Se a ciascuno di noi chiedessero di valutare una persona basandoci sul suo amore per gli animali, quasi certamente saremmo tutti d’accordo che li chi li ama profondamente meriti un giudizio positivo.

Eppure, se applichiamo lo stesso principio alle persone che scelgono di non mangiare derivati animali i risultati cambiano, e molto. I vegani, infatti, sono il gruppo sociale che tutti amano odiare. Ma perché? Cos’è la vegefobia e perché è così forte?

Cos’è la vegefobia?

Secondo l’Accademia della Crusca, che l’ha inserita tra le “parole nuove”, “vegetofobia” – ma si usa anche vegafobia o veganofobia – indica

Avversione nei confronti di vegetariani e/o vegani, che si manifesta mediante atti o atteggiamenti di stigmatizzazione, ridicolizzazione o svalutazione, specialmente in relazione alle ideologie antispeciste.

Il termine è stato coniato nel 2003, nel manifesto francese del Veggie Pride, in cui si diceva espressamente che uno degli scopi della manifestazione era proprio «denunciare la vegetofobia»: secondo i promotori, infatti, il vegetarismo era ridicolizzato, diffamato con lo scopo di reprimerne le idee, depotenziandolo attraverso la derisione.

Le ragioni della vegefobia

Secondo una ricerca, solo i tossicodipendenti affrontano lo stesso grado di stigma e i vegani meno popolari di tutti sono quelli che citano la crudeltà sugli animali come motivo. Ma da cosa nasce tutto questo odio?

Basta chiederlo a chiunque: la colpa dell’astio verso i vegani è…dei vegani, ovviamente. «Non sono vegefobico, ma…» sono loro a essere fastidiosi/ipocriti/compiaciuti/irritanti/aggressivi e chi più ne ha ne metta.

Da un lato si promuove l’idea che, nonostante quanto professato, anche i vegani abbiano le mani insanguinate e che il loro stile di vita non sia poi così amico dell’ambiente: due esempi su tutti il costo ambientale di alcune coltivazioni e tutti i topi di campagna uccisi durante la raccolta.

Dall’altro c’è la percezione dei vegani come ossessivi e ossessionati – «Come fai a riconoscere un vegano a una cena? Non preoccuparti! Te lo dirà!» – e petulanti, mentre si sprecano le battute sulla loro alimentazione, a detta di onnivori blanda e insipida, oltre che insalubre.

Eppure, dietro all’avversione e alla derisione per i vegani e il loro stile di vita – spesso accompagnata da una fiera rivendicazione del proprio essere carnivori – c’è di più, qualcosa che ha molto a vedere con noi stessi e molto poco con chi decide votarsi a un’alimentazione interamente vegetale.

Alla base della vegetofobia, infatti, secondo Hank Rothgerber, psicologo sociale della Bellarmine University, c’è il fatto che i vegani ci mettano di fronte al cosiddetto “paradosso della carne”: siamo affezionati al nostro pesce rosso sì, ma amiamo il fish and chips, ci inteneriamo davanti alle foto di teneri coniglietti ma non esitiamo a mangiarli stufati, pensiamo che Babe sia un maialino coraggioso, ma che vita sarebbe senza prosciutto crudo?

Non solo. A questa dissonanza cognitiva si unisce il fatto che «ci sono sempre più prove, sempre più argomenti e sempre più libri su come mangiare carne faccia male» dice Rothgerber «Tuttavia, il nostro comportamento non è cambiato in modo significativo». La tensione morale che deriva da queste consapevolezze può farci sentire stressati, irritati e infelici, ma invece di cambiare le nostre abitudini, incolpiamo qualcun altro, qualcuno che ci mette di fronte alle nostre scuse, smentendole: i vegani.

La veganofobia, però, non è solo una risposta psicologica individuale, ma anche l’effetto di una campagna politico-mediatica: secondo uno studio pubblicato sul The British Journal of Sociology il 74,3 % degli articoli di giornale che nel 2007 parlava di veganismo affrontava la questione in modo superficiale e derisorio, mentre soltanto il 5,5 % degli articoli trattava la tematica in modo approfondito e privo di sterotipi.

Secondo lo studio, inoltre, il continuo aumento di vegetariani in Europa e negli USA desta la preoccupazione delle industrie della carne, che tentano di disinnescare questa minaccia ridicolizzando questa scelta e questo stile di vita.

Come combattere la vegefobia

Combattere la vegefobia non è facile, perché richiede una presa di coscienza e una rivalutazione delle proprie convinzioni cui i vegetofobici sono estremamente restii. La lotta individuale è possibile, ma ancor più preziose sono le iniziative collettive.

Il Veggie Pride, ad esempio, spiega il manifesto La vegefobia. Rifiuto del vegetarismo per gli animali
& discriminazione delle persone vegetariane,

ha lo scopo di denunciare la vegefobia e di agire per contrastarla. Si propone di dare visibilità a coloro che rifiutano di far uccidere animali per il consumo umano. Il suo obiettivo è quello di mostrare pubblicamente l’esistenza dei vegetariani (per gli animali) e la loro solidarietà con le vittime dello sfruttamento animale, della macellazione e della pesca.

Il primo passo è prendere consapevolezza dell’esistenza della vegefobia e denunciarla: a questo scopo, esiste il sito internet Vegephobia, che ha l’obiettivo di raccogliere le varie testimonianze e analizzarle affinché sia più difficile negare la realtà della vegefobia e se ne possa rilevare l’importanza.

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