Ieri sono andata a dormire in un Paese più libero, diverso da quello in cui mi ero svegliata la mattina.

Da ieri sono una donna più libera.

La Corte Costituzionale ieri sera si è espressa sulla punibilità dell’aiuto al suicidio in merito al caso di Marco Cappato, che rischiava fino a 12 anni di carcere per aver accompagnato dj Fabo in Svizzera a morire:

“Ai sensi dell’articolo 580 del codice penale, a determinate condizioni, chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio”, ha sancito, non  è punibile.

Non è, beninteso, la fine di un lotta e i diritti, questo tempo ci insegna, non sono qualcosa di scontato, neppure una volta che sono stati acquisiti. Tanto più che la Consulta è stata chiamata a intervenire laddove c’è e rimane un vuoto legislativo colpevole e volutamente irresponsabile che, ora, difficilmente il parlamento potrà continuare a ignorare.

Dalla notte di ieri al giorno di oggi, l’Italia non si è trasformata in un Paese davvero laico e civile, ma ha fatto un passo per diventare un po’ più entrambe le cose. Ed è un bene per tutti, “anche per chi non è d’accordo”, come scrive Marco Cappato, cui dobbiamo tanto.

Per quanto oggi sia, inevitabilmente, il giorno delle polemiche, io sono una donna più libera circondata da uomini, donne, bambini, bambine ed esseri umani viventi o non ancora tali più liberi.

Se abbiamo il privilegio oggi di essere in salute, magari giovani o giovanissimi e di poterci permettere di pensare alla morte come a qualcosa che non ci riguarda, questo debito di riconoscenza lo dovremo prima o poi a tanti uomini e donne che hanno pagato con la loro sofferenza la nostra libertà.

Prendo in prestito le parole di Luca Tosa e dico grazie, perché oggi posso vivere e morire con dignità. Qualcuno proverà a convincerci che è un affronto etico e morale al valore della vita, noi risponderemo, da donne e uomini finalmente un po’ più liberi, che è il più grande atto d’amore e di rispetto nei suoi confronti.

Se, un giorno, tra qualche anno, potrete finalmente decidere come vivere e quando morire, ricordatevi di chi per quel diritto ha combattuto, sofferto, rischiato, ha disobbedito, si è denunciato, fatto arrestare.
Ricordatevi di Fabo, di Marco, di Filomena, di Ilaria. Ricordatevi di Piegiorgio Welby che ha rifiutato l’accanimento terapeutico. Ricordatevi di Eluana e Beppino Englaro e della dignità della vita contro ogni ideologia, ricordatevi di Emma Bonino e Marco Pannella, loro non hanno bisogno di presentazioni.
Ricordatevi di Mario Monicelli che a 90 anni è stato costretto a gettarsi da un balcone per sfuggire ai propri demoni. Ricordatevi di Lucio Magri, di Luca Coscioni, dei suoi 38 anni stroncati dalla Sla e vissuti per garantire ad altri il diritto di non vivere le sue sofferenze. Ricordatevi di tutti coloro che non hanno vissuto abbastanza per vedere riconosciuto dallo Stato italiano un diritto inseguito oltreconfine, in silenzio e in solitudine.

La strada è imboccata: ora serve una legge, a dirci che abbiamo il diritto di essere liberi e di scegliere cosa significa, per noi, morire con dignità.

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