È successo a tutte almeno una volta: seduta in treno, in metro o in una sala d’attesa, devi farti piccola, metterti scomoda per fare spazio alla persona che siede accanto a te, alle sue gambe in particolare. Quella persona è quasi sempre un uomo. Sembra una cosa banale, ma il manspreading – così si definisce il fenomeno degli uomini che siedono a gambe larghe – deriva e rafforza i ruoli e i modelli di genere.

Cos’è il manspreading?

Per manspreading (letteralmente “uomo che si allarga”) si intende l’abitudine, tutta maschile, di sedere con le gambe divaricate in luoghi pubblici come mezzi di trasporto – autobus, treni, metropolitana – ma anche sale d’attesa, e quindi invadere lo spazio vitale di chi è seduto loro vicino.

Il termine, nato nel mondo anglosassone e in particolare negli Stati Uniti, dove questo fenomeno è particolarmente sentito dalle donne sui mezzi pubblici, soprattutto in metropolitana, è entrato nel dizionario Oxford nel 2015. Nel corso degli anni, si è diffuso in Asia, soprattutto in nazioni come il Giappone, quindi in Turchia per poi approdare anche in Europa.

Il significato del manspreading

Il manspreading non è solo fastidioso o potenzialmente imbarazzante, come il famoso gomito sul bracciolo del divano: il modo in cui ci muoviamo, stiamo seduti e occupiamo lo spazio, infatti, non è mai neutrale, ma è un linguaggio corporeo che risente dei modelli e dei ruoli di genere.

Donne e ragazze sono educate fin da bambine a farsi piccole, occupare meno spazio possibile e a stare composte, ovviamente con le gambe ben chiuse. Non vale lo stesso per bambini e ragazzi, che vengono abituati a dominare lo spazio, a conquistarlo, anche quando non è il loro, come ne fossero i padroni.

Il manspreading, spiega l’attivista argentina Sil Bentivegna a LiveUnict, è una spia del machismo:

In tutte le società del mondo, lo spazio pubblico è determinato a partire da uno sguardo prettamente maschile, pertanto è costruito da uomini e per uomini. I corpi degli uomini e delle donne sono così letteralmente “collocati” dagli stereotipi. Noi donne tendiamo a farci piccole: il modo adeguato di sedersi di una signorina è con le gambe pudicamente incrociate; cerchiamo sempre di occupare meno spazio possibile e di passare quasi inosservate. Lo stereotipo del genere maschile, al contrario, è dominante: si colloca in maniera decisa e occupa il posto, appropriandosene. Poiché lo fa ‘in maniera naturale’ e sulla base di ‘un comportamento appreso’, un uomo non si accorge neanche che ci danneggia o ci disturba.

Secondo Tanya Vacharkulksemsuk, ricercatrice dell’Università di Berkeley che ha pubblicato uno studio sul manspreading e la sfera sessuale, gli uomini che allargano braccia e gambe sono considerati sessualmente più attraenti, perché più adeguati ai canoni tradizionali della mascolinità e della virilità: le immagini di uomini che “si allargano” avevano infatti registrato l’87% di interesse tra le partecipanti allo studio.

Lo stesso non vale per le donne che, invece, vengono valutate positivamente dagli uomini se si siedono con le gambe incrociate, una posizione che si rifà alla femminilità tradizionale e che, se assunta dagli uomini, già secondo uno studio risalente agli anni ‘70 è percepita come “effeminata”.

Perché gli uomini occupano più spazio?

Secondo i diretti interessati, alla base del menspreading ci sarebbe l’anatomia: gli uomini che si oppongono a questo concetto sostengono, infatti, che il loro essere dotati di genitali esterni voluminosi li obbligherebbe a sedere a gambe spalancate.

Senza entrare nel merito della questione – basterebbe ricordare che non tutti gli uomini hanno dei genitali così “voluminosi” da impedirgli di tenere le gambe chiuse – questa spiegazione è superficiale e, come spesso accade nelle discussioni legati a ruoli di genere, ignora ogni punto di vista che contrasti questo modello che viene semplicemente percepito come “naturale”.

Per gli uomini, però, il manspreading è molto di più. È un’affermazione del loro posto nella gerarchia sociale: in altre parole, è come se dicessero «Sono un maschio e occupo tutto lo spazio che voglio, anche quello degli altri».

Secondo il filosofo argentino Enrique Stola, infatti,

Non c’è alcuna ragione biologica o anatomica che supporti questa invasione dello spazio con l’espansione del corpo maschile… è direttamente correlata all’esercizio del dominio maschile.

