È sempre più un fenomeno globale e trasversale quello del gaming che, però, continua ad essere percepito come quasi esclusivamente maschile, nonostante a oggi circa la metà dei gamers sia rappresentata da donne. Anche il recente lancio della Play Station 5, andata a ruba in pochissimo tempo, e ora nuovamente disponibile in pochi pezzi su alcuni store online, conferma questo trend.

In Italia, il rapporto I videogiochi in Italia nel 2019, pubblicato da IIDEA, Italian Interactive Digital Entertainment Association, fotografa uno scenario ben preciso: circa il 47% dei videogiocatori è costituito da donne. Eppure ancora oggi il pubblico a cui il mondo del videogiochi si rivolge è quasi esclusivamente quello maschile, con la prevalenza di un linguaggio, una narrazione e dinamiche ancora fortemente male-centred.

Una situazione, questa, che, secondo quanto sostiene la critica dei media Anita Sarkeesian, affonda le sue radici nella cultura degli anni Ottanta, quando il mondo dei videogames ha iniziato a perdere la sua connotazione di neutralità e assenza di genere, per indirizzarsi esplicitamente a un pubblico maschile, individuato dal mercato come un più ampio segmento dalle maggiori potenzialità di guadagno. Non solo, in quegli anni, anche i contenuti dei videogiochi si sono notevolmente modificati, per soddisfare un punto di vista prettamente maschile, e la trama che si è venuta a delineate nella maggior parte dei prodotti lanciati sul commercio vede l’eroe maschile impegnato in imprese per il salvataggio di una donna rapita.

Questo topos narrativo, introdotto per la prima volta nel 1981 da Shigeru Miyamoto nel gioco Donkey Kong, in cui il protagonista Jampan deve portare in salvo una donna rapita dal gorilla Donkey Kong, avrà un lungo seguito e farà di questo stilema della damigella in pericolo un caposaldo della cultura virtuale. Basti pensare ad esempio alla saga su Super Mario o a quella di Zelda, dove il personaggio femminile viene confinato a ruolo passivo, privo di alcuna rilevanza dal punto di vista gioco narrativo interattivo.

La scelta di non rendere giocabili i personaggi femminili delle saghe è stata motivata dal loro creatore con la motivazione, in verità poco credibile, secondo cui gli unici interessati a quel mondo sarebbero stati solo i maschi. Fatto che, però, suona più come conseguenza che come causa di questa spiegazione, in una cultura come quella sviluppatasi negli anni Ottanta che ha piantato forti radici di una mentalità fortemente maschilista e binaria, con cui avremmo dovuto fare i conti per ancora molto tempo. Del resto, uno dei pochi giochi dell’epoca incentrati su un personaggio femminile, Super Princess Peach per Nintendo DS, presenta luoghi comuni da manuale: la principessa in missione per salvare Mario, deve sconfiggere i personaggi avversari non con la forza, il coraggio o l’eroismo, come tradizionalmente avviene in un videogioco, ma con le emozioni.

Con il passare del tempo, il ruolo passivo della figura femminile nei videogiochi si è progressivamente involuto verso un’oggettificazione sessuale della donna. La principessa in pericolo da salvare inizia così ad essere dipinta come una donna sexy, con un abbigliamento succinto, pose sexy fino ad essere identificata come un premio per l’eroe maschio che l’ha tratta in salvo. L’ennesima manifestazione di una realtà patriarcale che vede la donna subordinata al potere dell’uomo.

Lo stesso approccio lo si vede con il primo vero videogioco che ha per protagonista una donna, Lara Croft, che risponde ancora a un immaginario maschile: un fisico appariscente e un abbigliamento succinto e sensuale che ne esalta la fisicità prorompente. Non solo, quando negli anni, i suoi creatori hanno deciso di rinnovare la storia per attualizzarla, hanno introdotto una origin story precisa, secondo cui la donna sarebbe sopravvissuta a un episodio di violenza, arrivando nuovamente a personificare una vittima, sebbene in questo caso, rispetto ai precedenti, potesse poi provvedere a salvarsi da sola.

