Noa Pothoven, che si è lasciata morire a 17 anni perché già “uccisa” da uno stupro

Noa Pothoven, che si è lasciata morire a 17 anni perché già “uccisa” da uno stupro
Fonte: instagram @noa pothoven
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Noa aveva 17 anni, ma forse aveva già smesso di vivere da almeno tre.

Da quando, cioè, aveva subito il secondo dei due stupri che l’hanno gettata in una parabola di sconforto e paura, da cui lei non è più riuscita a uscire.

La notizia della sua morte è arrivata il 4 giugno, con uno strascico immancabile di confusione e conseguenti polemiche.

Noa Pothoven è ricorsa all’eutanasia per porre fine alla sua giovane vita tormentata.

Questi, in buona sostanza e in parole povere, i titoli che sono apparsi su tutti i principali media internazionali. E subito l’opinione pubblica si è scatenata, dichiarandosi scandalizzata, scioccata.

Com’è possibile che uno stato civile come l’Olanda abbia acconsentito ad assecondare le richieste di questa ragazza caduta in depressione e che non riusciva più a vivere tormenta dal ricordo delle violenze subite? Com’è stato possibile che nessuno, i genitori, le autorità politiche e religiose, non siano intervenute per fermare il folle piano di Noa?

Sono stati i primi pensieri e commenti a questa vicenda che certamente lascia senza parole.

Peccato che, come detto, sia stata generata non poca confusione sul caso di Noa, imprecisioni, false affermazioni, verità che poi non sembrano essersi rivelate tali.

Ora, la prima e doverosa parentesi va aperta su una questione che, a tutti gli effetti, è un fatto: in Olanda l’eutanasia è legalizzata dal 2002 (è stato il primo Paese europeo a varare la norma), e dal 2004, attraverso il protocollo di Groningen, è concessa, chiaramente in casi particolari, anche ai minori dai 12 anni in su, che abbiano ricevuto il consenso parentale e solo in presenza di certificati medici che accertino una sofferenza insopportabile, anche psichica, senza alcuna possibilità di guarigione.

Pare, però, che questo non sia stato il caso di Noa: i suoi genitori, Lisette e Frans, non avrebbero mai dato il loro consenso affinché la figlia ricevesse la “dolce morte”.

Lo avrebbe rivelato lei stessa, in un’intervista del dicembre 2018 concessa al giornale olandese Gelderlander:

Un anno e mezzo fa, una ragazza di 16 anni di Arnhem si è recata alla clinica Levenseind ​​all’Aia senza che i suoi genitori lo sapessero – scrive il giornalista nell’incipit dell’articolo – La sua domanda: ‘Sono idonea per l’eutanasia o l’assistenza al suicidio?’ La risposta è stata ‘no’. ‘Pensano che io sia troppo giovane per morire. Pensano che dovrei completare le cure per superare il mio trauma e che il mio cervello dovrebbe crescere completamente. Che dovrei aspettare i 21 anni. Sono devastata, perché non posso più aspettare così tanto tempo’.

Negli anni seguenti agli stupri Noa ha cambiato, prosegue l’articolo, diversi ospedali e istituti, ha smesso di andare a scuola, è stata curata per l’anoressia. I genitori temevano che potesse togliersi la vita, perché la loro bambina non è mai davvero riuscita a riprendersi da quell’incubo terribile che aveva dovuto vivere.

Di eutanasia, però, si parla solo in quell’articolo: o, meglio, Noa si riferisce a quel singolo episodio del 2016, quando si è recata al Levenseindekliniek.

Il giorno dopo la notizia della sua morte assistita, lanciata per prima da AD, giornale olandese, e poi dal Daily Mail, prima di essere ripresa da tutti i media internazionali, Italia compresa, molti smentiscono la cosa, e raccontano quella che sarebbe la verità: Noa si è lasciata morire.

Lo dice Marco Cappato, dell’associazione Coscioni, lo stesso che accompagnò dj Fabo in Svizzera per morire.

Lo ribadisce Carlo Maresca, anche lui dei Radicali, in diversi tweet.

Cappato, peraltro, a Open ha parlato apertamente di fake news e della disinformazione a proposito della notizia.

Le fake news sono notizie fabbricate appositamente per produrre click e per fare soldi – ha dichiarato il tesoriere dell’associazione Coscioni – Nel caso della falsa notizia sulle modalità della morte di Noa si tratta di una più banale e classica superficialità di una parte ampia del mondo giornalistico che non ha controllato la fonte. Evidentemente dire che una ragazza si è suicidata in altro modo non attira un certo tipo di attenzione, dire che è stata eutanasizzata sì. Questo mi sembra un risultato malato di sensazionalismo.

Cappato ha dichirato di aver contattato un’amica in Olanda per scoprire che i pochi media che ne hanno parlato raccontavano una versione totalmente diversa rispetto a quella pubblicata dai giornali internazionali.

La stessa Noa aveva, a quanto pare, lasciato intuire la decisione di lasciarsi andare, nell’ultimo post Instagram pubblicato; adesso il suo account è stato rimosso, ma le parole di quel post sono state citate dall’Independent:

Ho pensato a lungo se dovessi o meno condividerla, ma ho deciso di farlo comunque. Forse questa sarà una sorpresa per alcuni, visti i miei post sull’ospedalizzazione, ma il mio piano è lì da molto tempo e non è impulsivo.

Andrò dritto al punto: entro un massimo di 10 giorni morirò. Dopo anni di battaglie e trattamenti, sono prosciugata. Ho smesso di mangiare e bere da un po’, e dopo molte discussioni e valutazioni, ho deciso di lasciarmi andare perché la mia sofferenza è insopportabile.

Nel caos generato dalla notizia, c’è anche un altro fatto che sorprende, cui abbiamo accennato poc’anzi: il quasi totale silenzio proprio dei giornali olandesi, che, esclusi i due articoli sopra citati, non hanno praticamente parlato della vicenda. Forse perché intenzionati a rispettare il dolore della famiglia Pothoven, oppure perché non informati a sufficienza da poter fare una cronaca dettagliata degli avvenimenti.

Insomma, la verità è che nessuno ha al momento informazioni certe e inconfutabili che stabiliscano in che modo è morta Noa; se abbia deciso di rispettare quel “piano” di cui ha parlato sui social, lasciandosi morire di fame e sete, o se i medici all’ultimo abbiano deciso di alleviare il suo patimento con un’iniezione. Ma è anche un’altra: che non è davvero importante sapere come abbia scelto di morire, la cosa grave è che abbia voluto farlo.

Che abbia preferito rinunciare alla vita perché incapace di vivere con il peso e il ricordo delle violenze subite, che gli stupri le abbiano reso la vita insopportabile al pari di una disabilità fisica grave, rendendo la sua mente labile e dimostrando, una volta di più, quanto le patologie mentali, pur se invisibili, siano potenti e deleterie.

La cosa che in questa vicenda dovrebbe sconvolgerci è che una ragazza di 17 anni abbia scelto per sé la morte come unica via d’uscita ai suoi problemi, che nessuno abbia potuto salvarla dall’orrore che si portava dentro.

Forse chi porta avanti la bandiera del “se l’è cercata” potrebbe finalmente trovare lo spunto per ragionare sulle proprie affermazioni.

In gallery abbiamo ricostruito la vicenda di Noa con le informazioni che abbiamo a disposizione.