Hai pensieri suicidi? Non sei sola/o. Leggi qui

La pandemia ha influenzato molto la nostra salute mentale, e sempre più persone chiedono aiuto perché pensano al suicidio. Ecco come possiamo aiutarle e intervenire per dare loro sostegno, nella giusta maniera. Imparando, prima di tutto, a parlarne correttamente.

La pandemia ha causato danni, spesso irreparabili, a moltissimi aspetti delle nostre vite, compresa la salute mentale, che è uscita minata dai mesi di lockdown, di distanza sociale forzata e dall’incertezza per il futuro.

Non c’è nessuna vergogna nel parlare dei propri problemi di salute mentale, né, ovviamente, nel chiedere aiuto, soprattutto perché spesso i disturbi mentali possono sfociare in pensieri suicidi; non è un caso se, in concomitanza con la pandemia, la preoccupazione più grande è stata legata proprio a un possibile aumento dei casi di persone che si tolgono la vita.

È importante sapere di non essere soli, e lavorare insieme per togliere quello stigma che ancora oggi, troppo spesso, impedisce alle persone di parlare liberamente della propria salute mentale, soprattutto considerando il fatto che si potrebbero salvare delle vite.

Suicidi: alcuni dati recenti

Va detto che, in realtà, non c’è stato un aumento nel numero di suicidi, per fortuna, dall’inizio della pandemia; dalla prima fase del lockdown, nel marzo del 2020, al maggio dello stesso anno, sono state 25 le persone che si sono suicidate per motivi economici, e altre 21 hanno tentato di togliersi la vita, secondo i dati della Link Campus University riportati da La Stampa: parliamo del doppio del numero di suicidi registrati nei mesi di marzo e aprile dell’anno precedente. Ma è stato, fortunatamente, un caso isolato, perché nei mesi successivi, in generale, non si sono registrati incrementi in questo senso, grazie anche all’opera delle associazioni di ascolto e alle opportunità di aiuto offerte.

In aumento le richieste di aiuto

A fronte di nessuna variazione annuale nel tasso dei suicidi – per fortuna -, nell’anno appena passato sono invece cresciute le segnalazioni e le richieste di aiuto. Nella prima metà del 2021 sono state circa 3 mila le persone che si sono rivolte all’organizzazione di volontariato Telefono Amico Italia, sia perché preoccupate per i possibili pensieri suicidi di un amico o conoscente, sia perché loro stesse attraversate da questo genere di pensiero; sono il triplo rispetto alle segnalazioni del periodo pre Covid e, in generale, confrontando il primo semestre del 2020 e quello del 2021 si nota un drastico aumento delle segnalazioni legate al suicidio, di oltre il 50%.

Se si pensa che ai fini della salute mentale hanno rilievo vari fattori, tra i quali, le relazioni sociali, la partecipazione all’ambiente collettivo e l’adattamento alle condizioni esterne, una percezione positiva di sé, un equilibrio del mondo interno e la consapevolezza di proprie emozioni, sentimenti e modalità relazionali, è facilmente comprensibile come la pandemia da Covid-19, che ha comportato stress e incertezze per il futuro, solitudine, isolamento sociale, cambiamento delle abitudini e delle routine con perdita dei riferimenti, riduzione delle interazioni e delle attività, possa aver impattato negativamente la salute mentale delle persone negli ultimi 18 mesi, specie coloro con meno risorse interne ed esterne.

Spiega la professoressa Michela Gatta, Direttrice dell’Unità Operativa di Neuropsichiatria Infantile dell’Azienda Ospedale-Università di Padova.

Parliamo però, lo ripetiamo, di segnalazioni, ovvero telefonate, messaggi, richieste di aiuto e supporto, che probabilmente hanno salvato queste persone. Riconoscere di avere un problema di questo tipo – e secondo un sondaggio condotto dall’Ordine degli psicologi (CNOP) italiano, 8 italiani su 10 hanno affermato di aver bisogno di supporto psicologico per superare la pandemia – è il primo, e più fondamentale passo, per uscirne.

Come chiedere aiuto

Secondo l’International Association for Suicide Prevention (IASP), un’associazione affiliata all’Organizzazione Mondiale della Sanità, il suicidio è, ogni anno, tra le prime 20 principali cause di morte per persone di tutte le età e la terza causa di morte tra i ragazzi di 15-19 anni. È responsabile di oltre 800.000 morti, ovvero un suicidio ogni 40 secondi, come spiega l’ISS.