La mentalità maschilista che le donne devono scontare si ritrova anche al di là dello schermo: le gamers donne vengono infatti spesso malviste da un mondo che è da sempre stato appannaggio degli uomini, almeno nella sua iconografia classica. Le donne giocatrici sono infatti più esposte a insulti e addirittura molestie, tanto che in molti casi si fingono uomini o, nella maggior parte dei casi, prediligono la modalità single player, al posto di quella multiplayer che prevede l’interazione con altri giocatori. È stato rilevato infatti, che nel 53% dei casi, l’oggetto del cyberbullismo dipendeva da alcune caratteristiche precise, tra cui il genere, l’orientamento sessuale o la razza.

Videogiochi e minoranze

Come ci racconta uno studio del 2009, pubblicato sulla rivista New Media & Society, la narrazione dei videogiochi continua ad essere ancora poco inclusiva, lasciando ai margini realtà minoritarie, come, oltre al mondo femminile, la comunità LGBTQ+ e le minoranze etniche. Oltre a un’evidente sproporzione di genere – parliamo infatti di un 85% di personaggi maschili contro un 15% di quelli femminili, a fronte di una differenza minima di genere tra i giocatori (51% uomini contro 49% di donne) – lo studio metteva in luce anche una sovrarappresentazione dell’uomo bianco, mentre la presenza di neri, ispanici, nativi americani e altre minoranze razziali restava ancora quasi del tutto marginale.

Nell’ultimo periodo fortunatamente la narrazione dei videogiochi ha subìto un0inversione di tendenza e ha dato spazio anche ad altre voci, tra qui quelle della comunità LGBTQ+, di personaggi gay e trans e di figure femminili non stereotipate.

PS5: dove e quando acquistarla

E come accennato in apertura, il lancio della Play Station 5 è stato un grande successo, confermandosi il più grande di sempre, come dichiara Sony:

Vogliamo ringraziare i giocatori di tutto il mondo per aver reso il lancio di PS5 il nostro più grande risultato di sempre. La domanda per PS5 non ha precedenti, quindi volevamo confermare che forniremo più unità PS5 ai rivenditori entro la fine dell’anno.

E, come promesso, nuove unità della console più amata di sempre sono in arrivo negli online store proprio in questi giorni.

Euronics è il primo sito tech in cui sarà possibile effettuare il pre-order della console amatissima, che dovrebbe poi essere consegnata entro la data del 25 dicembre. Sony ha infatti scelto la sola modalità online per la distribuzione della Play Station 5, e non la vendita nei punti vendita fisici, sia sia per rispettare le norme anti Covid-19, sia per l’esigua disponibilità di pezzi.

Sul sito Euronics i pre-order partono il giorno 3 dicembre, dalle ore 10.00. Sarò quindi possibile ordinare, fino ad esaurimento scorte, la PlayStation 5 nella versione con lettore, a 499 euro, e in quella All Digital, senza lettore, al costo di 399 euro. Lo store ha già attivato un sistema di fila online, così da gestire la grande “affluenza” sulla piattaforma ed evitare un crollo dell’e-commerce.

Il pre-order presso Unieuro delle due console, quella classica e il modello Digital, partirà invece venerdì 4 dicembre, sempre online e verosimilmente intorno alle ore 10.00 del mattino.

Non ci sono al momento notizie in merito sul sito Amazon, mentre Mediaworld ha annunciato che ci saranno a breve aggiornamenti per procedere con dei nuovi pre-order per chi ancora non sia riuscito ad effettuarli.

Nella gallery abbiamo raggruppato le gamer di videogiochi più famose del mondo.

Tutte pazze per le PS5 (e non solo): il gaming è per quasi la metà donna
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