Anni fa convivevo con la mia ragazza in un appartamento in centro città, lei finiva di lavorare tardi e doveva parcheggiare a diverse vie di distanza da casa. Una sera mi telefona spaventata, mi dice che mentre camminava un uomo è sbucato da dietro un cassonetto brandendo il proprio pene.

Le blocca la strada, non dice nulla, ma continua a masturbarsi, sorridendo. Lei lo scansa, dirigendosi velocemente verso casa e chiamandomi subito. Ancora al telefono con me, praticamente sotto casa, si volta e si accorge che l’uomo è a 20 centimetri da lei. Ancora con il pene in mano. Ha urlato.

Non è successo nulla. Il mio precipitarmi in strada ha spento sul nascere ogni eventuale altro intento dell’uomo. Lui è scappato, mentre noi per diverse settimane abbiamo condiviso il tragitto parcheggio-casa. Una cosa normalissima era diventata spaventosa.

Perché ve lo racconto? Perché condividendo questo brutto episodio, non sono state poche le donne che ci hanno confessato di aver vissuto esperienze simili.

Chi è stata fischiata da un gruppo di uomini, chi addirittura palpeggiata, altre che hanno trovato esibizionisti col pene in mano, fino ad arrivare a chi ha dovuto attaccarsi ai citofoni di estranei per trovare la salvezza.

Dal canto mio, non ho potuto non notare che a me tutte queste cose non sono mai successe.

Ho attraversato a piedi interi centri città, di notte, da solo. Se a volte ho temuto di essere rapinato, mai ho avvertito la paura di essere molestato o, peggio, violentato.

Chissà cosa proverei se potessi passeggiare di notte come una donna, mi sono quindi chiesto.

Chissà a cosa penserei se temessi a ogni passo che dietro al prossimo cassonetto sbucasse l’ennesimo pene. Perché sì, ho visto e ascoltato le angosce delle donne, ma viverle in prima persona avrebbe un altro effetto.

Camminare e non sentirsi padroni del proprio corpo, che all’improvviso diventa di proprietà di uno sconosciuto, libero di trattarmi come un oggetto, libero di trarre piacere dalla mia paura. Legittimato nella sua perversione dal semplice fatto che mi trovo lì, sola e donna. Come se l’ardire di incamminarsi a tarda notte in solitudine fosse sufficiente per manifestare la mia predisposizione all’essere molestato.

Pare un discorso assurdo, ma quante volte avete evitato di restare da sole? O siete rincasate prima per non fare tardi? Quante volte avete cercato la compagnia di un uomo per una breve passeggiata?

Quante volte vi siete addossate la responsabilità di evitare che comportamenti molesti avessero la possibilità di manifestarsi?

Il problema è che addossarsi tale onere rischia di farvi diventare colpevoli qualora qualcosa andasse storto, dando spazio a quelli che penseranno: “però lei che ci faceva lì da sola a quell’ora?”.

E mentre voi siete asfissiate da questa mole di pensieri e preoccupazioni, noi uomini rincasiamo quando vogliamo, liberi di essere indipendenti da una protezione esterna.

Se potessi però passeggiare di notte come una donna sarebbe tutto diverso. Forse capirei il male potenziale che dovete affrontare ogni giorno, per il solo fatto d’essere donne. Lo capirebbero anche gli esibizionisti, i molestatori e i violentatori. Se gli uomini potessero, anche per soli 5 minuti, vivere il mondo con gli occhi delle donne, chissà quante cose potrebbero cambiare.

Se solo potessimo… Ma la verità è che le donne non possono passeggiare di notte da sole.
È pericoloso, al punto che in alcune zone del mondo, per la loro sicurezza ça va sans dire, vige addirittura un coprifuoco femminile.

Viene allora da chiedersi come mai, se l’intento è quello di difendere le donne, non venga mai applicato quello che disse Golda Meir quando fu prima ministra d’Israele:

“Sono gli uomini che attaccano le donne, se c’è un coprifuoco, che stiano a casa gli uomini”.

E se noi non possiamo domandarci come sarebbe passeggiare di notte come una donna, le donne potrebbero invece chiedersi come sarebbe passeggiare in città senza uomini.

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