Le Magdalene laundries dove "sparivano" ragazze madri, bambini e "poco di buono"

Ecco la storia delle Magdalene Laundries, quando le donne venivano "aiutate" imprigionandole e privandole dei figli in nome delle morale, del patriarcato e della religione

Di brutte pagine dell’umanità è piena la storia. E mai abbastanza solo le volte in cui per queste brutte pagine si è quanto meno chiesto scusa. Ma per le Magdalene Laundries è successo, con molti anni di ritardo e sempre troppo poco rispetto a quanto è accaduto, ma per lo meno una presa di coscienza è avvenuta, o almeno questo è quello che si spera.

Scuse avvenute nel 2013 da parte del governo irlandese, per le oltre 10mila donne, giovani ragazze madri, che dal 1922 al 1996 sono state internate nelle Magdalene Laundries, le lavanderie dei conventi, per evitare che il buon nome della loro famiglia venisse intaccato dal figlio concepito fuori dal matrimonio.  Donne costrette a condizioni di vita molto simili alla schiavitù e anche peggio, da cui in tantissime non sono mai uscite, e che anche grazie alle sopravvissute si è scoperta questa terribile vicenda perpetrata a carico di donne innocenti.

Cosa sono le Magdalene Laundries

Una macchina nata dall’unione di un patriarcato radicato nella società irlandese del tempo con il supporto del cattolicesimo e della Chiesa, cosa che ha permesso alla realtà delle Magdalene Laundries di durare nel tempo fino a pochi anni fa. Una “sistemazione” per giovani donne, ragazze madri, che inizialmente venne concepiti come di breve durata, giusto il tempo per riabilitare coloro che vi erano “affidate” con lo scopo di essere poi reinserite in società.

Ma che ben presto divenne un luogo e un’istituzione a lungo termine, in cui spesso si entrava per non uscirne, il tutto coperto dalle famiglie delle donne e dalle monache che gestivano queste lavanderie dell’orrore. Ma anche dagli abitanti delle piccole città in cui erano siti, in cui tutti sapevano ma in cui nessuno parlava, un po’ per quieto vivere un po’ per non avere problemi visto il controllo della chiesa sulla vita collettiva delle persone e di questi luoghi.

La storia e cosa accadeva in queste “lavanderie”

Luoghi in cui le ragazze madri le cui gravidanze erano nate come conseguenza a stupri avvenuti in casa, magari a opera di familiari, rampolli di “buona famiglia”, uomini potenti o sposati, o che erano rimaste incinta al di fuori del matrimonio, venivano rinchiuse, per evitare che la famiglia di origine avesse una macchia di vergogna e disonore a intaccarne il buon nome. Donne a cui venivano tolti i figli, poi dati in adozione a coppie ricche e senza bambini, mentre le madri dovevano rimanere nelle Magdalene Laundries, prigioniere, picchiate, abusate dalle monache, torturate e ridotte a condizioni di lavoro massacrante e fino alla schiavitù.

Luoghi in cui veniva sfruttata la forza lavoro di queste ragazze, che erano solitamente usate come lavandaie, gratuitamente e a ritmi insostenibili, tanto da dar vita a un vero business, quasi come fossero delle lavanderie industriali, ottenendo altissimi profitti che gli ordini religiosi che le gestivano intascavano sulle spalle di queste donne.

Delle lavoratrici, rese schiave in nome della morale, che lavoravano senza pausa, a temperature inaccettabili e che venivano nutrite al minimo della sopravvivenza. E sottoposte a regole severissime da parte delle monache o suore che gestivano le Magdalene Laundries. Regole che includevano pene corporali e punizioni, tanto da essere molto simili alle condizioni vissute negli istituti penitenziari del tempo.

Come sono state scoperte le Magdalene Laundries

Donne che, molto spesso morivano all’interno di queste strutture, senza nemmeno essere sepolte, ma che in alcuni casi, se sopravvissute, hanno avuto il coraggio di denunciare le violenze e le condizioni subite, rompendo una macchina dagli ingranaggi malati e corrotti dal patriarcato e dall’estremizzazione religiosa.

Denunce che hanno trovato ascolto, ma solo dopo la chiusura di questi luoghi, nel 1996, e le scuse ufficiali del governo irlandese nel 2013. Ma cos’ha permesso la liberazione di queste donne dall’incubo delle Magdalene Laundries? Il caso, la fortuna, qualcosa che non è andato come doveva, o forse si.

Le vere condizioni il cui queste giovani donne vivevano, vennero messe in luce nel 1993, quando le suore di un convento di High Park, sito a Dublino, dopo alcune operazioni finanziarie andate male decisero di vendere parte dei loro edifici e del terreno annesso. I nuovi proprietari, quindi, scoprirono una fossa comune e centinaia di corpi sepolti, di cui almeno un terzo non era mai stato denunciato e non ve ne era traccia in nessun tipo di documento.

La reazione delle istituzioni e dell’opinione pubblica

Un caso che risuonò tra l’opinione pubblica e suscitò l’attenzione immediata dei media, dei giornalisti e della politica, soprattutto perché inizialmente il Governo irlandese si rifiutò di ammettere le proprie colpe nella vicenda e di riconoscere la propria responsabilità rispetto alla vita di queste donne, sostenendo che tutto fosse invece nelle mani della chiesa irlandese.

Una vera battaglia verso un’ammissione di colpa che portò alla chiusura dell’ultima Magdalene Laundries nel 1996 e a delle scuse ufficiali del governo nel 2013, dopo un severo intervento a opera della Convenzione delle Nazioni Unite. Un intervento dopo il quale, il governo di Dublino, deliberò dei risarcimenti per 60 milioni di euro a favore delle vittime di questo scempio.

In seguito a questo riconoscimento di colpa e allo smascheramento della macchina di prigionia messa in atto per anni, dal 2014 alcune delle circa 600 donne sopravvissute, si sono fatte avanti, portando alla luce una serie di testimonianze che hanno dell’agghiacciante e che hanno portato a conoscenza di tutto quanto accaduto e legittimato per troppi anni.

Libri e film, le opere nate per denunciare e non dimenticare

Una vicenda vergognosa e che ha trovato voce anche in diverse opere nate con lo scopo di onorare e ricordare le donne che nelle Magdalene Laundries sono morte, private dei loro figli e della vita che avrebbero dovuto vivere. Opere come delle mostre di denuncia o il romanzo di Claire Keegan Small Things Like These – uscito per Einaudi con il titolo Piccole cose da nulla e da cui poi è stato tratto un film, Piccole cose come queste, di Tim Mielants.

Una versione romanzata della vicenda, che è stata ambientata nel dicembre 1985. Bill Furlong, venditore di carbone, sta compiendo le ultime consegne prima di Natale. Una di queste è destinata al convento delle suore del Buon Pastore, luogo con annessa lavanderia in cui già aveva notato lo sguardo terrorizzato di alcune giovani donne. Il giorno della consegna, Furlong scopre una donna semi congelata nella rimessa del carbone, che racconta di essere stata separata da suo figlio appena nato, giusto prima dell’arrivo della Madre Superiora. Saputa questa storia, Bill si prende a cuore la ragazza e inizia ad agire per liberarla, sfidando l’omertà del paese e le insidie che gli si parano davanti.

Un libro e un film che è stato ampiamente accolto e che ha messo in luce una delle pagine moderne peggiori della storia irlandese, dando voce a chi non ha potuto parlare e donando a queste donne la dignità che si sarebbero meritate di avere.

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