Il bodyshaming fa schifo sempre, anche quando ridicolizza chi ha il pene piccolo

Il body shaming non è tale solo se fatto nei confronti delle donne. A volte, però, dovremmo riflettere sul fatto che ciò che può sembrarci innocuo, o persino spassoso, possa invece ferire o umiliare qualcun altro, e questo discorso vale anche per chi deride i peni piccoli.

In questi giorni in cui ci troviamo costretti giocoforza a trovare spunti e modi per passare il tempo, abbiamo ovviamente anche più occasione per girovagare sui social, soffermandoci su video, dirette e storie.

Instagram & co. non ci stanno solo mostrando un esercito di aspiranti panettieri e pizzaioli domestici, che fanno di necessità virtù sbizzarrendosi con pizze e focaccia, ma negli scorsi giorni ci ha riservato anche qualche “cattivo esempio” di body shaming.

In particolare, saltando da un account all’altro, abbiamo visto storie e dirette di varie influencer, blogger o personaggi pubblici che, forse per puro spirito goliardico, e trovandolo evidentemente un ottimo modo per passare qualche ora divertendosi, dileggiavano gli ex partner parlando minuziosamente dei loro peni di dimensioni ridotte.

Essere dotati di un pene piccolo non è certamente una colpa, ma può essere ugualmente un motivo di imbarazzo o di vergogna, proprio come può esserlo l’avere la cellulite, l’essere sovrappeso o avere l’acne.

Insomma, i problemi di autostima e accettazione sono i medesimi, perciò non si capisce perché molte delle persone che sugli stessi social si prodigano tanto per portare avanti la bandiera della body acceptance scagliandosi contro il suo opposto, il body shaming, siano a volte proprio le stesse che lo praticano per prime, in riferimento a questa particolare caratteristica degli ex compagni.

La sacrosanta battaglia per la body positivity non è un’esclusiva femminile. Seppure la pressione agli standard di bellezza a cui le donne sono costantemente sottoposte sia, forse, più evidente, ciò non toglie che anche gli uomini subiscano discriminazioni e dettami ai quali rispondere. La dimensione del pene è forse l’esempio più lampante e allo stesso tempo il più ignorato.

Poco importa trincerarsi dietro la scusa del “Non faccio nomi”; e non solo perché, mettendoci la faccia su un social, è chiaro che non sia sempre così difficile risalire all’elenco degli ex e, quindi, fare l’associazione, ma anche e soprattutto perché il non fare nomi non esula dall’offendere un’intera “categoria”, e quindi chiunque possa sentirsi chiamato in causa.

A sorprendere, inoltre, è il fatto che le autrici di queste affermazioni, spesso impegnate in prima linea contro il body shaming, non si rendano conto della gravità delle loro affermazioni diventando così colpevoli di ciò contro cui si battono, dando per scontato invece che siano esilaranti, spiritose, e che di certo non insultino nessuno perché “in fondo, che avrò mai detto di sbagliato”.

Non c’è nulla di divertente nel descrivere nel dettaglio le caratteristiche di un pene piccolo, solo per il gusto di riderne con le amiche (virtuali).

Probabilmente qualcuno ora dirà “Sono discorsi che facciamo tutti nel privato” e probabilmente è vero, così come tutti nel privato si saranno trovati a giudicare male il grasso, altrui o proprio. Perché la body acceptance, per quanto alcuni la ritengano una battaglia frivola, dimostra tutta la sua importanza proprio nella difficoltà che abbiamo nel metterla in pratica.

Le frecciatine all’aspetto fisico altrui sono vizi difficili da evitare, ma ciò non toglie che siano abitudini comunque sbagliate e da non legittimare. La giustificazione “lo fanno tutti” perciò non regge, perché in questo caso “mal comune mezzo gaudio” non vale, anzi: aggrava ulteriormente le conseguenze negative.

Inoltre, se i commenti e giudizi acidi fatti nel nostro privato possono procurare danni limitati, farli sui social può invece causarne di molto più gravi. La differenza sta proprio qui: perché, per quanto il body shaming sia odioso sempre e comunque, un conto è tirare fuori una battutaccia nell’intimità di una casa, di fronte a un’amica fidata, un altro è essere un personaggio pubblico seguito da migliaia di followers e invitare, implicitamente, alla derisione delle persone con quella caratteristica, per poi magari scandalizzarsi o gridare alla pubblica gogna se qualcuno osa scrivere “brutta” o “grassa” sotto la foto di una donna.

Il body shaming non è tale solo se fatto nei confronti delle donne, ma questo dovremmo già saperlo; a volte, però, dovremmo riflettere di più sul fatto che ciò che può sembrarci innocuo, o persino spassoso, possa invece ferire o umiliare qualcun altro, e che è proprio su questo che il body shaming si poggia.

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