«Ha gestito la sua transizione, ovvero qualcosa di estremamente complicato, con grande stile e grande intelligenza. È una persona articolata e riflessiva e sono molto, molto orgogliosa di lui» – ha affermato Annette Bening sul figlio Stephen Ira. – «Ho imparato che essere genitori significa anche lasciar andare i propri figli. Quando ero più giovane pensavo di poter sempre salvaguardare i miei figli dalla sofferenza, il che ovviamente, era ridicolo. Devono affrontare le loro lotte» ha continuato nell’intervista a AARP nel 2019.

Quella della famiglia Bening-Warren è una storia di presa di coscienza e normalizzazione. Colpisce la naturalezza con cui hanno gestito il percorso di gender affirming del figlio, naturalezza che dovrebbe essere normalizzata, in linea con ciò che Stephen Ira affermò in occasione del suicidio di Leelah Alcorn: «Se non puoi sopportare l’idea di avere un figlio trans, non fare figli».

Stephen Ira
Fonte: twitter @supermattachine

A soli diciassette anni, il 28 dicembre 2014, Leelah decise di togliersi la vita per il peso che comporta nascere in un corpo che non si sente proprio e il rifiuto da parte dei proprio genitori di accompagnare la propria figlia in un momento così delicato. Un gesto “estremo” perché non amare un figlio o una figlia e considerarli un errore, un diverso, significa essere rifiutati da chi ti ha messo al mondo e può toglierti la vita.

Non è l’unico caso. La pubblica opinione italiana è stata recentemente sconvolta dalle registrazioni audio della madre della ventiduenne Malika Chalhy. Cacciata di casa, ripudiata, Malika è l’esempio di come in Italia e nel mondo si faccia ancora faticare a considerare che il proprio figlio possa non seguire la strada battuta dell’eteronormatività e cisgenderismo. In un momento storico in cui la figura genitoriale è sempre di più messa in discussione, è quindi di estrema importanza l’esempio dell’attrice americana, che si dichiara orgogliosa di essere madre di un figlio trans.

Considerano il proprio figlio come “un eroe, un rivoluzionario, un genio”  dicono i genitori Bening-Warren.

Non possiamo sapere cosa hanno provato quando, l’allora quattordicenne ha rivelato di identificarsi in quanto persona transgender. Sappiamo però, che attraverso la loro testimonianza di orgoglio hanno introdotto nella narrazione un nuovo sentimento legato alla normalizzazione, che può e deve diffondersi attraverso i giornali, attraverso mezzi d’espressione

La scelta di Benning non è stata quella di “accettare” il figlio, ma di esserne orgogliosa. La retorica dell’accettazione “nonostante tutto” dovrebbe infatti essere superata. “Accettare” un figlio significa rinunciare a un pezzo di normalità con cui lo si è nutrito. Non dovremmo più solamente accettare i/le figl*, ma esserne orgogliosi perché hanno il diritto di costruire autonomamente quello che vorranno essere e perseguire scelte in merito alla loro identità sessuale in totale indipendenza.

Insomma, se non siete pronti a essere orgogliosi di vostr* figli* in quanto transgender e non solo, se non vi ritenete in grado di amare e accompagnare un/una figli* nel suo processo di crescita e di identificazione, forse dovreste pensarci bene prima di essere genitori.

Sfogliate la gallery per saperne di più sulla vita e carriera di Annette Benning.

Annette Bening, l'orgoglio di essere madre di un figlio trans
Fonte: The Times
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