E ancora:

Nel processo di socializzazione, vige un ordine di autocontrollo del corpo per le donne, e di espansione e di conquista per gli uomini. Questo si collega direttamente con la pratica della dominazione mascolina: i corpi maschili cercano soltanto la loro comodità, non tenendo conto di coloro che li circondano, specialmente se si tratta di donne o di persone LGBT.

Manspreading: il post di Giulia Zollino

Lui esuberante, invadente, aperto, io contenuta, costretta, attenta a restare nei confini del posto che mi è stato assegnato. ‘Chissà cosa prova’ penso. Chissà cosa si prova a crescere avendo la libertà di esprimere il proprio corpo, di imporsi nello spazio senza sentirsi dire di ‘chiudere le gambe’, di ‘restare composta’ o di ‘fare attenzione sennò le calze si sgualciscono’.⁣

L’autrice, sex educator e antropologa Giulia Zollino ha raccontato in un post sul suo profilo Instagram il suo incontro in aereo con un manspreader. Il post non vuole solo per spiegare il fenomeno e denunciarlo ma anche, e soprattutto, rivolgere un appello a tutti gli uomini, sia quello che sedeva al posto vicino al suo sia a tutti quelli che, ogni giorno, occupano lo spazio altrui: fare uno sforzo e riconoscere il proprio privilegio.

Come affrontare il manspreading?

Ma nell’attesa che gli uomini riconoscano il privilegio – e chiudano le gambe – che fare? E, soprattutto, come fare in modo che chi non esita a occupare lo spazio altrui, condannando gli altri alla scomodità e al rimpicciolimento, si renda conto di ciò che sta facendo e di quello che comporta?

Ci sono soluzioni creative, come quelle dell’artista Laura Laurel che ha ideato “A solution for man-spreading”,

avendolo sperimentato molte volte sui mezzi pubblici e trovandolo spesso molto frustrante, ho deciso che sarebbe stato un problema interessante da esplorare. Questa ricerca mi ha ispirato a creare un paio di sedute; uno per un uomo che li incoraggia a sedersi con le ginocchia unite e uno per una donna che la incoraggia a sedersi con le gambe divaricate. Sebbene la mia indagine tecnica non sia necessariamente intesa come seria o incisiva, penso che queste sedie diano fisicità a un problema che le donne affrontano in un modo piuttosto divertente ma letterale, che è il mio obiettivo principale generale in questo progetto.

Nella pratica quotidiana, è possibile far notare a chi “si allarga” che sta occupando spazio altrui, un intervento che è certamente più efficace se effettuato da un uomo, percepito come un “pari”.

Per un’azione più incisiva, però, è necessario che a prendere coscienza del problema sia la collettività e che le istituzioni preposte intervengano per tutelare chi si è colpito da questo fenomeno intervenendo sulle cause prime.

Le iniziative contro il manspreading

La sensibilizzazione è il primo, necessario, passo per risolvere il problema del manspreading. Come quella della Metropolitan Transportation Authority di New York, che nel 2014 ha cominciato ad esporre cartelli per richiamare chi “si allargava”. O come quella spagnola:

Haces manspreading pero no sabes cómo pararlo? Te ayudamos https://t.co/r6O5FEMAIz #MadridSinManspreading pic.twitter.com/g1JOCIANvl

— mujeresenlucha (@mujeresenluchaa) 5 giugno 2017

Già nel giugno 2017, infatti, nella metropolitana e alle fermate d’autobus di Madrid si sono infatti diffusi dei cartelli che invitano gli uomini a sedersi in maniera composta sui treni e non con le gambe aperte. I cartelli sono stati approntati dalla stessa società di trasporto pubblico, che si chiama Emt, ma la decisione è spettata alla giunta comunale che ha accolto il suggerimento da parte di un movimento che prende il nome di “Mujeres en lucha y madres estresadas”. Il nome significa letteralmente “Donne in lotta e madri stressate”. Queste donne hanno ottenuto dei cartelli con un pentalogo da seguire per poter essere rispettosi delle donne sui mezzi pubblici.

Iniziative simili sono state condotte in molti paesi, come Corea del Sud, Giappone, Turchia e Regno Unito. Non in Russia, dove l’attivista Anna Dovgalyuk nel 2018 ha manifestato versando sull’inguine degli uomini a gambe aperte un mix di candeggina e acqua, per denunciare un problema di cui il mondo iniziava a parlare e che la Russia, invece, consapevolmente ignorava.

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