In alcune città italiane sono già presenti e sono molti i comuni in cui si sta lavorando per costruirne di nuovi. Parliamo dei Giardini degli Angeli, luoghi dedicati alla sepoltura di embrioni e feti mai nati.

Attualmente nel nostro Paese si possono trovare in varie città. A Roma, nel 2012, è stato inaugurato uno spazio apposito di 600 metri quadri nel cimitero Laurentino. A Trieste, invece, si sono conclusi da poco i lavori per realizzarne uno.

Ma non solo. Anche a Vicenza è prevista la messa a punto di un Giardino degli Angeli all’interno del Cimitero Maggiore e ne esistono già alcuni anche in provincia di Modena e Vercelli.

Queste realtà, però, non sono unicamente italiane.

I Giardini degli Angeli sono diffusi e presenti anche all’estero in modo piuttosto sentito. In America, per esempio, al riconoscimento del lutto perinatale è dedicata una giornata della consapevolezza, il 15 ottobre, denominata Baby Loss.  

Durante questa celebrazione, promossa anche in Italia, vengono svolti eventi di sensibilizzazione, formazione e commemorazione sul tema, rivolti alla famiglie, agli operatori sanitari e alla cittadinanza.

Ma entriamo più nel dettaglio per capire lo scopo di questi particolari luoghi.

Giardini degli Angeli: perché esistono?

I Giardini degli Angeli, solitamente gestiti da associazioni cattoliche, sono nati con l’intento di donare ai genitori che hanno perso un figlio durante la gravidanza un posto in cui poter elaborare il lutto e il dolore.

Ma è davvero così? Se da un lato c’è chi sostiene la sensibilità insita nel progetto e l’aiuto che questi luoghi possano dare a chi ha perso un figlio, infatti, dall’altro c’è chi vede un nuovo tentativo di colpevolizzare la libera scelta all’aborto.

Perché si, indipendentemente dal proprio pensiero personale, l’aborto in Italia è un diritto sancito da oltre quarant’anni con la legge 194 del 1978. Un diritto ottenuto con lotte e discussioni senza fine e che, ancora oggi, persistono nel nostro Paese cosi come nel resto del mondo.

Ed è proprio per questo che in merito a questi giardini sono sorte numerose polemiche.

Il dibattito è nato in seguito a una mozione presentata dalla maggioranza di centrodestra al Comune di Cagliari. In una sua prima versione, ora modificata, si affermava il ricorso alla sepoltura dei feti in un luogo apposito, anche senza specifica richiesta dei genitori. A detta della maggioranza si è trattato di un refuso, ma che è stato sufficiente per scatenare non poche discussioni riaprendo un argomento mai chiuso: i diritti legati all’aborto.

I pareri degli esperti

Un aiuto per lenire il dolore

Secondo la psicologa esperta in traumi post aborto, Francesca Malatacca, interpellata da Letteradonna, interrompere una gravidanza comporta delle ferite che si rimarginano difficilmente. Una tra queste è l’accettazione che il proprio figlio finisca tra i rifiuti ospedalieri.

Dare dignità alla perdita, avendo un luogo in cui piangere e ricordare, è un modo per aiutare un’elaborazione che spesso non smette mai di esistere. Nessuno, se non chi lo vive in prima persona, può capire o mettersi nei panni di chi ha affrontato un aborto.

E questo vale in egual misura sia per chi ha subito un’interruzione spontanea della gravidanza sia per chi l’ha decisa volontariamente. Anche dopo una scelta ponderata e più o meno sofferta, infatti, possono generarsi traumi che si manifestano con sogni ricorrenti o con il rifiuto, conscio o inconscio, di avere altri figli.

Come spiega l’esperta, alcuni aborti spontanei si sono verificati proprio come reazione della psiche in seguito ad un aborto volontario.

Sì ma senza obbligo

Dello stesso parere la psicologa Alessia Nota, dello studio specializzato in terapie post aborto, Il Mandorlo.

L’interruzione di gravidanza , spontanea o voluta, può generare un profondo senso di colpa nella donna e per questo motivo, avere la possibilità di scegliere se seppellire il feto, può essere un’opportunità per affrontare meglio il senso di colpa che si genera.

Come sottolinea la psicologa, la cosa importante è che questa rimanga una scelta, libera e personale, che tuteli la donna senza nessun tipo di imposizione. Per questi motivi, un luogo come un Giardino degli Angeli, potrebbe essere un valido aiuto per comprendere, accettare ed elaborare la perdita, voluta e non.

Un aiuto che in alcuni casi, però, non è assolutamente necessario. Non per tutte le donne, infatti, l’interruzione di gravidanza rappresenta un trauma.

Qualcuno dice no

La scelta di abortire per molte donne è una decisione consapevole, voluta e assolutamente serena e come tale va rispettata, anche per quanto riguarda la sorte del feto abortito.

Come spiega la psicologa Federica Di Martino, una delle ideatrici del blog Ho abortito e sto benissimo, una mozione come questa potrebbe essere un modo per colpevolizzare la donna, limitandone la volontà.

Un tentativo di edulcorare la legge 194, passando per vie traverse.

Secondo la Di Martino, anche la terminologia usata e la scelta di chiamare questi luoghi “Giardini degli Angeli” sono tentativi di veicolare e limitare la libertà di scelta delle donne. Come? Utilizzando una retorica linguistica antiabortista che va a minare l’attuazione di un diritto acquisito.

Il diritto di scegliere

La libertà di scelta è un diritto che ancora troppo spesso, in molti Paesi, viene negato o minato da ideologie e provvedimenti che obbligano la donna a una condizione di assenza di libertà decisionale.  Quello che preoccupa è che, purtroppo, sembra che queste “idee” stiano tornando a fare capolino anche in quei Paesi dove questo traguardo sembrava acquisito.

Se la sepoltura del feto abortito, quindi, fosse obbligatoria e tacitamente praticata, che se ne faccia richiesta o meno, si andrebbero a minare questo diritto alla scelta. Stessa cosa se si dovesse, al contrario, rendere proibiti luoghi come il Giardino degli Angeli, impedendo quindi a coloro che lo desiderano di vivere la perdita nel modo che preferiscono.

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