L’amicizia è un sentimento sacro, a volte più indissolubile dell’amore stesso. Un’amica o un amico è quella persona che ti sta accanto, spesso in silenzio e via via che cresciamo anche lontano dalla nostra quotidianità ma che resta sempre un punto fermo della nostra vita, consapevoli della sua presenza e della sua discrezione, pronto ad accoglierci per condividere insieme gioie e dolori ma anche e solo per essere puro ascolto di noi stesse.

Le amiche e gli amici, quelli autentici, sono pochi ma sono la famiglia che ci scegliamo e quello che ci lega è un senso di appartenenza, rassicurante e stimolante; sono quelle persone che sanno leggerci dentro, ci parlano con schiettezza e non hanno paura di sbatterci in faccia la verità e di mandarci a fare in culo quando ce lo meritiamo. Chiaramente la cosa è reciproca.

Ecco in queste fredde giornate di “maggembre” la visione di Wine Country, distribuito in esclusiva da Netflix e opera prima di Amy Poehler che nel film interpreta la metodica e anche un po’ petulante Abby ci ha fatto sorridere e pensare che senza il sentimento dell’amicizia tutti noi saremmo più poveri di animo.

In occasione del cinquantesimo compleanno di Rebecca (Rachel Dratch) il vecchio gruppo di sei amiche – e finalmente sono sei e non quattro come ci hanno abituato molte serie televisive – si riunisce per un weekend lungo nella Napa Valley, incantevole zona della California famosa per i suoi sterminati e meravigliosi vigneti e il suo vino. Ciascuna di loro si presenta a questo appuntamento con le proprie nervosi, le proprie idiosincrasie e i propri inconfessabili segreti, quelli che non si rilevano nemmeno a se stesse.

Già perché cinquanta anni, specie per una donna, fanno paura: il corpo cambia come rilevano le forme arrotondate di Jenny (Emily Spivey), la quotidianità può farsi più pesante e noiosa come per Val (Paula Pell), le difficoltà di coppia se non vengono affrontate diventano macigni come alla fine ammetterà Rebecca e si affacciano i primi problemi di salute come lo spettro di un cancro al seno come per Naomi (Maya Rudolph); ma c’è anche chi deve affrontare la perdita di un lavoro e fare finta che tutto vada benissimo come nel caso di Abby e chi, invece, del lavoro ha fatto la propria ragione di vita come è per Catherine (Ana Gasteyer) tanto da non riuscire, inizialmente, a staccarsi dall’iphone e da Siri.

Quello che, malgrado tutte le difficoltà, fa da collante, però, sono i venti anni di amicizia e il fatto di conoscersi bene e di saper mettere a nudo l’altra persona senza troppi peli sulla lingua. Il film pecca un pochino nella sceneggiatura non sempre all’altezza della bravura delle nostre sei protagoniste ma quello che ci è piaciuto tanto è stata la loro capacità interpretativa che ha fatto trapelare come forse anche nella vita di tutti i giorni questo splendido gruppetto di sei persone sia davvero sodale l’una con l’altra.

E tra sguardi complici, occhiate di disappunto, un’ironia pungente che adoriamo sempre e un paesaggio da sogno mi è venuta subito voglia di scrivere al gruppo Whatsapp delle “Splendide”, le mie amiche più strette (e in tutto siamo sei!) per chieder loro quando ci saremmo viste per una delle nostre serate, grata e intenerita da tutte le nostre storie e dal senso di arricchimento che mi porto dentro ogni volta che le vedo e con loro condivido una parte di me. Perché l’amicizia è un sentimento sacro. Sempre.

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