Il momento dell’Università rappresenta per molte persone un nuovo inizio e nuovi orizzonti. Soprattutto per chi, per necessità o desiderio, lascia la città d’origine e decide di spostarsi, rappresenta veramente l’inizio di una nuova vita, con nuove sfide e ostacoli. Per le studentesse fuorisede, ad esempio, anche accedere alle cure del medico può essere un problema.

Studentesse fuorisede: chi sono?

Alcune preparano la valigia solo per la settimana e vanno a vivere nella grande città più vicina al paese, a cui tornano ogni weekend. Altre attraversano l’Italia e si spostano in piccole o grandi città lontane da quella di origine, che diventa la loro nuova casa. Altre ancora, scelgono l’estero, in pianta stabile o attraverso il progetto Erasmus.

Capire quante sono è complicato: non esiste un censimento degli studenti fuorisede, sebbene l’Istat abbia provato a misurare il fenomeno, pubblicando una statistica sperimentale misurando la “popolazione insistente”, ovvero quella che si trova sullo stesso territorio, inserendo i dati relativi agli studenti fuorisede, calcolando per ogni città universitaria d’Italia il numero di iscritti residenti in altro comune.

Anche un report dell’Osservatorio Talents Venture aveva provato a fotografare il fenomeno, registrando nel 2019 un aumento degli studenti fuorisede (quasi uno su tre), in particolare nel sud Italia: se, infatti, circa il 20% degli studenti residenti nel Centro Italia ed il 22% nel Nord Italia decide di andare a studiare fuori regione, ben il 32% tra i ragazzi provenienti dal Sud e Isole è fuorisede.

Questi dati, però, non solo non tengono conto delle profonde modifiche portate dal Covid, ma non ci dicono nemmeno la percentuale di ragazze fuorisede. Sebbene sappiamo che la presenza delle matricole femminili è più alta rispetto ai loro corrispettivi maschi, non possiamo nemmeno applicare la stessa proporzione per calcolare quante ragazze decidono di spostarsi dal luogo di residenza per studiare.

Questo è vero soprattutto se si parla di programmi internazionali, ma rimane valido anche per gli spostamenti nazionali o interregionali: se gli studenti maschi, infatti, sono più spesso spinti all’intraprendenza e alla mobilità, le ragazze sono ancora troppo spesso vittime di una mentalità che ha per loro aspettative sociali e culturali diverse, che ostacolano più che favorire questo tipo di spostamenti.

Non solo: se pensiamo, ad esempio, all’Erasmus, il progetto di mobilità universitaria nato in Europa ma ora disponibile a livello internazionale, è noto come se si tratta di ragazze questo venga spesso stigmatizzato in ottica sessista. Le studentesse che partono per andare all’estero, infatti, sono spesso accusate di voler partire solo «per poter fare le poco di buono», rafforzando l’idea che la vita da fuorisede non si confaccia alle “ragazze perbene”.

Il problema della salute delle studentesse fuorisede

La pressione e le aspettative sociali, però, non sono che una parte dei problemi delle studentesse fuorisede, che spesso devono superare ostacoli di ordine molto più pratico. Tra questi non ci sono solo i problemi quotidiani, cui all’estero si aggiunge la lingua, ma anche e soprattutto la difficoltà di accedere alle cure di un medico.

Questo accade non solo all’estero, in cui le problematiche sono chiaramente maggiori, ma anche all’interno dell’Italia. Spostare il medico curante nella città di domicilio, infatti, non è sempre facile e spesso richiede una lunga trafila burocratica. Per questo ci si ritrova a dover fare ancora affidamento al “dottore di famiglia”, con tutti i disagi che questo comporta, talvolta rimandando visite e prescrizioni anche di diversi mesi, in attesa di fare ritorno alla residenza.

Studentesse fuorisede e salute sessuale

Se la lontananza del supporto del medico può essere un problema in ogni fase della vita, in una fase come quella dell’Università può concretizzarsi anche, e soprattutto, nel mancato accesso alle giuste cure in ambito ginecologico e sessuale, soprattutto per quelle ragazze che fanno uso di contraccettivi ormonali.

Non a caso, sono sempre di più le studentesse fuorisede che preferiscono ordinare online la pillola – come Yasmin – attraverso farmacie di fiducia online. La procedura è molto semplice: il primo passo è assicurarsi l’affidabilità della farmacia, verificando che siano sempre chiaramente indicati l’indirizzo e numero di registrazione della farmacia locale a cui si appoggia, contatti del servizio clienti in italiano e nomi dei medici autorizzati.

Una volta assicurato questo – fondamentale – passaggio, è possibile compilare un consulto a distanza; un medico lo valuterà prima di emettere la prescrizione per la pillola anticoncezionale che, una volta confermato l’ordine, sarà spedita direttamente all’indirizzo del domicilio in confezioni da 3 o 6 scatole.

Un adeguato supporto ginecologico non è però fondamentale solo per chi prende la pillola: per essere sicure di essere seguite in maniera continuativa, una soluzione è quella di rivolgersi ai consultori, presenti su tutto il territorio nazionale. Queste strutture sono “ad accesso diretto”, quindi senza bisogno di ricetta, e generalmente è possibile accedervi o negli orari di apertura indicati o tramite appuntamento.

Non si tratta di semplici ambulatori dove fare controlli periodici, ma di luogo nati per rispondere a dubbi e domande di ogni genere rispetto a contraccezione, gravidanza e altre problematiche, soprattutto femminili: qui sono presenti specialisti che potranno dare il giusto sostegno a chi per lontananza non può rivolgersi al medico di fiducia o a chi non può permetterselo.

L’accesso al queste strutture e ai suoi servizi, infatti, è libero e gratuito, tranne per alcune prestazioni specialistiche.

Studentesse fuorisede e mantenimento economico

Anche l’aspetto economico non è da sottovalutare quando parliamo di studentesse fuorisede, e non solo per quanto riguarda l’accesso alle cure. Chi ci è passato sa quanto sia economicamente gravoso mantenersi in un’altra città mentre si studia, soprattutto se non si vuole o non si può fare affidamento sul sostegno della famiglia di origine.

Se sono molte le studentesse fuorisede che scelgono o devono trovare un lavoro – a volte più di uno – per potersi mantenere durante gli studi, sempre di più sono le ragazze, ma anche i ragazzi, che scelgono il sex working come mezzo di sostentamento.

Si parla sempre più spesso di sugar daddy e sugar baby, e quasi sempre il dibattito si gioca sui poli opposti di moralità/sfruttamento ed emancipazione e, quindi, la libertà di ragazze e ragazzi di decidere cosa fare del proprio corpo (ricordando sempre, però, che nel nostro paese il sex work è ancora illegale).

Forse, dovremmo ascoltare di più le voci di queste sugar babies, nel cui vocabolario la parola “sfruttamento” non compare e che invece, rivendicano la libertà di scegliere come vivere e come guadagnare i propri soldi

Ci assumiamo un rischio quasi imprenditoriale – dicono – liberi di smettere in qualunque momento. Mai accetteremmo di farci controllare da altri, anche se a volte capita che qualcuno si faccia avanti dicendo di volerci proteggere”. La studentessa di Economia racconta poi che ha cominciato “questo lavoro due anni fa”, e “lo farò ancora per quattro o cinque, non di più”. Il motivo? “Mi rifiuto di abitare in un bilocale in periferia in quattro, così invece posso stare appena un po’ più comoda, in zona Isola, mi pago gli studi e soprattutto metto da parte i soldi che mi serviranno per fondare una start up o aprire un negozio tutto mio, invece che restare disoccupata”.

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