La maternità non è una “benedizione”: perché anche chi è madre deve dirlo

Dire che i figli non sono né una benedizione, né un evento, ma una scelta, non offende nessuno.Non offende neppure quelle donne che portano dentro di sé il dolore, enorme e spesso incomprensibile a chi non lo conosce, di non poter diventare madri.Perché a farle soffrire tanto è proprio l'impossibilità di vedere realizzata la loro volontà e, quindi, la loro scelta.

Nei giorni scorsi Antonio Polito, il vicedirettore del Corriere della Sera, in risposta a un tweet di Giusi Fasano, giornalista della stessa testata, e alle affermazioni di Giulia Blasi, scrittrice tra l’altro di Manuale per ragazze rivoluzionarie, ha commentato:

I figli non sono una scelta. Sono un evento e una benedizione.

Il contesto di questa affermazione, per chi volesse approfondire, sta in questo thread che chiunque può leggere su Twitter.

I figli non sono una scelta.

Questa frase mi ronza in testa da giorni e mi ferisce, in quanto madre e in quanto donna.

Da donna, perché mi rende contenitore passivo, corpo che non si appartiene, puro mezzo per garantire la continuità della specie e per il manifestarsi dell’“evento” e della “benedizione” del miracolo della vita.

Da madre, perché sminuisce la mia scelta e, di nuovo, mi rende “scatola” di qualcosa.

E invece mio figlio è una scelta. Ogni figlio lo è. O dovrebbe esserlo.
La benedizione, semmai, è conseguenza di questa scelta e sta nel fatto che questa si possa concretizzare.

È una scelta quella di una donna che vuole un figlio.
È una scelta quella della donna che scopre di aspettare un figlio non programmato e decide di diventare madre.
È una scelta, altrettanto legittima e compiuta per i più svariati motivi, quella della donna che sceglie di interrompere una gravidanza.

Dire che i figli non sono né una benedizione, né un evento, ma una scelta, non offende nessuno.
Non offende neppure quelle donne che portano dentro di sé il dolore, enorme e spesso incomprensibile a chi non lo conosce, di non poter diventare madri.
Perché a farle soffrire tanto è proprio l’impossibilità di vedere realizzata la loro volontà e, quindi, la loro scelta.

Al contrario, dire che i figli non sono una scelta, ma un evento e una benedizione offende tutte le donne.
Per i motivi di cui sopra e per il fatto che allora qualsiasi donna che non abbia avuto figli – per scelta o ragioni biologiche – non è stata, automaticamente, “benedetta” o ritenuta degna dell'”evento”.

Di più. Apre alla possibilità di additare quelle donne che scelgono di interrompere una gravidanza come coloro che hanno rinunciato alla benedizione e, quindi, come “maledette”.

Non credo (o almeno spero che così non sia) che l’affermazione di Antonio Polito volesse sottintendere tutto questo. Ma le parole contano e mai come in questo periodo sono importanti, soprattutto riguardo ai temi della maternità come scelta e non destino di ogni donna, del diritto all’aborto e all’autodeterminazione della donna.

In questi giorni in Argentina una bambina di 11 anni è quasi morta perché, violentata dal compagno della nonna, è stata costretta a portare in grembo la “benedizione” di un figlio che lei non aveva scelto.
In Argentina l’aborto è illegale (il Senato lo ha confermato nell’agosto 2018) e, anche se la Corte suprema nel 2012 aveva stabilito un'”eccezione” nei casi di evidente stupro, la volontà di difendere i “diritti e la sacralità della vita da quando è nel ventre materno”, come direbbe qualcuno, è stata più forte della volontà di difendere i diritti e la sacralità della vita di una bambina di 11 anni.

A nulla è servito il fatto che i genitori avessero firmato il consenso all’interruzione di gravidanza: persino quando la piccola stava evidentemente morendo i medici dell’ospedale in cui era ricoverata hanno fatto obiezione di coscienza e solo l’intervento di una ginecologa e un medico esterno hanno salvato la bambina dalla morte, non dal trauma, non dalla colpevolizzazione che, sebbene vittima e innocente, la aspetta.

Il corpo delle donne non è solo un contenitore per bambini; non è di un marito, né di un partner sessuale, per quanto ci ami o ci rispetti; non è sicuramente di chi ci stupra, né di uno Stato o di una Chiesa.

La maternità è una scelta.

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