Nel 2020 abbiamo vissuto una situazione senza precedenti per le ultime generazioni (e la cosa sta andando avanti, per ora, anche in questo inizio di 2021), ovvero una pandemia mondiale che ci ha costretti a stare a casa, evitando del tutto o limitando al minimo le relazioni sociali.

Un bel problema per chi amava la movida e la vita in compagnia, una problema meno rilevante per quanti invece già non vedevano abitualmente l’ora di potersi rintanare a casa propria. Per questi ultimi c’è una parola, inglese ma accettata anche dai vocabolari italiani, che descrive la loro filosofia: è il cocooning.

Cosa significa cocooning?

Niente a che vedere con il film di Ron Howard del 1985, Cocoon, in cui un gruppo di anziani riacquista le forze della giovinezza grazie a dei piccoli bozzoli alieni depositati in una piscina, se non per l’etimologia, dato che cocoon significa appunto “bozzolo”. Il termine è comparso per la prima volta già trent’anni fa, nel libro The Popcorn Report, di Faith Popcorn, detta la Nostradamus del marketing, che lo ha definito come una “ritirata vegetativa dettata dalla paura” e come

l’impulso a stare dentro quando andare fuori si fa troppo difficile e pericoloso. A costruire un guscio di sicurezza intorno a sé per non essere in balia di un mondo malvagio e imprevedibile. Cocooning implica isolarsi e schivare i contatti, cercare pace e protezione, intimità e controllo, una sorta di iper-nidificazione.

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Come detto, anche in Italia si usa la parola cocooning, ma non è il solito anglismo; è infatti un termine accettato dai dizionari italiani, e questa è ad esempio la definizione che ne dà Treccani:

Tendenza a passare tutto il tempo libero nella propria abitazione, allestita come un ambiente quanto più possibile confortevole e accogliente.

Parliamo quindi di un’attitudine a dedicare il proprio tempo libero alla vita domestica, tralasciando quella sociale. Anche se, secondo la definizione di Popcorn, non è sempre così.

Come creare un ambiente confortevole

Popcorn individua infatti tre tipi diversi di “bozzolo”:

  • il bozzolo corazzato, che includeva l’acquisto di armi, di sistemi di sicurezza o di sorveglianza computerizzati collegati a guardie private e aiuti d’emergenza, dispositivi anti-ficcanaso, deposito di provviste a domicilio e consegna a domicilio di cibo e altre forniture per “rifornire il bozzolo” e non farsi trovare impreparati in caso di emergenza.
  • il bozzolo errante, caratterizzato dal controllo del proprio ambiente anche quando si è fuori casa, che si esprime ad esempio nel rendere le automobili più piacevoli e vivibili possibile.
  • il bozzolo socializzato, caratterizzato dal circondarsi di amici “congeniali” nel proprio “bozzolo domestico” e da inviti selettivi a pochi intimi.

Se invece prendiamo il concetto “classico” di cocooning, ovvero quello di creare un ambiente confortevole nella propria casa, allora per realizzarlo dobbiamo prendere in esame alcuni elementi chiave; prima di tutto, ad esempio, i colori che scegliamo per le pareti e i mobili della nostra abitazione: le tonalità fredde, infatti, vengono generalmente associate a sensazioni di quiete e benessere, o in cui è importante mantenere l’equilibrio psico-fisico.

Anche scegliere luci soffuse, aggiungere tappeti, cuscini e coperte morbide, e decorare con profumi e candele ai nostri aromi preferiti contribuisce a creare un ambiente nel quale è molto piacevole rintanarsi.

Gli effetti positivi del cocooning

Generalmente si potrebbe dire che il cocooning permette di rientrare in connessione con se stessi, ma la verità è che i più grandi effetti positivi del rintanarsi nel proprio bozzolo si sono visti proprio in concomitanza con la pandemia mondiale di Covid-19, e soprattutto per i soggetti più esposti o a rischio per il virus.

Le persone anziane, ad esempio, sono molto più protette perché poco esposte ai pericoli provenienti dall’esterno. Ovviamente, restare a casa diminuisce al minimo le probabilità di essere contagiati.

Rischi e conseguenze del cocooning: quando restare a casa non è una scelta

Inutile però negare che un conto è stare a casa per scelta, un altro è essere obbligati a restare chiusi nel proprio bozzolo; quella che sarà reduce dalla pandemia globale è una generazione (o più generazioni) irrimediabilmente segnata dall’isolamento forzato, che molto probabilmente avrà paura di riappropriarsi del contatto umano con il prossimo.

Forse ricominceremo a non salutare i vicini di casa (del resto, pare che lo facciano tipicamente i serial killer) e anzi eviteremo di prendere l’ascensore con loro – si legge in un articolo de Linkiesta risalente al periodo del primo lockdown – Staremo alla larga dai mendicanti, specialmente se di carnagione scura. E Dio sa se e quando rimetteremo piede in un ristorante cinese. Dopo due mesi di arresti domiciliari, ci avventureremo guardinghi e impauriti in un mondo disseminato di insidie, attenti a ogni bip del nostro smartphone. Per poi tornare a imbozzolarci più in fretta possibile. Senza pensare che il prossimo focolaio potrebbe nascondersi proprio lì, dentro al bozzolo che ci sembra così sicuro.

Il cocooning finirà con il coinvolgere moltissimi aspetti della nostra vita, compresi quelli più faceti, come le vacanze: già nel 2020 abbiamo assistito a staycation, vacanze a “chilometro zero”, nelle seconde case o in posti poco affollati, proprio per la paura estrema di potersi contagiare.

Insomma, dal punto di vista sociale il cocooning, soprattutto quello post-quarantena, non potrà che avere conseguenze davvero preoccupanti, soprattutto per i più giovani che, costretti alla DAD, a rinunciare alle normali occasioni di incontro con i coetanei e gli amici – la palestra, l’oratorio, la piazza di paese – potrebbero correre il rischio di isolarsi sempre più, magari trovando riparo solo nei social o nel mondo di Internet.

Insomma, la situazione è ovviamente seria, e occorrono responsabilità e senso civico da parte di tutti noi per uscirne quanto prima; ma certo recuperare una parvenza di normalità e uscire dal bozzolo, dopo, sarà tutt’altro che semplice.

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