“È proprio brava! Sa fare tutto”.  Ma quel “tutto” è solo un dannato mobile Ikea da 5 pezzi.

Si potrebbe condensare così la breve storia che mi ha raccontato C., impegnata insieme al ragazzo a sistemare casa, con bagni da riparare, pareti da dipingere e mobili da montare. Una fase della vita per nulla rilassante, che rischia di farsi ancora più snervante per colpa degli stereotipi sessisti che, spesso sotto forma di battute goliardiche e offese travestite da complimenti, ribadiscono chiara una cosa: i lavori di casa non sono roba da donne.

Un retaggio sessista che rimbalza spesso anche contro il mittente, perché se una donna non è abbastanza degna per avere un cacciavite in mano, di conseguenza un uomo che delega tale compito a una gentil donzella perde lo status di aggiustatutto, che il suo pene gli conferisce sin dalla nascita.

C’è chi ci accuserà di scarsa ironia, “non si può più nemmeno scherzare”, e chi prenderà in esame le statistiche, volendo dimostrare che, in media, è l’uomo a occuparsi di viti, martelli, pinze e trapani, mentre alla donna son delegati scopa, fornelli, stracci e ferro da stiro. Tutto vero, per carità, noi l’ironia per queste battute stantie l’abbiamo esaurita da un bel po’ e le statistiche sono verità che non si possono negare. Tuttavia, viene da chiedersi se siamo noi quelli strani o se lo sono quelli che continuano a dare giudizi di valore in base ai “kit di utensili” forniti con i genitali, fino ad arrivare a incensare una donna, dipingendola come un’eroina, solo perché ha un cacciavite in mano. Un po’ come quando si applaude a un cavallo che sa contare o  una scimmia che balla a ritmo di musica.

Ora mi taccio, lasciando che siano le parole stesse di C. a raccontarvi la sua storia:

Siete donne e sapete usare un cacciavite?
Beh, benvenute nel mondo dei “lavori da uomini”, benvenute nell’ideologia patriarcale di essere credute “creature speciali in grado di fare”.
Oh sì, perché una donna che sa montare un mobile Ikea (nel 2021) sta compiendo un’opera trascendentale altamente al di fuori delle sue possibilità. Un’opera di ingegno e manualità degna di Leonardo Da Vinci, altrimenti non sarebbe spiegabile lo stupore (e i commenti) che può generare.

Non mi sono resa conto di quanto sessismo esista ancora in questi ambienti finché tre settimane fa non ho comprato casa e per forza di cose, mi sono dovuta tuffare nel mondo del fai da te e in tutti i suoi retaggi ancorati a un maschilismo davvero fuori dal tempo. 

Devo fare la doverosa premessa che sono cresciuta in un ambiente che non mi ha mai limitato “perché sono donna”. Anzi, già da piccolissima, quando mi sono innamorata dei “lavoretti” di casa, ho avuto la fortuna di crescere in un clima di costante incoraggiamento atto a farmi imparare come fare praticamente ogni cosa, dai cavi di corrente all’idraulica, dalla muratura al montaggio. E sì, ovviamente c’è sempre stato un velo di stupore da parte di tutti, ma motivato solo dal mio essere piccola, non dal mio essere “femmina”.
In ogni caso, si può certamente dire che non sono abituata a essere trattata come una creatura mitologica perché “so fare qualcosa”. Tutt’altro.

Ed eccoci 20 anni dopo, a fare i conti col sessismo di un mondo così lontano dal mio, che non mi ha mai fatto credere che ci siano lavori che non posso fare “perché sono donna”. 

Come dicevo, sono passate tre settimane da quando ho iniziato a organizzare la nuova casa. In questo breve frangente di tempo, ho avuto il piacere di affrontare una serie di artigiani, ma anche amiche, amici e colleghi di lavoro.
Mi sono resa conto di come “l’asticella” sia veramente molto bassa quando si parla di “lavori da uomini” fatti da donne e con mio immenso stupore, anche di quanto sia un pensiero piuttosto condiviso tra (alcune) donne. 

