LE BUGIE HANNO LE GAMBE.. STRANE
 L’onestà è alla base di ogni rapporto, sia che si tratti di lavoro che di affetti ed essere consapevoli delle reali intenzioni di un’altra persona è una questione importantissima. Questo tipo di informazione ci permette di avere il potere di controllare una situazione e soprattutto di evitare che ci si approfitti di noi e quindi è necessario imparare a leggere tra le righe e capire cosa gli altri stanno pensando quando non hanno il coraggio o la voglia di dirlo. Per far questo, o almeno per porre le basi giuste per ottenere queste capacità, è necessario chiedere aiuto alla psicologia, ai suoi meccanismi ed alle sue tecniche, vediamo quali!

PASSO 1: non accusare, alludere!
Anche nei casi di omicidio, è sempre poco indicata la domanda “L’ha ucciso lei?” perché l’indiziato reagirà mettendosi sulla difensiva ed il clima dell’interrogatorio si rovinerà, con il risultato di non giungere all’obiettivo sperato. Più che accusare, o fare domande generiche, il segreto è alludere: chi ha detto una bugia (non a fin di bene), ha la coscienza sporca e davanti ad un’allusione sa perfettamente a cosa vi riferite. Al contrario chi è innocente non capirà il messaggio sottinteso nè potrebbe immaginare a cosa state alludendo.

La tecnica è quindi quella di formulare “una domanda che appaia innocente ad un innocente ma come un’accusa a chi è colpevole”. La domanda dovrà insospettire il colpevole per la curiosità mostrata, un innocente non mostrerà invece reazioni strane e penserà soltanto che la domanda è un po’ strana. Per far questo è necessario essere più naturali possibile ed essere attenti a qualsiasi indizio sia verbale che non verbale: solitamente il colpevole aggiunge sempre più particolari senza essere sollecitato a farlo e soprattutto, utilizzando questa tecnica, vuole sapere il motivo della domanda. Un innocente risponde tranquillamente e finisce lì il discorso.

Per esempio, una donna che ha il sospetto dell’infedeltà del marito dopo una serata passata fuori, può chiedergli: “E’ successo nulla di interessante ieri sera?“. La risposta del marito sarà rivelatrice.

PASSO 2: proporre una situazione simile
Se c’è il sospetto che si sia verificato un errore grave, si può introdurre una situazione simile sotto forma di domanda al probabile colpevole, facendo attenzione a sollevare l’argomento senza utilizzare un tono accusatorio. Se ad esempio un capo reparto crede che qualcuno alle vendite abbia mentito ad un cliente, può chiedere: “Ho notato che al reparto vendite qualcuno ha dato un’immagine sbagliata del prodotto, puoi aiutarmi al riguardo? Secondo te come posso far luce sulla vicenda?“.

Anche in questo caso la reazione svelerà la verità: se l’interlocutore è innocente si mostrerà collaborativo e felice di essere stato interpellato, se invece non lo è apparirà a disagio e sottolineerà, anche se non richiesto, che non ha mai avuto un tale atteggiamento. Solitamente, chi è colpevole cambia completamente argomento, chi è innocente ne parla tranquillamente perché non ha paura della tematica specifica né del perché voi l’abbiate sollevata.

PASSO 3: proporre l’argomento casualmente
Anche in questo caso si dovrà sollevare l’argomento ma in modo più generico così da apparire una casualità. Se si sospetta il “tradimento” di un collega o di un’amica, si potrà domandargli: “E’ incredibile quanta gente qui sia pronta a pugnalarti alle spalle… E soprattutto credono poi che non giunga all’orecchio della persona coinvolta“. Le reazioni di un colpevole saranno di preoccupazione e di curiosità morbosa per le restanti informazioni non rivelate.

Questi possono essere considerati i “preliminari” di un’azione ben più approfondita sulla scoperta di una verità nascosta. Ma non sempre è necessario arrivare ad un confronto diretto con chi crediamo ci abbia mentito, per toglierci la soddisfazione o per appagare la nostra curiosità bastano anche queste 3 semplici mosse!

Dott.ssa Cristina Colantuono

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