Ruth Bader Ginsburg se n’è andata; la storica giudice della Corte Suprema è morta a 87 anni dopo anni di lotta contro il cancro, il 19 settembre 2020.

Durante la prima proiezione del film basato sulla sua vita, intitolato Una giusta causa e scritto da suo nipote, Ginsburg aveva voluto precisare qualcosa che le stava molto a cuore.

In una scena della pellicola, che vede l’attrice Felicity Jones vestire i suoi panni, viene descritta in difficoltà di fronte a una giuria di giudici federali. “Non mi sono bloccata”, ha precisato piccata, come racconta The Cut. Lei, seconda donna della storia a entrare come giudice nella Corte Suprema degli Stati Uniti, voleva che fosse chiaro a tutti quanto la lotta per arrivare fino a lì fosse stata dura.

Se le regole implicite di Hollywood necessitano che il protagonista/eroe debba essere ritratto in una parabola non scevra di debolezze, utili allo spettatore per empatizzare, nella vita vera non funziona così.

Un giusta causa, girato nel 2018, racconta infatti un periodo particolarmente duro per Ruth Bader Ginsburg, quando sul finire degli Anni Cinquanta riuscì a essere una delle pochissime donne laureate in giurisprudenza all’università di Harvard. Madre di una figlia di soli tre anni, fu costretta a districarsi tra le peripezie di un mondo del lavoro dominato dagli uomini e la grave malattia del marito.

Ma non si arrese mai. Di lei, diventata paladina dei diritti delle donne e icona della nuova ondata femminista, si dicono tante cose: che dorma solo tre ore a notte e si dimentichi di mangiare, che rida poco e sia incredibilmente perfezionista. La cosa certa è che la sua vita merita di essere raccontata.

Oggi, dopo la sua scomparsa, un’altra donna prenderà il suo posto: si tratta di Amy Coney Barrett, 48 anni, madre di sette figli, due dei quali adottati ad Haiti, cattolica fondamentalista e fieramente anti abortista, che sarebbe la prima scelta di Trump. Ma in lizza c’è anche la figlia di immigrati cubani Barbara Lagoa.

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"Peccato che tu sia donna". Immensa Ruth Bader Ginsburg
Fonte: Wikimedia
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