La notte prima della sua morte, Marilyn Monroe non era riuscita a dormire bene. Che immagine di sé aveva visto allo specchio, svegliandosi nella sua casa di Los Angeles? Forse aveva scorto un volto pallido, esile e stanco. O forse no, perché la sua carriera non era finita come tanti maligni avevano insinuato. A distanza di più di mezzo secolo da quel 5 agosto 1962, giorno in cui il suo corpo venne ritrovato privo di vita nella sua camera da letto, non è ancora ben chiaro cosa sia successo nelle ultime ventiquattro ore della diva più amata di sempre.

La versione ufficiale

La stanza in cui fu trovato il corpo di Marilyn Monroe (Photo by E. Murray/Fox Photos/Getty Images)

Il 4 agosto 1962, un giorno prima di essere ritrovata nuda nel suo letto, con la cornetta del telefono in mano e un flacone vuoto di sonniferi accanto, Marilyn Monroe non era uscita di casa per incontri personali o di lavoro. Non si sarebbe mai fatta vedere in giro senza essersi fatta dare una “sistematina” dal parrucchiere e dalla truccatrice. Aveva 36 anni, un’età critica per una star di Hollywood. E, inoltre, era appena stata licenziata dalla Fox per i suoi continui ritardi sul set del film Something’s Got To Give.

Il verdetto ufficiale del medico legale fu “probabile suicidio”. Marilyn Monroe non era affidabile dal punto di vista personale. Esagerava con gli antidepressivi. Soffriva di diverse malattie psicosomatiche, dovute alla sua perenne ansia. Era terrorizzata all’idea di finire come sua madre, che aveva passato gran parte della sua vita in una clinica psichiatrica. E, dopo la fine del matrimonio con Arthur Miller, la sua vita sentimentale era a pezzi. Certo, la notizia della sua morte fu uno shock per l’opinione pubblica, ma in un certo senso in molti se lo sarebbero aspettato. Ma se non fosse andata davvero così?

I due mesi precedenti

Solo due mesi prima, Marilyn Monroe aveva cantato Happy Birthday, Mr President, durante un’esibizione a sorpresa al Madison Square Garden di New York. Una dedica molto sensuale, in pieno stile Marilyn Monroe, tutta per il “suo” J.F. Kennedy. Era la dea dell’amore, come sempre. Allora cosa era successo in quei due mesi, tanto da portarla al suicidio? Secondo una delle tante teorie riguardanti la morte della star, avanzata dalla biografa Sandra Shevey e ricordata in un articolo dell’Independent, in realtà non si sarebbe trattato di un periodo così triste per lei.

Il trasferimento a Los Angeles, dopo aver passato molto tempo a New York, era stato per lei un nuovo inizio. Si era comprata la sua prima casa e la stava arredando. Era appena finita sulle copertine delle prestigiose riviste Life e Paris-Match. Si era riavvicinata all’ex marito Joe DiMaggio (che sentì al telefono anche la sera prima di morire), l’unico che l’avesse mai amata veramente. E, nonostante il licenziamento dal suo ultimo film, il lunedì seguente, il 6, sarebbe tornata al lavoro per la Fox. Era pur sempre Marilyn Monroe, la diva che valeva milioni di dollari. Inoltre stava pensando di fondare una casa cinematografica insieme a Marlon Brando.

Il dottore, lo psichiatra e la governante

Il funerale di Marilyn (Photo by Keystone/Getty Images)

A dire il vero, ci sono molte ragioni per dubitare delle ricostruzioni ufficiali delle sue ultime ventiquattro ore. Prima di tutto, il medico di Monroe (Hyman Engelberg) chiamò la polizia alle 4.25 di mattina del 5 agosto, ma secondo diverse prove sarebbe morta almeno otto ore prima. Il medico legale, poi, dichiarò che la sua morte era stata forse provocata da un’overdose di 47 pastiglie di Nembutal (un potente sonnifero), ma in realtà non c’era traccia di farmaci nel suo stomaco. Infine, il sergente Jack Clemmons della polizia di LA disse che il suo corpo sembrava essere stato posizionato sul letto. Inoltre, raccontò di aver trovato la governante dell’attrice impegnata a lavare le lenzuola e che la cosa gli era sembrata strana.

