Quante volte si dice di una donna che è una "gold digger"?

Donne che sfoggiano oggetti e acccessori di lusso, guidano macchine costose e conducono una vita agiata. Perché siamo quasi sempre poco propensi a pensare che la loro ricchezza sia frutto del loro lavoro, e più facilmente crediamo che siano solo delle "gold digger"?

Le donne, lo sappiamo bene, sono protagoniste di decine di stereotipi, frutto della visione maschilista che a lungo ha dominato (e domina tuttora ampiamente) la cultura e, di conseguenza, anche un certo pensiero relativo alle dinamiche tra i sessi.

I cliché che riguardano il genere femminile attingono a piene mani in ogni ambito della vita, dal mondo del lavoro, dove una donna può essere, a seconda dei casi, troppo maschile se autoritaria o gatta morta se troppo accondiscendente, fino a quello delle scelte personali: “Donna a metà” se non madre, “strana” se non sente il desiderio di sposarsi, “mantenuta” se sceglie, assieme al partner (generalmente, almeno, dovrebbe essere così) di restare a casa e non lavorare.

Ma c’è un termine, in particolare, tanto curioso quanto emblematico del fatto che, alle donne, venga quasi sempre attribuito anche un interesse economico che guiderebbe le loro scelte, soprattutto in campo relazione. Parliamo di quello che definisce alcune di loro come gold digger.

Cosa significa gold digger?

Il significato letterale di gol digger è “cercatore d’oro” (o cercatrice, in questo caso), usato in origine in riferimenti ai minatori del Klondike che, armati di picconi, cercavano le pepite che avrebbero consentito loro di diventare ricchi.

Spiegata l’origine dell’espressione, è piuttosto semplice capire che una donna viene ritenuta una Gold Digger se ambisce a trovare un uomo ricco da cui farsi mantenere.

Chi sono le gold digger?

Secondo la linea di pensiero che giudica alcune donne delle gold digger, queste ultime non sono certamente attratte né dall’aspetto fisico di un uomo, né dal suo lato intellettuale o caratteriale, ma cercano solo qualcuno sufficientemente ricco da poter permettere loro di condurre una vita agiata, nel lusso e con ogni comfort, senza che siano obbligate a lavorare.

Posto che anche laddove si decidesse di perseguire un obiettivo del genere si tratterebbe comunque di una scelta personale, conosciuta dall’altra persona, e perciò non giudicabile, è chiaro che dietro l’immagine delle gold digger si nascondano un bel po’ di stereotipi, ovviamente di natura maschilista.

Lo stereotipo della donna gold digger

Secondo il cliché la gold digger, come detto, non viene attratta dalle qualità estetiche o personali di un uomo, ma più semplicemente dal suo conto in banca. Ama sfoggiare abiti e gioielli costosi, pellicce e borse di lusso, avere una piega sempre impeccabile, girare su auto importanti, su yacht o aerei privati (insomma, dipende un po’ da quanto è “grande” il portafoglio del partner) e, in generale, vivere nella più sfacciata opulenza.

Perché tutto questo rientra nel campo del banale cliché? Per una serie di ragioni.

Prima di tutto, perché se è vero che esistono le gold digger, è altrettanto appurata l’esistenza dei gold digger: insomma, anche molti uomini amano circondarsi di cose lussuose e beni preziosi, ma allora perché a loro non viene mai affibbiato il termine di “cercatori d’oro”?

E qua ci colleghiamo direttamente al secondo tipo di pregiudizio che aleggia quando si affronta l’argomento del rapporto tra donne e denaro: quando vediamo una donna che guida una macchina importante, o indossa abiti griffati, tendenzialmente e generalmente (con alcune eccezioni, ovvio) siamo portati a pensare che tutto ciò che ostenta sia il frutto del lavoro di un eventuale compagno, e scatta quindi l’associazione con la parola “mantenuta“. Quasi mai pensiamo che quegli oggetti possano essere il frutto del lavoro della donna stessa, che è naturalmente libera di poter spendere i propri guadagni come meglio crede.

Allo stesso modo, ma a piani opposti, difficilmente siamo portati a considerare gli uomini come mantenuti dalle compagne, o riteniamo che possano selezione le partner proprio in base alle disponibilità economiche che queste ultime hanno.

È chiaro che, stando così le cose, una delle occasioni in cui la parola gold digger esca fuori più di frequente è in sede di divorzio, quando c’è da spartire, fra le altre cose, anche i beni materiali della ex famiglia e molto spesso le donne ne escono come delle amorali arrampicatrici che desiderano solo spillare quanto più denaro possibile all’ex, oppure ottenere la proprietà di varie seconde case o “extra” di lusso.

Non si considera praticamente mai né l’eventualità che quello di ricevere gli alimenti sia effettivamente un diritto della donna non in quanto tale, ma in quanto partner economicamente più debole – non serve addentrarsi ancora nel discorso del gender pay gap per ribadire che anche le donne lavoratrici difficilmente guadagnano quanto il compagno, pur svolgendo magari le medesime mansioni – né che, nei casi in cui il giudice verifichi eventualmente l’esistenza di una separazione con addebito attribuibile alla donna, questa perda ovviamente ogni diritto sia all’assegno di mantenimento che successorio, venendo esclusa automaticamente dall’asse ereditario, indipendentemente che guadagni tanto, poco o niente.

Veniamo ora all’ultima questione: esistono in effetti le gold digger? Sicuramente sì, e in questo caso, più che di stabilire la “liceità” morale di un comportamento – stiamo comunque parlando di un rapporto tra adulti, consapevoli – si potrebbe discutere di un tema ben più importante, quello della dipendenza economica che, inevitabilmente, l’essere mantenuta dal partner compromette.
“Anni e anni di lotte femministe buttate”
, potrebbe essere una delle critiche più frequenti mosse verso le “cercatrici d’oro”, assieme a quella di essere spregiudicate, senza scrupoli e pronte a tutto per il denaro.

Piaccia o no questo atteggiamento, è ovvio che ognuna sia libera di scegliere la propria strada, quindi anche di allontanarsi da questa idea per costruirsi eventualmente la propria ricchezza da sola; insomma, il bello, alla fine, sta nella varietà e nella possibilità di scelte che si hanno.

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