Due modi di essere madre o padre di un ragazzo accusato di stupro

Quanti modi ci sono per essere genitore di un figlio accusato di violenze? È quello che sorge spontaneo domandarsi di fronte alle reazioni della mamma di Francesco Chiricozzi e del padre di Riccardo Licci, i due giovani di CasaPound accusati dello stupro di Viterbo.

“Immagini di reiterati amplessi, posti in essere congiuntamente dagli indagati, con atteggiamento sprezzante e beffardo, intercalato da insulti e minacce, mentre le vittima versava in uno stato di semicoscienza, emettendo solo flebili lamenti, culminati nella richiesta, con voce sfinita, di porre fine alle violenze“.

Così vengono descritte dal Gip Rita Cialoni le immagini tremende dello stupro di Viterbo, per i quali sono in carcere i due ormai ex militanti di CasaPound (sono stati espulsi dal partito) Francesco Chiricozzi e Riccardo Licci.

Le scene cui gli investigatori si sono trovati ad assistere, quelle interminabili ore di violenza e brutalità cui sarebbe stata sottoposta la vittima trentaseienne dei due, riprese con dovizia di particolari attraverso i cellulari dei presunti carnefici, sono al limite dell’incredibile. Una vera e propria Arancia Meccanica che sarebbe diventata orribilmente reale nella notte tra l’11 e il 12 aprile, nei locali dell’Old Manners, circolo sportivo del viterbese che è in realtà la sede locale del partito di estrema destra.

I legali degli indagati, Domenico Gorziglia e Marco Mazzatosta, stanno provando a mettere sul piatto la tesi del rapporto consensuale, ma il Gip Cialoni non sembra dare troppo credito a questa ipotesi, parlando di “scene raccapriccianti” nell’ordinanza di custodia cautelare, che ha fatto finire i due nel carcere di Mammagialla.

Lo stesso procuratore capo di Viterbo, Paolo Auriemma, del resto, ha parlato di “elementi di prova solidi”, e così ora Chiricozzi e Licci rischiano, oltre all’accusa di violenza sessuale, anche quella per lesioni, vista la presunta reiterata violenza usata nei confronti della donna.

È chiaro che fino al momento del processo, per quanto si ritengano solide le prove, si possa parlare solo di presunzione di colpevolezza.

Una riflessione, però, il caso di Viterbo, la offre spontanea, perché c’è qualcosa, nel modo in cui i genitori di Chiricozzi e Licci hanno affrontato la notizia dell’arresto dei figli e il loro presunto coinvolgimento nello stupro dell’Old Manners, che spinge a pensare; soprattutto in merito alla lettera scritta dalla madre di Chiricozzi già nel 2017, e alle parole che il padre di Licci avrebbe detto al figlio subito dopo i fatti: quanti modi ci sono per essere genitore di un figlio accusato di violenze?

La lettera della madre di Chiricozzi: “Mio figlio rubato da CasaPound”

Fonte: corriere.it

Già nel 2017 la mamma di Francesco Chiricozzi, 19 anni appena, consigliere comunale di CasaPound nel comune di Vallerano (dopo l’arresto ha assicurato che si sarebbe dimesso, ma ancora le dimissioni ufficiali non sono arrivate), aveva espresso preoccupazione – eufemismo – per la scelta del figlio di aderire al partito di estrema destra.

Al tempo della lettera in cui la donna vergava le sue paure e la sensazione di aver perso Francesco “rapito” da CasaPound, Chiricozzi, ancora minorenne, era accusato di aver aggredito un giovane di Vignanello, pestato all’uscita da una pizzeria, colpevole – secondo gli esponenti di CasaPound – di aver deriso il partito sui social (Chiricozzi peraltro è ancora indagato presso il Tribunale dei minori).

Quattro farneticanti di Casapound, ritrovo di falliti e violenti che si cibano di luoghi comuni e scemenze varie, mi hanno sottratto mio figlio in maniera subdola.

Comincia così la lettera, in cui la donna parla di “banalità del male”, quella che

… colpisce sempre e vedere come trasforma i propri figli, toglie il respiro. So per certo che questi quattro deficienti hanno bisogno di visibilità per esistere e per sentirsi appagati. Togliamogliela e isoliamoli il più possibile. Devono stare da soli e cibarsi le loro Acca Larentia, le ‘loro’ foibe, le spade di Thor, le loro cinghiamattanze, i loro falsi miti romani.