Cerco di raccontare i fatti: prima di tutto contatto l’idraulico, avevo qualche tubo da sistemare e i sanitari da sostituire. È un ragazzo della mia età, parliamo io e lui mentre il mio compagno fa altro, per cui inizialmente oltre al “Ciao” non si rivolgono neanche una parola. Finché non compaiono le temibilissime “viti e fischer”, a quel punto la conversazione non è più da donna e l’idraulico si rivolge esclusivamente al mio compagno. E continua così per il resto della giornata, parlando con me di “dove li posiziono” e con lui di “come farò a farlo”. Parla con me per l’estetica, con lui per il lavoro. La cosa mi innervosisce da subito, cerco invano di intervenire nella conversazione manifestando una certa comprensione, ma no, qualcuno ha deciso che non è cosa per me, sono una donna dopotutto. Cosa ne so di cosa è una vite?

Un paio d’ore dopo, mentre montavo un banalissimo mobile Ikea per il bagno, suona il campanello: è il pittore (amico di mia madre) che fa un sopralluogo per potermi preparare un preventivo. Cordialissimo entra, fa un giro, noi spieghiamo le nostre necessità e troviamo un accordo. Sta per uscire quando si rivolge al mio compagno dicendo:
“Buona fortuna con quel mobile, Ikea fa impazzire a distinguere viti corte e viti lunghe!”
“Veramente lo sta facendo lei”
“Ah che brava!” e se ne va. 

Alla fine dei lavori, il pittore contatta mia madre raccontandole: “L’ho vista con quei capelli… e invece è proprio brava! Sa fare tutto”.
Sono indecisa se mi offende di più il sottinteso “con quel colore di capelli non sei una brava persona” (ho i capelli blu) o il “sa fare tutto” quando “tutto” è solo un dannato mobile Ikea da 5 pezzi.

Sistemata finalmente casa, festeggio con il mio compagno la fine di questa orda di parole irritanti. La sera invito le mie amiche a vedere i progressi e beviamo qualcosa insieme. Racconto ciò che abbiamo fatto e che dobbiamo ancora fare. Mostro loro uno specchio gigantesco di 40kg preso in un momento di follia.
Mai l’avessi fatto.
Un susseguirsi di “Ora come lo mettete in piedi?”, “Chi lo tira su?”, “Si, ma non puoi farlo tu con lui, devi chiamare qualcuno, è un lavoro da uomini!”, “Senza toglierti nulla sai, ma sono 40 chili!”.
Si, 40 chili. 40 chili in due persona adulte in buona salute. Non dico sarà facilissimo, ma di certo non mi serve un uomo per fare questo lavoro da uomini

In quella stessa settimana sono arrivati altri mobili da montare. Per questioni di orari, mentre il mio compagno lavorava da remoto, io montavo cose di fianco a lui. Tra viti che cadono e smartellate un po’ troppo violente, non è difficile credere che durante le sue chiamate di lavoro qualcuno chiedesse cosa stesse succedendo dall’altra parte.
Con estrema tranquillità lui spiegava che stavo montando qualche mobile per la casa nuova. Una collega ha chiesto: È veramente una donna?” riferendosi a me.
Lui è intervenuto in mia difesa e lei ha scherzosamente chiesto a cosa servisse lui se io ero così autonoma. 

Wow, abbiamo anche un doppio strike.
Io non posso essere donna se so montare un mobile Ikea.
Lui è un uomo inutile se non può aiutarmi.

Sono solo tre settimane e penso che potrei continuare a fare esempi di questo tipo per ore. Penso che siamo nel 2021 e mi sento nel 1921. Penso che non sono considerata una persona che sa fare o non fare qualcosa, ma una donna normale se non so fare, e una donna eccezionale se so fare.
Ogni tanto mi illudo che all’alba del 2021 la potremmo piantare con le cose da uomini e le cose da donne. E invece no. Siamo ancorati saldamente a limitazioni che finiscono per convincere le donne stesse che non possano fare cose. Sarebbe ora di dire basta, no?  

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