Secondo uno studio condotto dai ricercatori dell’istituto svedese Karolinska, quasi il 70% delle donne che subiscono uno stupro non è in grado di reagire e tende a immobilizzarsi completamente durante l’aggressione.

Sebbene molti credano che la resistenza attiva sia la “normale” reazione a uno stupro, gli studiosi hanno rilevato che, analogamente agli animali, gli esseri umani esposti a minacce estreme possono reagire con uno stato di inibizione motoria temporanea e involontaria, noto come immobilità tonica.

Lo scopo dello studio svedese era quello di valutare l’insorgenza dell’immobilità tonica durante uno stupro e il successivo disturbo da stress post-traumatico che può sfociare in depressione.

A rendere possibile l’analisi dell’immobilità tonica è stata la Tonic Immobility Scale. Si tratta di un nuovo metodo di misura ideato appositamente per valutare la presenza e il grado di gravità dell’immobilità tonica. Lo studio ha preso in esame 298 donne che avevano visitato la clinica di emergenza per donne violentate entro 1 mese dall’aggressione sessuale.

Delle 298 donne prese in esame, il 70% ha riferito di essere stato incapace di reagire all’aggressione. Il 48% ha inoltre sperimentato un’immobilità tonica estrema durante la violenza sessuale.

Gli studiosi hanno anche rilevato che l’immobilità tonica è quasi sempre associata allo sviluppo del disturbo da stress post-traumatico e della depressione grave.

Immobilità durante uno stupro: cosa accade nel cervello della vittima

Una ulteriore ricerca della National Library of Medicine ha evidenziato che durante un’aggressione sessuale si attivano i ricettori della paura nel cervello (a livello dell’amigdala). Questi ricettori inibiscono qualunque movimento. La corteccia prefrontale può essere gravemente danneggiata dall’ondata di sostanze chimiche prodotte dallo stress del momento, e la vittima è portata a rispondere all’attacco con semplici riflessi inconsci e abitudini. Succede tutto in un lampo, al di là del controllo cosciente. Gli occhi si allargano, le pupille si dilatano, l’udito diventa più acuto.

Come riporta il Washington Post, alcune persone descrivono di essersi sentite “come una bambola di pezza” durante l’aggressione. In alcuni casi può inoltre verificarsi un rapido calo della frequenza cardiaca e della pressione sanguigna, che porta allo svenimento. Alcuni descrivono la sensazione come simile al sonno.

Molte delle vittime si incolpano di non essere riuscite a opporre resistenza e se ne vergognano, benché si tratti di una risposta del tutto naturale dell’organismo.

Quello che è avvenuto “non è colpa tua”, afferma Silvia Masserini, psicoterapeuta relazionale. “Quello che puoi pensare dopo, o che possono pensare gli altri, è diverso perché non è una reazione viscerale. Dal divano di casa mia, infatti, posso analizzare le opzioni, ma nel momento del pericolo no”.

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