Non è l’11 Settembre dell’Europa.

Lo hanno scritto in tanti. Giornalisti di testate nazionali autorevoli lo hanno detto prima, intervenendo nei tg e nelle trasmissioni televisive, l’hanno scritto poi.

Ma è un’analisi sbagliata, nella migliore delle ipotesi. Un’esagerazione irrispettosa e dolosa, a differenza dell’incendio che si è mangiato la Nostra Signora e ha fatto collassare sotto i nostri occhi increduli e addolorati la sua splendida guglia, di cui tutti o quasi abbiamo una foto e cui abbiamo guardato con ammirazione.

Equiparare l’incendio che ha devastato Notre Dame all’11 Settembre sposta le priorità e manda a zero il computo dell’umanità.

Non abbiamo visto persone lanciarsi in fiamme dai campanili che hanno nascosto, nel nostro immaginario, le deformità di un gobbo innamorato.  Le abbiamo viste, senza poterle dimenticare, buttarsi come pezzi di carta lanciati fuori da un finestrino in corsa da quelle torri svettanti nel cuore di Manhattan.

Non c’è stata aggressione pianificata e barbarica ad abbattere alcun simbolo. Al massimo l’incuria, l’insufficienza di un piano antincendio o la disattenzione umana rispetto alle norme di sicurezza. Ma questo si vedrà e altri ne appureranno responsabilità e quello che andava fatto, con il senno di poi.

Non c’è, alle spalle di quel rogo divampato in una delle città più belle e magiche del mondo, il contesto geopolitico e socioculturale che ha segnato la caduta dei due giganti gemelli e ha scaraventato il mondo in un contesto ancora più radicalizzato e violento.

Paragonare le Torri Gemelle e Notre Dame è profondamente sbagliato, irrispettoso, violento e ignorante.

Ridimensionare i titoli, pesare le parole, non toglie dignità e dolore a una tragedia artistica e culturale che è tale: una tragedia, ovvero una fatalità che, senz’altro, avrebbe potuto essere evitata, ma che non ha alle spalle un piano omicida, né di distruzione di una società.

Il nostro dolore per Notre Dame è legittimo. Non lo è calpestare e sminuire un dolore ben più grande e imparagonabile.

Mentre scrivo queste parole mi segnalano, per fortuna, che anche una voce ben più autorevole della mia ha speso parole in merito: quella della scrittrice Michela Murgia.

Tiro un sospiro di sollievo. Perché è da ieri sera che mi interrogo, basita, su frasi enfatiche e parole deformate dal loro senso più profondo in cerca del titolo o del commento a effetto. E da ieri cercavo qualcuno che dicesse: alt, fermi tutti. Recuperiamo il senso della misura. Diamo valore a quello che diciamo. Contestualizziamo.

Il cuore dell’Europa è ferito e dilaniato, ma non per Notre Dame, che pure potrà essere ricostruita, come già in passato, dopo un altro grande incendio probabilmente non troppo differente da questo, a metà dell’Ottocento.

Non offendiamo quel cuore. Piangiamo Notre Dame e quello che rappresenta.
Ma diamo alle cose e, soprattutto, alle persone il giusto valore.
E interroghiamoci perché e per chi il nostro cuore europeo sanguina e piange. O almeno dovrebbe.

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