Nella missiva la madre di Chiricozzi aveva rivolto anche un invito agli altri genitori:

Dico alle mamme di controllare i loro figli. So per certo che ci sono nuove prede attratte dal miele di questi quattro soggetti deliranti. Non li fate avvicinare a loro.

“Cancella tutto dal telefono”, le parole del padre di Licci

Roberto Licci (Fonte: corriere.it)

Di tutt’altro tenore le parole che Roberto Licci, che con il figlio condivide l’adesione a CasaPound, ha usato nei confronti del figlio dopo la notizia dell’accusa di stupro. Nessuna parola spesa per la vittima, tante in difesa del ventunenne Riccardo: “La verità deve ancora venire fuori e ora come ora non sappiamo qual è. Saranno gli inquirenti a doverla accertare. C’è un’indagine in corso e ci affidiamo a loro”.

Ma nell’atteggiamento del Licci non c’è solo il tentativo, naturale e comprensibile, di un padre di difendere e tutelare il figlio fino a prova contraria. Quello che sorprende di più, e che obiettivamente lascia perplessi, è quanto sarebbe accaduto subito dopo lo stupro, quando l’uomo ha invitato il figlio a liberarsi delle prove compromettenti sul telefonino.

“Riccardo, butta il cellulare.”

Questo il testo del messaggio WhatsApp arrivato da un numero memorizzato come “papà”. Pochi dubbi su chi possa essere il mittente, e in effetti lo stesso Roberto Licci ha confermato l’invio, mentre ha negato di aver visto foto e filmati, come invece contestato dal Gip Cialoni che nell’ordinanza ha parlato di immagini “condivise con una serie di soggetti terzi, ivi compreso il padre del Licci”. Ma perché invitare Riccardo a disfarsi del telefono, se Roberto è convinto della sua innocenza?

Io non sapevo con precisione di cosa si trattasse – ha spiegato Licci al Corriere – È vero che gli ho scritto di gettare via tutto, ma credo di essermi comportato da padre. Ho commesso un reato con quel consiglio? Non credo proprio. Sono suo papà, cercavo solo di pensare a lui.

Che sia stato un reato o meno lo deciderà la magistratura, il problema, però, sta proprio qui: se è compito di un genitore proteggere i figli e confidare nella loro innocenza non lo è però spingerli a eliminare prove che potrebbero essere rilevanti per l’indagine. Tutelare un figlio non significa difenderlo dalle proprie responsabilità, bensì significa educarlo al rispetto della legge. Significa insegnarli la compassione per il prossimo e il senso di giustizia.

Ficcare la testa sotto la sabbia e far finta di nulla, cancellare le “prove” e fingere che non sia accaduto nulla non è un grande insegnamento se si parla di sciocchezze, figuriamoci quando in ballo c’è un’accusa di stupro e la vita rovinata di un’altra persona, a cui peraltro si dà segno di non pensare minimamente.

I filmati per provare la violenza

Fonte: web

È il legale Franco Taurchini a parlare per la sua assistita, la vittima dello stupro, che, come spiega l’avvocato, “Soffre di ansia, non dorme, è agitata”.

Taurchini si è scagliato in maniera netta contro la tesi della consensualità portata avanti dai legali di Chiricozzi e Licci: “Nessuna donna consenziente viene malmenata perché è consenziente. Se viene menata vuol dire che non ci sta, perdonate il linguaggio”.

Un commento secco per replicare a Gorziglia e Mazzatosta, che sui fatti contestati ai loro assistiti hanno detto di essere in possesso di una serie di elementi in grado di documentare che si è trattato di un rapporto consenziente, aggiungendo: “I nostri assistiti non sono i mostri che vengono descritti. Sono addolorati per quello che è avvenuto. Sicuramente hanno valutato in maniera errata una situazione, ma la loro ricostruzione è divergente da quella proposta dalla procura”.

Proprio Taurchini ha ricostruito a Open la dinamica dell’accaduto, secondo il racconto dell’assistita: a partire dall’incontro tra i tre, poi la proposta di seguirli al locale, quindi l’alcol che ha cominciato a scorrere e infine il pugno che l’ha stordita, l’ultima cosa che ricorda.

“La ragazza mi ha raccontato di essersi svegliata la mattina dopo. Di aver visto il livido in faccia, i segni sul corpo, e aver cominciato a sentire un grande dolore. Allora ha capito quello che poteva essere successo ed è andata a denunciare.”

E riguardo ai video, Taurchini ha commentato:

Hanno fatto una cosa orrenda. E hanno fatto una cosa orrenda a riprenderla. Ma le hanno fatto un favore. Perché magari nessuno, altrimenti, le avrebbe creduto.

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