggiatori la voglia di rivalsa e di vendetta può essere una spinta a viaggiare di più, e meglio, riscoprendo mete spesso dimenticate in favore di destinazioni più gettonate.

Per il settore del turismo, che ha subito il colpo della crisi in maniera drammatica e profonda, il revenge tourism può essere non solo un’iniezione di fiducia e un boost per ripartire, ma anche un modo per ripensare l’offerta, cercando di rispondere ai desideri di un pubblico sempre più esigente e alla ricerca di un tipo di viaggio diverso da quello di massa, più curato, lento e attento all’ambiente.

Dietro all’impellente bisogno di viaggiare e alla voglia di recuperare il tempo perduto, però, può esserci anche un lato oscuro e il revenge tourism potrebbe trasformarsi in un grave problema ambientale. Già nel giugno 2020 Euronewsgreen lanciato l’allarme in un post dal titolo inquietante: «Il revenge travel è un disastro ambientale in attesa di accadere?»:

A livello globale, i viaggi aerei sono diminuiti di circa il 40% all’inizio della pandemia, impedendo l’emissione di 344 tonnellate di carbonio. Ma gli esperti temono che un aumento della spesa per la ripresa del turismo possa portare a “viaggi di vendetta” poiché le persone cercano di recuperare il tempo perso.

Quando il numero di persone che viaggiavano dopo la recessione economica del 2008 è diminuito, anche le emissioni di carbonio dei viaggi aerei sono diminuite di circa il 5-7%. Una volta che i consumatori hanno avuto i soldi per viaggiare di nuovo, questo calo è stato sostanzialmente annullato da un aumento del 6% nel 2010.
Cosa possiamo imparare? Un rimbalzo simile potrebbe verificarsi una volta che l’epidemia di coronavirus sarà sotto controllo.

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