Zac Efron compie 33 anni e se l’ultima immagine che avete di lui è quella dell’efebico Troy Bolton di High School Musical dovete aggiornare la vostra memoria. È da tempo che l’attore infatti si sta impegnando per scrollarsi di dosso la nomea di principino Disney e tra pellicole più impegnate (vedi Ted Bundy – Fascino criminale) a quelle più demenziali (vedi il reboot di Baywatch) a crescere non è stata solo la fama dell’uomo, ma anche la sua massa muscolare.

Nell’attuale Zac Efron ce ne stanno almeno un paio di Troy Bolton, trasformazione che forse ha seguito i gusti delle ragazze che innamorate del liceale, ora non disdegnano pettorali e addominali dell’uomo.

Tanto che anche a fronte dell’ultima lavorazione di Efron, la docu-serie targata Netflix uscita a luglio, Con i piedi per terra (una serie che in compagnia dell’imprenditore del benessere Darin Olien esplora il pianeta alla ricerca dei “segreti” sostenibili e salutari per vivere meglio e in armonia) non sono poche le voci che più che sulle tematiche ambientaliste si sono soffermare a commentare i muscoli imperlati di sudore del buon Zac intento in saune improvvisate in mezzo alla giungla.

In parziale difesa di questi commenti maliziosi c’è da dire che né la regia, né il montaggio hanno fatto nulla per tenere nascosto lo charme del ragazzo, senza il quale, con i suoi occhi blu e il sorriso smagliante, probabilmente la docu-serie non sarebbe mai nemmeno partita.

Però c’è un chiaro problema se, a fronte non del reboot da botteghino di bagnini palestrati, ma di un documentario voluto e coprodotto dallo stesso Zac, che affronta tematiche serie e importanti, quello su cui ci si concentra (e non parliamo solo dei commenti da bar, ma anche di prestigiose testate che se ne sono occupate) è solo la prestanza fisica dell’attore.

Un po’ come a dire “chi se ne frega di ciò che Zac ha da dire, l’unica cosa che conta sono i suoi muscoli”. Un approccio che non ci sarebbe stato, a parità di tematiche, se il presentatore fosse stato meno prestante. Si tratta insomma della cara e vecchia ipersessualizzazione, grazie alla quale una persona diventa solo il suo corpo, mentre le sue parole si perdono sotto il peso dei sogni erotici delle/degli spettatrici/tori.

A differenza di quanto sarebbe accaduto se Zac fosse stato una donna, però, pare che nessuno abbia pensato che tutto ciò fosse un problema.

È dunque palese che esista un doppio standard nel giudicare questi meccanismi svilenti, vi è infatti molta disparità tra la sensibilità e l’indignazione per l’ipersessualizzazione femminile e quella maschile.

Come spiega bene Elisabetta Moro in questo articolo di The Vision, c’è però un valido motivo se questo doppio standard esiste. Infatti anche gli uomini vengono oggettificati, ma la cosa non può essere paragonata a ciò che subiscono le donne. Per questioni numeriche, innanzitutto, ma anche storiche e contestuali all’ambiente in cui ciò avviene. Insomma: l’ipersessualizzazione femminile è sistematica e vigente da secoli, una torto di tali elefantiache dimensioni che quella maschile, a confronto, appare ancora, inevitabilmente, come un’eccezione, incapace quindi di suscitare la medesima indignazione.

Chiarito ciò, non è comunque sufficiente per liquidare la faccenda come una lagnanza di poco conto.

L’ipersessualizzazione è sbagliata di per sé, e chi giustamente la combatte per un genere, non dovrebbe cadere nell’errore di perdonarla quando a subirla è l’altro.

Non si tratta di una gara, ovvio. Non aggiunge e non toglie nulla alle lotte femministe il fatto che anche gli uomini sono ipersessualizzati. Dovrebbero essere due battaglie che proseguono all’unisono. Purtroppo non è sempre così, come affrontato in questo articolo, per esempio, quante donne, in prima linea per contrastare il body shaming, si sono poi ritrovare a deridere le scarse dimensioni intime di un uomo?

Più che prendercela con queste “femministe distratte” però, dovremmo essere noi uomini i primi a interrogarci sulla legittimità dei meccanismi che ci interessano. È ovvio che le donne, attraverso le varie ondate del femminismo, si siano occupate delle declinazioni del patriarcato che andavano a loro sfavore. Semplicemente hanno cercato di trovare soluzioni a problemi che le riguardavano in prima persona.

È perciò stupido da parte degli uomini accusarle di essersi disinteressate dei problemi maschili. Perché mai dovrebbe essere compito loro? Iniziamo noi a portare avanti le battaglie che ci interessano, ma facciamolo con intelligenza e non tramutando il tutto in una litigio tra bambini, perennemente in competizione tra loro.

Inizio quindi io, ribadendo quanto sia inaccettabile zittire uomini come Zac, soprattutto quando hanno da dire cose importanti, solo in virtù della loro bellezza.

Che lui sia un bel ragazzo non dovrebbe influire sui contenuti portati avanti dalla serie, o meglio: che ciò permetta di aumentare l’appeal iniziale è scontato (quante persone avrebbero guardato un’intera serie che parla di energie rinnovabili e crioconservazione delle patate se Zac non si fosse messo a sudare sotto foglie di banano?) ma così come dovrebbe essere nei confronti di una donna, oltre ad ammirare il corpo occorre anche ascoltare ciò che la bocca attaccata a quel corpo ha da dire. Sì, anche se è quella di un uomo.

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