Quella Sindrome di Grimilde cui tutte le donne dopo gli anta vanno incontro

Sarà forse di conforto a tutte, madri e matrigne, sapere che la sindrome di Grimilde non è appannaggio delle seconde mogli e nemmeno delle prime: è infatti una disfunzione trasversale che prescinde dallo stato civile per colpire le donne in base alla loro età.

Quando eravamo bambine e ci veniva raccontata la favola di Biancaneve, ci concentravamo su quella gattamorta tutta languori e sul Principe Azzurro, cioè uno che si innamorava del cadavere della ragazza tanto da decidere di violarlo. Data la peculiarità della situazione, dunque, non dobbiamo rimproverarci se non prestavamo la dovuta attenzione all’unico personaggio che l’avrebbe meritata. No, non un settenano a caso e nemmeno quel pusillanime del padre ma lei, Grimilde: paradigma delle donne cattivissime, archetipo delle mai arrese. Crudele, vanitosa, egoriferita.

Sarà forse di conforto a tutte, madri e matrigne, sapere che la sindrome di Grimilde non è appannaggio delle seconde mogli e nemmeno delle prime: è infatti una disfunzione trasversale che prescinde dallo stato civile per colpire le donne in base alla loro età. Scoprire di esserne affette non è semplice: come per tutte le situazioni che spaventano e creano ansia, anche la grimilditudine è una condizione che si tende a negare.

“Io, ad esempio, ho scoperto di esserne affetta ascoltando Coez alla radio. Hai presente quel tormentone che fa‘Vorrei fosse domenica, che tua madre fosse un po’ meno nevrotica e che tuo padre oggi bevesse soltanto acqua tonica…’ Ebbene, in un primo momento mi sono identificata nella figlia dei genitori imbarazzanti, poi ho ricordato di avere 49 anni e capito che il genitore imbarazzante ero io. E non mi è piaciuto” confessa un’amica che chiede di rimanere anonima.

E lei è una a cui è andata bene. Altre hanno capito di avere la sindrome di Grimilde mentre camminavano per strada, pronte a raccogliere su di sé gli sguardi di un pubblico maschile, per scoprire che il pubblico maschile non aveva occhi che per le ragazze che camminavano al loro fianco – le figlie. C’è persino chi ha avuto l’epifania nel camerino di un brand di moda giovane, confrontando i propri boyfriend jeans con quelli indossati dalla ragazza nel camerino accanto e prendendo atto che non era più cosa.

“Se sei stata molto bella è persino peggio” aggiunge l’Anonima. “Invecchiare in un mondo che ha settato il proprio ideale di bellezza sui filtri di Instagram significa polarizzare le modalità di invecchiamento su due opposte strategie : arrendersi subito a una sana decrepitezza tutta fascino e capelli grigi, come Benedetta Barzini, o cristallizzare la propria immagine a colpi di botox e tinture come Cindy Crawford, che ha pure l’aggravante di avere una figlia bellissima che sta percorrendo i suoi stessi passi.”

Insomma, Grimilde ha provato a metterci in guardia: «Fa’ attenzione, un giorno sei al centro della scena e il giorno dopo ti ritrovi fuori dal cono di luce senza capire perché. Le donne delle pubblicità arrivano a stento ai trent’anni, le canzoni si rivolgono a un pubblico di ragazzi, le riviste smettono di suggerire come vestirti per iniziare a coprirti, la vita professionale si arena, gli uomini ti ignorano salvo cederti il posto nel tram. Lentamente ma inesorabilmente si viene spinte ai margini. L’ultima volta che ho chiesto allo specchio chi fosse la più bella del reame, lo specchio ha risposto che non era più questione più di essere belle ma di mantenersi bene.»

E su quest’ultimo punto non bisogna farsi illusioni – chiosa Anonima “ché fare le punturine a cinquant’anni per sembrare di averne quaranta porta solo a sembrare una cinquantenne che s’è fatta le punturine.”

Insomma, la sindrome di Grimilde va innanzitutto riconosciuta, poi accettata, infine combattuta.

Riconoscere che c’è stato un passaggio di testimone, accorgersi che quello che consideravamo avanguardia è diventato vintage, sentirsi un po’ fuori sincrono col resto del mondo e prendere atto che, insomma, ora tocca a loro.

Accettare di rimanere un po’ ai margini della scena dove, grazie a Dio, nessuno presta attenzione e si può fare quello che che si vuole.

Combattere affinché venga riconosciuta l’autorevolezza del proprio essere Grimilde: ricordiamoci sempre che, non fosse stato per lei, Biancaneve avrebbe finito i suoi giorni a languire nel castello. E se la protagonista della favola finisce per ballare dentro scarpe arroventate, noi possiamo farlo scalze o su tacco 12 e renderle finalmente giustizia.

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