Sotto questo post in cui Nadia Busato risponde a una ragazza di 17 anni che si interroga sul rischio di essere vittima di #sexting, abbiamo dovuto rimuovere vari commenti in cui, senza leggere neppure l’articolo, c’è chi ha pensato bene di chiosare – senza la parafrasi che segue, ripulita dalle volgarità – che basta non farsi filmare per non trovarsi il video di te che fai sesso in rete.
Che è poi, manco a dirlo, la versione moderna del “se ti vesti così te la vai a cercare”.

Fermo restando che chi è incapace di argomentare il proprio pensiero senza insulti e volgarità si definisce da solo per la persona piccola e mediocre che è, forse sarebbe il caso di interrogarsi di più su chi decide di diffondere un video privato in rete, girato con il consenso di entrambi per restare intimo e non per diventare pubblico.

Possiamo non comprendere cosa spinga una ragazza o un ragazzo a filmare i propri momenti più intimi. È lecito. Ci sta. Ma partire dalla colpevolizzazione della vittima perché “non doveva farsi filmare”, invece di concentrarsi sull’ignorante che ha diffuso il video è un punto di vista non solo parziale e discutibile, ma colpevole.

Se vogliamo che i ragazzi e le ragazze vittime di sexting e #bullismo denuncino facciamoli sentire accolti, invece che colpevoli.

Anche perché se la colpa è quella di fidarsi della persona che amano e che pensano non farà mai loro del male – neppure quando e qualora dovessero lasciarla o lasciarsi, in nome del rispetto che due persone si devono a prescindere da come va una relazione -, allora stiamo dicendo ai ragazzi che l’amore è cinismo, opportunismo, calcolo, vendetta e violenza.

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