Guardare la televisione o una serie trasmessa in streaming è da anni uno dei passatempi sicuri di ogni persona nel mondo. Ma cosa succede se questo momento di relax e tranquillità si trasforma nell’ennesima occasione per spargere “odio”?

Se state pensando cosa c’entrino gli haters con un innocuo programma televisivo, probabilmente è perché non avete mai sentito parlare dell’hate-watching.

Cosa significa hate-watching?

Hate-watching è un termine difficilmente traducibile in italiano, ma la cosa che gli si avvicina di più è sicuramente “guardare per odio”; perché in effetti proprio di questo stiamo parlando. Chi fa hate-watching guarda un programma, uno spettacolo o un film partendo con un forte pregiudizio, ovvero sospettando che quel particolare prodotto non gli piacerà, solo per poter parlare delle cose che ha odiato del programma sui social, o a voce.

Per fare un esempio pratico, significa guardare un programma dichiaratamente trash, essendo detrattori del genere, solo per trovare conferme delle proprie perplessità e poterne in seguito discutere su Twitter, Instagram, ma anche con i conoscenti, con frasi come “Com’è possibile che alla gente piacciano programmi del genere?” o “Fa proprio schifo come pensavo”.

L’hate-watching, come sostiene il critico televisovo Ryan McGee, è perfomativo esattamente come il prodotto verso cui è riversato l’odio, e in un certo qual modo ne è una parte complementare, pensata per “essere consumata in combinata con lo spettacolo come esclamazione, battuta finale o lamento per quello che è successo sullo schermo”.

I diversi tipi di hate-watching

Detta così, sembrerebbe una cosa piuttosto stupida: come si può davvero desiderare di guardare uno show solo per il gusto di criticarlo dopo? Non sarebbe meglio impiegare il proprio tempo in altre attività, o perlomeno guardando cose che invece ci piacciono?

In realtà, chi fa hate-watching è generalmente spinto da due motivi distinti: il primo, decisamente malizioso, è quello per cui si guarda un programma sperando che confermi le nostre posizioni iniziali, ovvero ci faccia davvero schifo.

Ma c’è una seconda prospettiva dell’hate-watching, in cui ci si sintonizza sul programma verso cui si nutrono dubbi nella speranza, nascosta, che in realtà guardandolo possa portarci a cambiare idea. In questa seconda osservazione, nel caso ad esempio di una serie tv, o di un reality, il giudizio viene rilasciato solo alla fine dell’intera stagione, e non è tranchant come, invece, accade nel primo caso.

Hate-watching e critica

hate-watching

In realtà non si può equiparare l’hate-watching a una critica, che parte senza alcun tipo di pregiudizio e, solo dopo aver guardato un programma in modo del tutto imparziale, può essere realizzata.

Fare hate-watching, invece, sembra più avere a che fare con il desiderio di trovare conferme del proprio disprezzo verso il programma, solo per poterne parlare in seguito sui social, dando il via ad hashtag virali che trovino conferme in altri. Non parliamo, in fondo, di un fenomeno passeggero, dato che nel passato sono esistiti veri e propri gruppi di ascolto dedicati alla “distruzione” di brutti programmi televisivi; solo che oggi, molto più facilmente, il luogo in cui queste discussioni avvengono si è spostato in Rete, in particolare sui social, dove c’è la possibilità di intervenire in tempo reale commentando lo show.

Ci sono poi addirittura format televisivi totalmente costruiti intorno all’accoppiata prodotto scadente / commenti sagaci, come il Mystery Science Theater 3000, del 1988, andato in onda per circa dieci anni, in cui il protagonista, Joel, inserviente della Gizmonic Institute, imprigionato in un satellite insieme ai suoi amici robotici Tom Servo e Crow T. Robot da uno scienziato pazzo, è costretto a guardare B movies e, per non impazzire, lui e i suoi compagni decidono di fare dei commenti durante la visione dei film, prendendoli letteralmente in giro e sottolineandone i difetti.

Ma perché le persone hanno bisogno di fare hate-watching? Forse, solo per appagare le proprie lacune emotive o personali, la carenza di autostima, “cullandosi” nel brutto riconosciuto come tale: guardare un programma brutto, mal realizzato, o mal recitato, ti fa sentire più intelligente, oppure ti consente di deridere gli stili di vita altrui, così mal rappresentati.

Alcuni esempi famosi di hate-watching

La critica Emily Nussbaum ha usato il termine hate-watching per definire il rapporto che aveva “instaurato” con il dramma musicale Smash, spiegando come fosse passata dal sincero affetto al detestare lo showenel giro di un paio di puntate, fino ad affermare.

Io non sono andata oltre l’episodio pilota, e le canzoni facevano schifo, tutte.

Da quel momento sono nate vere e proprie liste dei 10 programmi più hate-watched, in cui è finita, almeno per una precisa parte di pubblico, anche la neonata serie Emily in Paris, prodotta dallo stesso autore di Sex & the city (Darren Star, ma anche la costumista Patricia Field è quella della serie cult), e che in realtà un  po’ sembra voler ricalcare, in una versione 2.0 e parigina, le vicissitudini di Carrie Bradshaw e socie, soprattutto per quanto riguarda l’aspetto modaiolo e glamour.

Chi sta portando avanti una vera e propria azione di hate-watching nei confronti della serie è proprio il pubblico francese, che non apprezza particolarmente gli stereotipi e i cliché sulla società parigina, ma anche quello per cui la giovane e sperduta americana che non conosce una parola di francese viene catapultata nella realtà parigina e ne diventa in pochissimo tempo un’influencer di punta. Davvero troppo irreale per poter piacere al popolo francese.

Abbiamo poi già citato il Mystery Science Theater 3000, che può essere considerato, a pieno titolo, un hate-watching nell’hate-watching.

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