Il principio cardine che guida le relazioni sociali di molte persone, tra cui gli organizzatori del Congresso Mondiale delle Famiglie che si terrà fra pochi giorni a Verona (non senza, sacrosante, polemiche) sembra essere solo uno: la procreazione.

La difesa della famiglia tradizionale, l’osteggiare quelle omogenitoriali, la riduzione del ruolo della donna ad angelo del focolare. Sono tutti sintomi di uno schema di pensiero che considera nucleo della società solo e unicamente l’equazione uomo + donna = vita.

Se tale principio non può essere negato da nessuno a livello biologico, è palese, invece, abbia numerosissime varianti sociali che lo rendono inadatto a essere un diktat in grado di decidere cosa sia lecito e cosa sia “contro natura”.

Tuttavia, non c’è bisogno di scomodare estremismi di questo genere per rendersi conto di quanto questa filosofia di pensiero “concepimento-centrica” permei in realtà tutta la società.

La decisione di non volere figli, quando non vi sono impedimenti di natura anatomica o sociale a spiegarla, sembra essere ancora uno dei crimini peggiori che si possono commettere.

Che sia un darwiniano spirito di conservazione della specie, il retaggio di secoli di indottrinamento cattolico, l’influenza dei bambolotti con cui si giocava da bambini. Qualsiasi sia il motivo di tale astio, per la maggior parte delle persone non volere figli è sbagliato.

Ma in barba al principio cardine della procreazione (e santo dogma per gli amici del Congresso) ovvero che per riprodursi bisogna essere in due, questa filosofia di pensiero si macchia però di una discriminazione sessista importante. Perché solo le donne sono poste sotto giudizio.

Che un uomo non voglia figli non frega niente a nessuno.

L’ho sperimentato sulla mia pelle. Ai matrimoni, alle cene di Natale o, Dio non voglia, ai battesimi di qualche nuovo cuginetto, arriva sempre la domanda di qualche vecchia zia, la quale, forse ormai rassegnata all’idea del mancato matrimonio, tiene invece duro sull’annosa richiesta “e voi quando ce lo fate un bambino?”.

E io potrò anche rispondere per entrambi, potrò sbracciarmi, gridare ed esibirmi in mille acrobazie, ma le vecchie zie simpatiche non avranno che attenzioni per la mia ragazza, la quale, se riuscirà a superare il disagio di quegli sguardi indagatori, risponderà che no, non li vogliamo.

Al che accade una cosa molto bizzarra. Perché se la mia assoluta mancanza di desiderio di paternità suscita al massimo qualche smorfia infastidita, nel caso di una donna si dà il via invece a un vero e proprio protocollo militare per trovare immediatamente una soluzione a questa immane tragedia.

L’esistenza stessa di una donna che non vuole figli sembra così inconcepibile che nelle reazioni delle persone, molto più della disapprovazione, c’è un’enorme incredulità, messa subito a tacere con la convinzione che sia la donna stessa a sbagliarsi sui suoi desideri.

Per questo, dopo l’invadente e inopportuno “perché?” (di cui non ascolteranno nemmeno la risposta) scatteranno i “ma vedrai che poi cambi idea”, “quando cresci sentirai di volere un figlio”, “non lo puoi capire finché non ne hai uno”, ecc…

E io, al riparo dietro ai miei genitali, scudo impenetrabile per questo interrogatorio giudicante, osservo impotente all’incoerenza di un pensiero così sessista, limitato, maschilista e sbagliato che si rende al tempo stesso così potente tra le labbra delle mie vecchie amorevoli zie.

Perché? Perché non chiedete anche a noi uomini se vogliamo figli? Perché non sgranate gli occhi quando diciamo che non li vogliamo? Perché, nella vostra invadente necessità di farvi gli affari degli altri, non avete quantomeno la coerenza di riconoscere anche a noi uomini il diritto al desiderio di paternità?

Perché non riuscite a rendervi conto che il desiderio di non volere figli non lede in alcun modo lo spirito materno e paterno di altri? Nemmeno di coloro che vorrebbero ma non li possono avere?
Perché non capite che riprodursi è (o dovrebbe essere) una scelta libera. Fatta con amore, consapevolezza e lungimiranza.

Perché noi non siamo, e non ci esauriamo, in una sequenza di ovuli fecondati che non hanno altro scopo che fecondare altri ovuli. Con buona pace del Congresso delle Famiglie.

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