Che cosa ha significato per voi perdere la verginità? Ogni donna occidentale può dare una risposta diversa.

Per qualcuna è stato semplicemente un momento di passaggio, per altre un trauma (magari l’esperienza della prima volta non è stata delle migliori), per altre ancora un gesto d’amore, o un fardello ingombrante di cui liberarsi e così via. Un tempo, in Italia, non era così. In molti luoghi, ancora nel Novecento, si esponevano alla finestra le lenzuola macchiate dopo la prima notte di nozze, per testimoniare al paese la virtù della novella sposa. Oggi le cose stanno diversamente, ma non in tutto il mondo è così.

La giornalista Giuliana Sgrena nel suo libro Dio odia le donne racconta come già ai tempi di sua madre questa usanza del lenzuolo non venisse più presa in considerazione, anzi la sua mamma andò all’altare incinta e in abito bianco (che da sempre è simbolo di verginità femminile). Però possiamo ipotizzare che quello che potremmo sospettare come lassismo della Chiesa Cattolica, sia in realtà un ampliamento dell’insegnamento evangelico: Dio perdona 70 volte 7. In altre parole, se fate sesso da nubili e vi pentite in confessione, sarete perdonate. E questo vale per le donne ma anche per gli uomini.

Dio odia le donne di Giuliana Sgrena

Dio odia le donne di Giuliana Sgrena

Le grandi religioni monoteistiche contro la donna e a favore del patriarcato: Giuliana Sgrena prende in esame un elemento di fondo presente in molti culti e gli occhi attraverso cui essi vedono l'universo femminile.
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L’imenoplastica nel libro di Giuliana Sgrena

All’interno dell’Islam le cose vanno diversamente, perché in questa religione il matrimonio è un contratto, cui può essere aggiunta la clausola della verginità. Non solo, molti futuri mariti chiedono alle future mogli il certificato medico di verginità.

Viviamo però nel 2020 e si arriva al matrimonio non sempre giovanissime: è immaginabile come arrivare vergini alle nozze possa essere talvolta improbabile, anche se non impossibile. Non si tratta solo di creare scandalo: nel Corano si parla di lapidazione o di abbandono fino a che morte non sopravvenga per le donne che commettono fornicazione (e quindi che fanno sesso prematrimoniale o tradiscono il marito). Come ovviare alla questione e avere salva la vita? Sgrena nel suo libro parla di un fenomeno interessante e ben preciso.

A ogni male c’è un rimedio: l’imenoplastica – scrive Sgrena – La pratica è molto diffusa: basta un medico disponibile, circa trenta minuti, qualche punto di sutura e un centinaio di euro o dollari, e la verginità è ricostruita. In Occidente i prezzi sono almeno decuplicati. La “fabbrica della verginità” più famosa si trova a Parigi, nella clinica del dottor Mac Abecassis: con 2000 euro si torna illibate. Ma su Internet si trovano offerte per tutte le tasche. C’è un rimedio anche per chi non ha soldi: la società cinese Gigimo, con sede a Shangai, produce un kit con un imene artificiale, garantito ipoallergenico, che contiene qualche goccia di liquido rosso simile al sangue; si può ordinare via Internet e costa 15 dollari. La trovata ha scatenato polemiche nel mondo arabo, tanto che, secondo quanto riferito dalla Bbc, il religioso egiziano Abdel Mouti Bayoumi, dell’Università di al-Azhar, ha emesso una fatwa che prevede la pena di morte per chi decide di importare o usare l’imene artificiale, perché diffonderebbe il “vizio nella società”.

Il feticcio dell’imene

Il kit per l’imene artificiale di Gigimo è stato scandagliato in un articolo del Telegraph, che ha spiegato come sia distribuito in tutto il Medio Oriente ma non è pubblicizzato in Egitto.

Si tratta di un sacchetto che una donna può inserire nella propria vagina prima di un rapporto sessuale e che perde una sostanza simile al sangue quando si rompe durante il rapporto stesso. Questo sacchetto è stato consigliato da Dan Savage su Internazionale a una lettrice che gli aveva scritto raccontando che il fidanzato avesse il feticcio della verginità. Savage, con la sua solita verve, le ha consigliato di non scomporsi per un feticcio, ma di preoccuparsi invece del fatto che alcune donne siano costrette a ricorrere al kit per l’imene artificiale per ragioni culturali o religiose.

Kit imene artificiale, gli ostacoli sociali e religiosi

Però, come spiega ancora il Telegraph, la situazione non è facile per queste donne. Il kit per l’imene artificiale è considerato immorale o illegale in alcuni Paesi. Un gatto che si morde la coda insomma: si ricorre al kit per non rischiare la vita, ma la si rischia ugualmente se vi si ricorre. Il politico e sceicco Sayed Askar ha infatti bollato questo prodotto come «segno di vergogna» perché «incoraggia relazioni sessuali illecite», fuori dal matrimonio insomma. Secondo la blogger egiziana Marwa Rakha il kit rappresenta invece un modo per rendere più evidente le ipocrisie della cultura araba, che condanna la sessualità femminile ma non fa altrettanto con la promiscuità maschile.

GlobalVoices racconta l’esperienza del blogger Mohamed al Rahhal, che ha provato ad acquistare uno di questi kit via Internet. All’ufficio postale, si è accorto che il suo pacco era stato aperto dagli ispettori della dogana, che gli hanno chiesto cosa fosse. Il blogger ha potuto portarselo a casa perché l’ha spacciato per un trucco cinematografico. Avrebbe voluto proporlo in un test per il funzionamento a una volontaria, ma ha preferito non farlo perché non era certo che il prodotto fosse sicuro per la salute di chi l’avrebbe usato.

Da musulmana – scrive la giornalista Marwa Rakha su GlobalVoices – so che il Corano predica la castità per donne e uomini, ma l’ossessione conservatrice per le donne impone che siano soltanto loro a osservare la proibizione del sesso extra-coniugale. Questa ossessione con la verginità è quanto meno superficiale, se non tragica.

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