Lo spettro dei comportamenti suicidari va dall’ideazione suicidaria, da pensieri sino a veri e propri piani di suicidio, a gesti autolesivi, fino al tentato suicidio e, ovviamente, alla riuscita del proprio intento, che è ciò che si vuole scongiurare. Per questo è di fondamentale importanza cogliere certi segnali di pericolo e, soprattutto, convincere la persona a chiedere aiuto, anche se pure conoscenti, familiari e amici che temono per la salute mentale di un caro possono rivolgersi alle associazioni dedicate.

Cosa fare allora per chiedere sostegno in caso si abbiano pensieri suicidi, o si tema che qualcuno vicino a noi li abbia?

1. Cercate il Centro per la Salute Mentale più vicino a voi

Ci sono CPS (Centri Psico-Sociali) in ogni regione italiana; è sufficiente cercare quello di riferimento più vicino alla propria zona. In questi centri si ha prevenzione, diagnosi, cura e un eventuale reinserimento sociale di pazienti con patologie mentali, grazie a visite ambulatoriali a domicilio, somministrazione di farmaci, assistenza presso centri specializzati, consulenza psicologica a pazienti e famiglie, assistenza presso gli ospedali.

2. Rivolgetevi a Telefono Amico Italia

Potete contattare Telefono Amico, che dal 1967 si occupa della prevenzione di suicidi, attraverso il numero telefonico unico 02 2327 2327,
la chat WhatsApp al 324 011 7252 e la Mail@mica, attraverso la compilazione di un form anonimo sul sito.

3. Fate attenzione ai segnali

Se pensate che qualcuno di vostra conoscenza possa avere pensieri suicidi, prestate attenzione ad alcuni comportamenti particolari.

I segnali a cui prestare attenzione – spiega la dottoressa Gatta – sono quelli che ci dicono che la persona soffre psicologicamente in modo intollerabile e insopportabile e si sente senza soluzioni e senza possibilità di aiuto, quindi, ad esempio, cambiamenti affettivo-comportamentali, soprattutto chiusura e ritiro; verbalizzazioni di autosvalutazione e negativismo estremi; demotivazione e disinvestimento da attività, oggetti, persone; autolesionismo. È importante parlarne, evitare che la persona si senta sola, ed eventualmente attivare un percorso di valutazione psicologico-psichiatrica.

4. Imparate a comportarvi al meglio nei confronti di chi ha pensieri suicidari

Per sostenere e aiutare una persona con intenti suicidi è importante imparare prima di tutto a non giudicarne i pensieri, non sminuirli, e non farla sentire anormale perché li ha. Cercate di trovare del tempo per parlare con lei, datele un appuntamento per dialogare insieme. Non basatevi sulle vostre sensazioni o esperienze personali, quel che a voi può sembrare di poca importanza è il motivo per cui lui/lei sta avendo quel genere di pensieri.

Linee guida per informare e aiutare: il ruolo dei media

Imparare a parlare correttamente di suicidio può altresì rappresentare uno strumento importante per la prevenzione e l’aiuto alle persone che stanno pensando di togliersi la vita, e in questo senso i media svolgono, ovviamente, un ruolo primario; in questo senso la World Health Organization elenca alcune semplici “regole” per imparare a usare un linguaggio adatto per affrontare un tema del genere.

In particolare, quel che bisogna fare è:

  • Fornire informazioni accurate su dove cercare aiuto.
  • Educare il pubblico limitandosi ai fatti relativi al suicidio e alla prevenzione del suicidio, senza diffondere falsi miti.
  • Occuparsi di come affrontare i fattori di stress della vita o i pensieri suicidi.
  • Usare particolare cautela quando si parla di suicidi di celebrità.
  • Mostrare compassione quando si intervistano le famiglie in lutto o gli amici.
  • Riconoscere che chiunque possa essere colpito quando si parla di suicidio.

Cosa non fare

  • Non mettere storie di suicidio in posizioni di rilievo nei giornali e nei siti web e non ripetere indebitamente storie di suicidio.
  • Non usare titoli sensazionalistici.
  • Non usare un linguaggio che sensazionalizzi o normalizzi il suicidio, o lo presenti come una soluzione costruttiva ai problemi.
  • Non descrivere esplicitamente il metodo usato.
  • Non fornire dettagli sul sito/luogo.
  • Non usare fotografie, filmati o link di social media.

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