La governante si chiamava Eunice Murray ed è considerata ancora oggi una figura chiave nella tragica morte della star. Raccontò che il giorno prima di morire, Marilyn Monroe era di cattivo umore perché aveva litigato con Pat Newcomb, la sua addetta stampa. Disse anche che lei e l’attrice nel pomeriggio erano uscite in macchina, ma senza farsi vedere da nessuno. E fu proprio lei a chiamare Ralph Greenson, psichiatra di Marilyn Monroe, e il suo medico personale, Engelberg. Erano le 3.30 di notte ed Eunice Murray era preoccupata perché non riusciva a entrare dentro la camera dell’attrice. I tre si precipitarono all’esterno e la videro dalla finestra. Greenson disse di aver spaccato il vetro per entrare, ma quando arrivò la polizia la finestra era intatta.

La confessione della governante: il presidente le fece visita

Murray, Greenson ed Engelberg raccontarono più volte quanto successo, cambiando sempre versione. Secondo una teoria, l’overdose di Marilyn Monroe fu accidentale e causata da un disaccordo tra i due medici, che poi avrebbero tentato di coprire tutto con la complicità della governante. Ma c’è anche un altro uomo che potrebbe aver giocato un ruolo importante. Solo nel 1985, dopo aver negato per anni, Murray ammise durante un’intervista alla BBC che Robert “Bob” Kennedy, fratello del Presidente, aveva visitato Monroe durante la sera del 4 agosto.

Pressata dal giornalista, Anthony Summers, Murray disse ‘Perché alla mia età dovrei ancora coprire questa cosa?’. E non si fermò. Alla domanda ‘Pensa che Bobby Kennedy fosse presente quella sera?’, lei rispose con un ‘Oh, certo!’, seguito dal racconto di ciò che era successo quel giorno. ‘Era così su di giri, che le due guardie del corpo di Robert Kennedy dovettero farsi avanti per respingerla’. Perché aveva mentito per tutti quegli anni, dunque? ‘Perché pensavo fosse la cosa giusta da fare’.

A conferma di questa teoria, Sydney Guilaroff, parrucchiere di Marilyn Monroe, rivelò che proprio quella sera l’attrice lo aveva chiamato due volte. Era fuori di sé: gli aveva raccontato che Bob Kennedy era stato da lei per minacciarla. I due avevano avuto una storia e temeva che lei la rendesse pubblica. L’ultima chiamata, Marilyn Monroe la fece alla Casa Bianca, ma non sappiamo con chi abbia parlato.

Il mistero

Fonte: web

Cosa successe davvero? Fu un “normale” suicidio? Furono Eunice Murray, Greenson ed Engelberg a ucciderla accidentalmente, tentando di somministrarle il sonnifero per calmarla? Fu Bob Kennedy, preoccupato all’idea che rivelasse i suoi segreti alla stampa? Impossibile dirlo. Secondo la biografa Sandra Shevey, che ha sentito numerosi amici e testimoni, Bob Kennedy fu in qualche modo responsabile. Pur avendo sempre negato di averla vista prima della morte, avrebbe confessato alla polizia di essere stato da lei quella sera. “Dalle prove risulta che lui quella sera la tenne ferma, mentre lei tentava di divincolarsi, e che il suo dottore le fece un’iniezione”, sostiene la biografa.

Forse non sapremo mai cosa sia accaduto durante le ultime ventiquattro ore di Marilyn Monroe. “Le peggiori mancanze le ho fatte a me stessa, quando ho permesso che mi facessero sentire sbagliata solo perchè non ero giusta per loro”, aveva detto di se stessa. E forse proprio una di queste mancanze l’ha condotta alla morte, prima che avesse il tempo di trovare quell’equilibrio rincorso per tutta la vita.

Marilyn Monroe: le ultime 24 ore di una donna infelice
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