Sono morti a distanza di un’ora l’uno dall’altra. La prova finale che il loro era davvero un amore “per tutta la vita”, e che quella promessa fatta 49 anni prima, “finché morte non ci separi”, non era solo un insieme di parole pronunciate per prassi.

È sicuramente commovente la storia di Alfredo Carbone, 73 anni, e Gina Morelli, 71 anni, gli anziani di Rivoli, nella provincia torinese, morti entrambi d’infarto la stessa notte, dopo mezzo secolo trascorso insieme, sempre. Mano nella mano.

Oggi è il figlio, rimasto improvvisamente orfano, a raccontare di quell’amore speciale che univa i suoi genitori; di quelli che si leggono nei romanzi, che si trovano solo se si è fortunati, che si vedono e si ammirano come si fa con le cose preziose e rare.

Per tutti, in paese, erano semplicemente “i Carbone”: quasi fossero una cosa sola, un’unità inscindibile, due atomi inseparabili.

Mamma Gina non ha retto al dolore, ha spiegato Luigi alla sezione torinese di Repubblica; loro, che l’anno prossimo avrebbero tagliato il traguardo delle nozze d’oro, proprio non riuscivano a stare lontani.

Se cercavi mamma, la trovavi sempre a due passi da papà. Vivevano insieme da così tanto tempo che erano diventati quasi una sola persona, sono una di quelle coppie che la mia generazione invidia e che oggi sono difficili da trovare.

Il teatro del loro amore indissolubile, quella casetta al secondo piano di via Collegno, con l’intonaco giallo e le tende bianche e marroni fissate sui balconi; quella stessa dove Luigi è cresciuto, cullato dall’amore di quei genitori così indispensabili l’uno per l’altra.

Veniva da Sibari in Calabria, Genoveffa, che però quel nome ormai lo conservava solo sui documenti d’identità; per tutti era Gina, e anche il suo Alfredo, del resto, il suo nome vero lo aveva pronunciato solo il giorno del matrimonio. Arrivata al Nord, aveva incontrato Alfredo, nato a Montemiletto, in provincia di Avellino, ma a Rivoli da quando aveva solo 13 anni.

Un colpo di fulmine, un amore travolgente: Alfredo e Gina hanno vissuto una passione che oggi giudicheremmo sconsiderata, incosciente.

Si sono sposati dopo appena otto mesi che si erano conosciuti, se non è amore a prima vista questo” ha raccontato Luigi.

E invece no, loro sono stati la prova che se due anime sono gemelle, il tempo, la conoscenza, tutto diventa relativo.

Lui faceva il garzone, consegnava il vino, quando i suoi occhi si posano su Gina; negli anni, poi, Alfredo sarebbe stato anche artigiano in falegnameria, quindi netturbino, mentre mamma, dopo aver abbandonato il lavoro, si sarebbe occupata solo dei figli.

Con Luigi, papà Alfredo condivideva la passione per il calcio; il figlio era dirigente della polisportiva Pro Collegno, il padre un tuttofare. Accompagnato, nelle sue giornate sul campo da calcio, dall’immancabile Gina, che rinunciava d’estate al sole e al mare della Liguria per stare con lui, per vederlo lavorare su quel manto erboso che era il suo svago principale.

L’altra sera mamma ha chiamato l’ambulanza, poi mi ha telefonato – ricorda Luigi – Ho capito subito che la situazione era grave. Ho iniziato a rianimare mio padre prima dell’arrivo dei soccorsi“.

Quando i soccorsi arrivano e iniziano il massaggio cardiaco su Alfredo, lui porta nell’altra stanza la madre, le dice di stare tranquilla, che sarebbe andato tutto bene. Ma ha iniziato a star male anche lei.

Era una donna intelligente, sapeva che suo marito non ce l’avrebbe fatta e non ha retto, me lo hanno detto anche i medici, è stato un infarto esteso causato dal dolore per la morte di mio padre.

Era tropo grande il pensiero di vivere senza l’amore della sua vita. Perché per Gina, quella, non sarebbe più stata vita.

Quindi se ne sono andati insieme, uniti come lo sono stati ogni giorno di questo mezzo secolo, tenendo fede a quelle promesse scambiate tanti anni fa. Anzi, nel loro caso nemmeno la morte li ha separati.

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