"Una donna promettente" e il risarcimento alle donne che se la vanno a cercare

"Le ragazze serie non vengono violentate": la cultura dello stupro, che vuole la vittima in parte responsabile della violenza subita, ancora persiste in una larga fetta della società. Se non vogliamo trasformarci in vendicatrici è ora di formulare una nuova alleanza tra i sessi.

Una festa, fiumi di alcol, del sesso non consenziente, un video dello stupro di gruppo, una vittima non creduta, e colpevolizzata a sua volta, che si vergogna tanto da togliersi la vita: è un evento che procede pressoché identico nei fatti – nella cronaca come nei film – quello che scatena la vendetta di Cassie, protagonista di Una donna promettente (Promising Young Woman).

Sulla vittimizzazione secondaria si sono spese ingenti quantità di inchiostro, nel tentativo – al momento vano – di sensibilizzare l’opinione pubblica nei confronti di una pratica che continua a giustificare quella colpevolizzazione della vittima denunciata a parole ma ancora viva e vegeta.

Cassie si ribella alla cultura dello stupro e mette in atto un rituale capace di mettere il molestatore dinnanzi al suo atteggiamento predatorio: lo fa quando viene molestata sessualmente, quando subisce catcalling, di fronte al revenge porn. Cassie non indietreggia, perché la sua rabbia e il suo dolore le fanno perseguire una missione più importante della salvaguardia della propria vita. Cassie, però, non è tutte le donne. Alle donne ancora oggi è impedito “passeggiare liberamente la notte“, per usare le parole della poeta Sylvia Plath: se lo fanno è a loro rischio e pericolo. A uscire col buio da sole, a ubriacarsi, a frequentare un gruppo di uomini, se la vanno a cercare.

Una regola non scritta ma ampiamente condivisa dalle stesse donne, come fa notare una compagna del college: “Non puoi essere di continuo ubriaca fradicia e aspettarti che si sia dalla tua parte se succede qualcosa“. A noi non è concesso, come non ci concedono il beneficio del dubbio; quello è riservato solo ai ragazzi, ché non gli si rovini il futuro credendo alle accuse di una amica che aveva bevuto troppo, che aveva una gonna troppo corta, un rossetto troppo rosso, che troppo si vuole divertire.

In Italia, secondo uno studio Istat del 2014, sono 6 milioni 788 mila (il 31,5%) le donne tra i 16 e i 70 anni che nel corso della propria vita ha subito una qualche forma di violenza fisica o sessuale: il 20,2% (4 milioni 353 mila) ha subìto violenza fisica, il 21% (4 milioni 520 mila) violenza sessuale, il 5,4% (1 milione 157 mila) le forme più gravi della violenza sessuale come lo stupro (652 mila) e il tentato stupro (746 mila).

A oggi, persiste il pregiudizio che addebita alla donna la responsabilità della violenza sessuale subita. Di nuovo l’Istat: il 39,3% della popolazione ritiene che una donna sia in grado di sottrarsi a un rapporto sessuale se davvero non lo vuole. Anche la percentuale di chi pensa che le donne possano provocare la violenza sessuale con il loro modo di vestire è elevata (23,9%). Il 15,1%, inoltre, è dell’opinione che una donna che subisce violenza sessuale quando è ubriaca o sotto l’effetto di droghe sia almeno in parte responsabile. Per il 10,3% della popolazione spesso le accuse di violenza sessuale sono false (più uomini, 12,7%, che donne, 7,9%); per il 7,2% “di fronte a una proposta sessuale le donne spesso dicono no ma in realtà intendono sì”, per il 6,2% le donne serie non vengono violentate. Solo l’1,9% ritiene che non si tratta di violenza se un uomo obbliga la propria moglie/compagna ad avere un rapporto sessuale contro la propria volontà.

Sono percentuali da brivido, senza contare che basterebbe la convinzione di una sola persona della veridicità di almeno uno degli stereotipi di genere come campanello d’allarme per una società ancora fortemente maschilista, violenta e retrograda. Allora forse il richiamo alla sorellanza, alla solidarietà femminile, non basta più: è un nuovo patto uomo-donna, un’alleanza di generi, a essere urgente nella sua formulazione, per non subire più molestie e violenze ma anche per non trasformarci in virago o in vendicatrici. È solo con l’educazione affettiva e sessuale da impartire all’uomo come alla donna che si potrà raggiungere una diversa cultura attraverso la quale sia permesso a ogni individuo di sentirsi libero e al sicuro, di giorno come di notte, a casa come per strada.

Una donna promettente
Carey Mulligan in “Una donna promettente” (Credit: Courtesy of Focus Features)

Perché vedere Una donna promettente

Una donna promettente (Promising Young Woman) è molto più di un film a metà tra il thriller femminista e la commedia romantica: è un ritratto amarissimo di una società che ancora oggettifica il corpo delle donne e difende il predatore “vittima” dei propri istinti. Il maschio alla sua indole venatoria non rinuncia e a passargli troppo vicino si rischia di essere bottino di caccia.

A tutto questo, Emerald Fennell, regista, sceneggiatrice e produttrice del lungometraggio (volto noto ai fan della serie tv The Crown per la sua interpretazione di Camilla Parker Bowles), risponde con un’ironia macabra ma godibilissima, capace di divertire e far riflettere insieme.

Ritmo sostenuto e colori acidi supportano la storia nei 108 minuti del suo dipanarsi con una leggerezza tutt’altro che scontata, visto il tema affrontato. Brava Carey Mulligan che per il ruolo della protagonista si è aggiudicata una candidatura agli Oscar (battuta però dalla Frances McDormand di Nomadland), aiutata dai costumi studiatissimi di Nancy Steiner.

Di nuovo, però, se ne consiglia la visione in versione originale, anche per ovviare l’increscioso doppiaggio di Laverne Cox (attrice trangsender diventata famosa per aver prestato il volto a Sophia Burset in Orange is the New Black), a cui è stata assegnata ancora la volta la voce maschile di Andrea Lavagnino. Una scelta fortemente contestata, che ha spinto la Universal a tornare in cabina di doppiaggio, tanto da far slittare la data di uscita. Una donna promettente (Promising Young Woman) resta comunque un ottimo modo per tornare a godere del cinema in sala.

Una donna promettente
Carey Mulligan in “Una donna promettente” (Credit: Courtesy of Focus Features)

La scheda del film con Carey Mulligan

Presentato in anteprima al Sundance Film Festival 2020, Una donna promettente (Promising Young Woman) era previsto in sala in Italia dal 13 maggio 2021, distribuito da Universal Pictures. Ora invece è stato rimandato al 24 giugno data la scelta di cambiare il doppiaggio di Laverne Cox.

Il film, scritto e diretto da Emerald Fennell, al suo esordio dietro alla macchina da presa, ha vinto un Oscar e un Bafta per la migliore sceneggiatura originale ed è stato nominato ad altre 4 statuette (miglior film, miglior regia, migliore attrice e miglior montaggio), battuto invece da Nomadland e dalla regista Chloé Zao.

Cassandra Thomas lavora in una caffetteria, vive con i suoi genitori, non ha amici, né fidanzato, né ambizioni. La notte, però, gira bar e discoteche in vestiti succinti fingendosi ubriaca alla ricerca dell’attenzione di uomini che non si fanno problemi ad approfittare di una donna quando si creano le giuste circostanze. Quando arriva il momento giusto, smaschera ogni potenziale predatore, con una lezione su come debbano essere trattate le donne. Il rituale prosegue ogni sera identico al giorno prima finché un incontro inatteso sembra darle l’opportunità di rimediare ai torti del passato.

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