La battaglia tra sessi si è disputata storicamente su vari campi, compreso quello sportivo (se qualcuno non sapesse di cosa stiamo parlando suggeriamo di leggere questo articolo su Billie Jean King) ma forse pochi sospettavano che il titanico scontro coinvolgesse anche… il timbro di voce.

Eppure sembrerebbe essere proprio così, dato che uno studio ha rilevato come il tono di voce delle donne sia diventato, nei decenni, più profondo, proprio per rispondere a un continuo gioco di potere con l’altro sesso. Fare la voce grossa, quindi, a quanto pare non è solo un modo di dire, ma una necessità “fisiologica” cui le donne hanno cercato di adattarsi per essere prese sul serio dalla società.

Spieghiamo meglio, partendo proprio dalla ricerca alla base di questa affermazione: Cecilia Pemberton, della University of South Australia, ha preso in esame e analizzato le voci di due gruppi di donne australiane di età compresa tra 18 e 25 anni, confrontando le registrazioni di archivio di donne risalenti al 1945 con registrazioni più recenti, effettuate nei primi anni ’90.

Ciò che il team di ricercatori guidati da Pemberton ha scoperto è che la “frequenza fondamentale” è diminuita di 23 Hz in cinque decenni, passando da una media di 229 Hz a 206 Hz. Una differenza piuttosto significativa, insomma. Per comprovare i risultati, i ricercatori hanno fatto sapere di aver preso come campione donne con caratteristiche piuttosto simili tra loro: tutte studentesse, tutte non fumatrici. Aggiungendo anche che la causa di una così evidente differenza non potesse essere attribuita neppure all’utilizzo della pillola contraccettiva, largamente diffusa nel gruppo di donne degli anni ’90 impiegate nella ricerca: il cambio di voce è risultato infatti evidente anche rispetto alle donne “contemporanee” esaminate che non ne facevano uso.

Alla base di tale modifica, invece, i ricercatori ipotizzano ci possano essere ragioni prettamente sociologiche, date soprattutto dalla trasformazione culturale della donna e dalla sua ascesa a sempre più ruoli di potere o, comunque, di primo piano. Un esempio su tutte? L’ex Primo Ministro inglese Margaret Tatcher, definita la “lady di ferro” della politica, fece ricorso a un insegnante, un voice coach, che la aiutasse a sembrare più autorevole anche abbassando il tono della propria voce in modo da renderlo più profondo.

I ricercatori hanno ipotizzato che la trasformazione rifletta l’ascesa delle donne a ruoli più importanti nella società, portandole ad adottare un tono più profondo per proiettare autorità e dominio sul posto di lavoro.

Lo dimostra anche il fatto che un tono di voce di questo tipo viene percepito anche come corrispondente a un rango sociale più elevato, o a una posizione di dominanza all’interno di una comunità, come evidenzia una seconda ricerca, condotta da Joey Cheng dell’Università dell’Illinois che ha illustrato come, del resto, anche in natura, nei gruppi di macachi o scimpanzé, ad esempio, ma anche fra le rane maschio, che abbassano il tono di “voce” per affermare il proprio dominio sugli altri nelle vicinanze, esista questa “regola” non scritta per cui a tono di voce più basso equivale una posizione di dominanza.

La teoria di Cheng non fa che confermare l’ipotesi portata avanti dalla ricerca di Pemberton, per cui alla base del cambiamento vocale femminile ci sarebbero i tanti traguardi raggiunti in fatto di uguaglianza di genere.

Attenzione, però: le differenze vocali si riscontrano anche da donna a donna, non solo fra generazioni. Alcuni esempi, citati in questo articolo della BBC? Ad esempio, le donne dei Paesi Bassi hanno la voce più profonda rispetto alle giapponesi, probabilmente perché nel secondo Paese c’è una maggiore disuguaglianza di genere, che si riflette, per citare una tematica molto attuale, anche in un più ampio gender pay gap.

C’è, sottolinea Cheng, anche un altro “lato della medaglia” relativo al cambio di tonalità vocale delle donne, ovvero che avere una voce più profonda, benché le renda più autorevoli, le farebbe risultare anche meno attraenti sessualmente. Forse perché l’idea di potere che suscitano agli uomini minano l’autostima di questi ultimi?

A ogni modo, avere acquisito una voce più profonda non è evidentemente sufficiente per colmare i grossi gap sociali e culturali che circondano le donne né, ovviamente, per porre fine a situazioni di particolare disequilibrio in cui queste continuano a vivere, soprattutto relativamente a violenza, abusi e discriminazioni. Ma se queste ricerche potrebbero servire a ricordarci, simbolicamente, di “alzare la voce”, più che renderla profonda, allora ben vengano.

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