Il mio respiro si irrigidisce immediatamente quando arriva la chiamata. È il capo del mio capo, mi dice che c’è un incontro importante in un’altra città. O forse è un amico, che mi invita al suo matrimonio in California. A volte, è un membro della famiglia che sta morendo.

La notizia mi colpisce duramente – è un momento di alta pressione per il mio lavoro, amico, famiglia. Il mio cuore batte forte e il mio respiro si fa più corto. Chiudo gli occhi, sento i piedi per terra e il respiro in gola, cercando disperatamente di evitare un imbarazzante attacco di panico al lavoro.

Dovrò salire su un aereo. E io sono grassa.

Comincia così la lettera di Your Fat Friend, pseudonimo che lascia già intuire molto, pubblicata su Medium. È una confessione, a cuore aperto e senza veli, su tutte le sensazioni, le paure e gli imbarazzi di una persona in sovrappeso che deve salire su un aereo; sapendo, insomma, di essere proprio lei il “vicino di posto grasso”.

Abbiamo deciso di riportarla integralmente, in una traduzione non professionale, per far comprendere quanto, spesso, la percezione che gli altri hanno di noi possa influire in maniera negativa sulla nostra psiche e impedirci di vivere serenamente anche la più normale delle esperienze, come appunto quella di un viaggio in aereo.

Ecco come prosegue lo sfogo su Medium.

C’è un cliché comune su questa stessa situazione, mostrato di frequente in TV, nelle illustrazioni, nella conversazioni. Le persone grasse sono sempre mostrate come rumorose, odiose, intente a sgomitare la gente, che occupano spazio, spargono briciole dappertutto, tutta la nostra esistenza progettata per rendervi infelici. Quella caricatura non fa male solo quando la vedo, sento di sprofondare sotto il suo peso. Sono una donna che ha fiducia in sé, con amici meravigliosi, e un lavoro fantastico. Ma quando vedo quella caricatura di quello che gli altri si aspettano io sia, mi chiudo a riccio, affondando così rapidamente in un’ondata di depressione e alienazione. Non potrebbe essere più lontano dalla mia esperienza.

Questo è quello che succede prima ancora di comprare un biglietto. Mi informo sulla linea di condotta perché ogni compagnia aerea ne ha una per i “passeggeri di taglia forte”. Tutte includono la possibilità che mi venga addebitato il doppio, o negato un posto sull’aereo nel giorno del volo, lasciandomi spiegare al mio capo, partner, amico, famiglia, perché non mi vedranno questa settimana.

La Southwest è famosa per aver permesso di salire a bordo al regista Kevin Smith, poi lo ha scortato pubblicamente fuori dall’aereo perchè sembrava troppo grasso per il suo posto. United rifiuterà di farti salire a bordo, a meno che tu non accetti di acquistare un biglietto aggiuntivo con il prezzo stabilito al momento, e chi ha 600 dollari da spendere? Controllo i prezzi di prima classe, dove i posti sono leggermente più larghi e sono meno a rischio reclami dei passeggeri. 1000 dollari. Io vado avanti.

JetBlue non ha una politica – il che significa che è la più pericolosa di tutte. Ripenso al mio ultimo volo su JetBlue, quando un passeggero si è lamentato rumorosamente con un assistente di volo mentre mi sedevo accanto a lui, dicendo che non si aspettava di viaggiare così. Lo ha spostato in un altro posto, cambiandolo con un altro passeggero. Non mi ha guardata negli occhi per l’intero volo. Neanche gli altri passeggeri della mia fila. Ero così grande e così invisibile. Questo potrebbe accadere di nuovo. Mi salgono le lacrime agli occhi.

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L’ansia non diminuisce quando compro un biglietto: si distilla, intensificandosi per settimane prima del volo. Penso a come eliminare ogni altro fattore di stress. I passeggeri odiano quando qualcuno impiega troppo tempo a caricare la propria borsa nei vani portaoggetti. Io pago per mettere in stiva una borsa, in modo che i miei compagni di viaggio non abbiano ulteriori motivi per lamentarsi di me.
Penso già a come mi siederò sull’aereo, spingendo il mio corpo contro il muro della cabina, con un braccio che tiene saldamente l’altro sul mio petto, in modo che non possa stabilire alcun contatto fisico con la persona seduta accanto a me. Mi porto le mentine, quindi non avrò bisogno di nulla da bere, in modo che l’assistente di volo non debba attraversare la fila per servire la persona grassa. Controllo se gli aeroporti che attraverserò abbiano una storia di sequestri di estensioni delle cinture di sicurezza. Se porto il mio, mi verrà risparmiato il riflettore incandescente di chiederne uno all’assistente di volo.

