Siamo portati a pensare che tutti amino i bambini. O che, al massimo, ne siano infastiditi ma che possano (con un po’ di sforzo!) tollerarli. Alcune persone, però, non solo non riescono a sopportarne la vista, ma addirittura non possono nemmeno pensare a loro senza provare un moto di terrore. Immotivato, certamente, ma non meno reale per chi lo prova. Da non confondere con la pedofilia – che è un interesse sessuale patologico nei confronti dei bambini prepuberi – la pedofobia è, detto in parole semplici, la paura dei bambini.

Dal greco παῖς (pais, bambino) e Φόβος (fobos, paura), questo termine indica infatti una paura anormale e persistente nei confronti dei bambini e degli adolescenti, il cui solo pensiero può essere sufficiente a generare un’ansia molto forte.

Come molte fobie, anche quella nei confronti dei bambini è irrazionale, ma non per questo i sintomi (fisici e psicologici) sono meno concreti: palpitazioni, mani sudate, vampate di calore o di freddo, respiro corto, vertigini, farfalle nello stomaco, nausea, angoscia, tensione muscolare possono manifestarsi al solo pensiero di un bimbo, più o meno cresciuto. Per non parlare, poi, delle sensazioni a livello emotivo: impulso a fuggire, terrore, paura di perdere il controllo, sentirsi irreali o distaccati.

Sembra impossibile che proprio i bambini, ritenuti da sempre il volto più puro dell’innocenza, possano scatenare questi sentimenti, eppure chi soffre di pedofobia non può fare a meno di provarli, si renda conto che si tratta di una paura senza fondamento. Forse per questo è un fenomeno poco conosciuto e di cui si parla molto poco: è sufficiente una piccola ricerca su Google per rendersi conto che fuori dal mondo anglosassone la pedofobia è ancora molto spesso ignorata e che, soprattutto, quando se ne parla è soprattutto in relazione alla paura nei confronti degli adolescenti, più che dei bambini.

«Psiche: il neurologo, boom ‘pedofobia’ in Italia frutto videogame violenti. Sempre piu’ genitori rinunciano per paura al loro ruolo». Questo lancio di ADNKronos Salute riassume bene quale sia la sfumatura che il termine ha assunto nel dibattito pubblico, come mostra anche la definizione che ne dà CPSICO, un portale dedicato a psicologia e benessere psicofisico:

è la paura degli adolescenti; in particolare il timore dei genitori, ma anche di altre figure adulte, nei confronti dei figli e/o dei giovani in generale a causa della loro aggressività, esuberanza, irrispettosità e prepotenza.

La causa sarebbe nello stravolgimento dei ruoli sociali e nei genitori che «non vogliono più fare i genitori» di fronte ai figli bulletti resi ancor più violenti da tv, videogiochi e internet. Un fenomeno, questo, non solo italiano, anzi. Secondo uno studio, a soffrire di questa particolare paura – che sarebbe forse più corretto chiamare efebifobia, paura della gioventù – sarebbero i britannici.

Secondo il rapporto Freedom Orphans: Raising youth in a changing world rilasciato nel 2006 dall’Institute for Public Policy Research (IPPR), infatti, più di 1,5 milioni di britannici avevano pensato di allontanarsi dalla propria zona a causa dei giovani in giro e 1,7 milioni hanno evitato di uscire dopo il tramonto per questo motivo. Gli intervistati erano tre volte più propensi a citare i giovani in giro come un problema piuttosto che a lamentarsi dei vicini rumorosi. Un dato quasi raddoppiato in pochi anni: nel 1992, infatti, era solo 1,75 volte più probabile.

Ma non solo: dallo studio emerge che gli adulti britannici hanno meno probabilità rispetto a quelli di altri paesi europei di impedire agli adolescenti di commettere comportamenti antisociali. Il 65% dei tedeschi, il 52% degli spagnoli e il 50% degli italiani sarebbero disposti a intervenire se vedessero un gruppo di ragazzi di 14 anni vandalizzare una pensilina dell’autobus, mentre solo il 34% dei britannici lo farebbe. I motivi? Il 39% ha affermato di temere di essere attaccato fisicamente, il 14% aveva paura di successive rappresaglie e il 12% temeva di essere maltrattato verbalmente.

Sebbene il timore degli adulti nei confronti degli adolescenti sia un fenomeno certamente reale – del resto, anche nel nostro Paese la metà degli intervistati rifiuterebbe di intervenire per fermare un comportamento antisociale – questa però non è che una delle manifestazioni della pedofobia, che può essere originata anche dal pensiero di bambini molto piccoli certamente non in grado di attaccare né fisicamente né in altro modo gli adulti.

C’è un altro modo di guardare alla pedofobia, meno diffuso ma presente, che la vorrebbe alla base di un sempre più diffuso atteggiamento anti-bambini che si manifesterebbe non solo nella proliferazione di luoghi ed eventi childfree, dai ristoranti ai matrimoni, ma anche, addirittura, nella decisione di non avere figli. Secondo, ad esempio, questo articolo di Reporte Indigo, la volontà di non avere bambini, in questo caso, non sarebbe dovuta a una scelta dettata da libere motivazioni personali o, nel peggiore dei casi, dalla mancanza di condizioni sociali adatte per crescere un figlio, ma da una paura irrazionale – anzi da un vero e proprio odio – come se di fronte al rifiuto della genitorialità dovesse esserci necessariamente qualcosa di patologico e non potesse essere, semplicemente, un altro modo di concepire se stessi e la propria vita.

Non solo: “pedofobia” rischia di diventare un termine “spauracchio”, tradotto come “attacco all’infanzia”, da sventolare istericamente di fronte a tutti quelle questioni – dall’aborto alle varie declinazioni della “teoria gender” – presentate come minacciose e pericolose nei confronti dei bambini e non, invece, come conquiste di civiltà.

Pedofobia, quando i bambini diventano una vera e propria fobia
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