Nei giorni prima del volo, gli amici mi dicono che sembro distante. Alcuni dei miei amici più intimi sanno che questo significa che sto salendo su un aereo. Si fanno quieti, incerti su cosa dire o fare. La notte prima del volo, il mio migliore amico e io beviamo qualcosa al bar di un quartiere. Normalmente, parliamo in modo esuberante, ridendo fragorosamente e facendo amicizia con altri clienti al bar. Stasera, non diciamo molto. Il nostro happy hour si conclude in fretta e camminiamo silenziosamente verso casa.

Non dormo quella notte. All’1:30 del mattino, penso a tutto ciò che ho fatto per essere in salute. Il mese scorso, il dottore ha detto che la mia pressione sanguigna era buona e che stavo tenendo un regime di allenamento più sano rispetto alla maggior parte dei pazienti che vede. Non riusciva a capire perché ero ancora grassa. Neanche io. Per quasi una settimana dopo, mi sono sentita inspiegabilmente triste. Alle 3 del mattino, immagino cosa potrebbe accadere per risparmiarmi dall’umiliazione che si sente destinata ad accadere. Forse se indosso due strati di Spanx, che mi fanno grattare e mi lacerano la pelle. Forse se c’è una tempesta di neve a sorpresa. Forse se comincio a vomitare.

Poi, al mattino, arrivo all’aeroporto. Armeggio nervosamente alla sicurezza. La scomoda sporgenza contro il muro al cancello. Scansione dei volti di altri passeggeri. Chi è amichevole? Chi altro è grasso? La loro faccia è intrisa di nodi di preoccupazione e dolore? Lo è la mia? Corro in bagno, mi chiudo lì dentro e dico a me stessa di  non vomitare.

Inizia l’imbarco. Vado davanti, non perché sono impaziente, ma perché ho scelto un posto vicino al finestrino, e voglio essere sistemata prima di chiunque altro nella mia fila. Se devo scavalcarli, ascolterò il sospiro familiare, insipido, sdegnoso. La gola si schiarisce, il gemito si attutisce. Questi sono i suoni del mio corpo che sono visti in pubblico.

Salgo sull’aereo, raggiungo il mio posto, fisso gli occhi sugli operai che sistemano i bagagli qui sotto, ed evito di interagire con qualcuno a meno che non mi chiamino. Afferro il mio braccio e incrocio le caviglie, rendendo il mio corpo grasso il più piccolo possibile. Ho osservato con attenzione che cosa fa scattare altri passeggeri nei confronti dei passeggeri grassi, cosa fa loro alzare gli occhi e lamentarsi con lo staff. Per me, queste sono norme inviolabili.

Qualcuno tira fuori il telefono mentre passa. Ricordo gli innumerevoli filmati su Youtube di passeggeri grassi sugli aerei, con titoli come “Grosso Grasso Obeso in sovrappeso sull’aereo” e “uomo grasso che borbotta in aereo, dormendo, russando, sbavando” e “Bandite i disgustosi ciccioni”. Mi faccio più piccola ancora, dando la mia migliore impressione di una persona calma. Non c’è niente da vedere qui. Andate avanti.

Quando il volo decolla, mi rendo conto che ho fatto qualcosa di terrificante, impossibile e ordinario: sono salita su un aereo. Questa volta, non dovrò pagare per un secondo posto, ingoiare le lacrime, essere accompagnata fuori dall’aereo.

Capisco perché tutti i miei compagni di viaggio sono nervosi. Perché tutti sono a disagio negli aerei. Sono progettati per adattarsi a quante più persone possibile – il che non porta a sedili comodi per nessuno. Volare è costoso, scomodo, stressante. Le borse si fanno pesanti; i voli vengono cancellati; le relazioni sono tese. Nessuno, a quanto pare, si sta divertendo.

E al culmine di tutto questo stress – salire sull’aereo – la persona che i miei compagni di viaggio vedono sono io. Piuttosto che essere una persona verso cui provare empatia, bloccata nella stessa situazione frustrante e scomoda, divento un capro espiatorio per tutta quella frustrazione. Divento “l’altro”.

Il viaggio aereo in questo modo per me è tristemente familiare, un microcosmo di ciò che mi accade spesso da persona grassa. Sono osservata – e giudicata severamente – mentre provo – e fallisco – a inserirmi in uno spazio creato per qualcun altro.

Sono sempre troppo grande, sempre troppo, sempre inaccettabile. Devo rendermi sempre più piccola, ridurmi al minimo all’infinito, contro il mio corpo ostinato che resiste ad ogni svolta. Tuttavia, non sono mai abbastanza piccola da mettere a proprio agio chiunque.

Prima che il volo atterri, comincio a pensare al volo di ritorno. Cerco di essere presente con amici e parenti, provo a prepararmi per il mio incontro di lavoro. Uso tutti gli strumenti che ho per gestire la mia ansia, il mio cuore che batte all’impazzata, il respiro corto e le mie spalle che si fanno strette. Nonostante ciò, non dormo davvero profondamente per giorni.

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