Tutto si potrà dire, ma di certo non che ci dimenticheremo di questo del Festival di Sanremo. Solo che, ahinoi, lo faremo non per le belle canzoni che si sono sentite sul palco dell’Ariston, ma principalmente per lo sciame di polemiche che questa sessantanovesima edizione ha portato con sé, prima, durante e dopo.

Eravamo partiti con le critiche a Baglioni che in conferenza stampa si era esposto sul problema dei migranti, per proseguire con una Virginia Raffaele vista come un pesce fuor d’acqua da molti nei panni di conduttrice, fino ad arrivare, ovviamente, al caso scoppiato dopo la vittoria di Mahmood, che alla fine ha scontentato quasi tutti.

Adesso, però, la storia infinita del Festival 2019 ha preso un’altra piega, chiamando in causa persino alte cariche religiose, fede e addirittura – udite udite – il maligno.

“Colpevole” di aver attirato su di sé gli attacchi, ancora una volta, Virginia Raffaele: in particolare, a non essere proprio andato giù a molti religiosi, ma anche a una discreta parte di opinione pubblica, un suo sketch, in cui l’attrice canta Mamma di Beniamino Gigli, fino a quando il grammofono non si inceppa e lei con lui, pronunciando per cinque volte una parola ben distinta: “Satana”.

Apriti cielo (giusto per restare in tema). Più d’uno ha gridato allo scandalo, alla Raffaele che ha inneggiato a Satana, ma soprattutto c’è stato chi, come Aldo Bonaiuto, dell’associazione Papa Giovanni XXIII, ha ritenuto gravissimo il comportamento di Virginia, giudicandola come una mancanza di rispetto “verso chi è realmente oppresso dal maligno”.

E molti, anche dal mondo politico, hanno condiviso la critica di Bonaiuto, a partire da Matteo Salvini, che in un post Facebok ha scritto che “Non bisogna sottovalutare il problema delle sette sataniche”, passando per  Beppe Fioroni del PD, che ha scritto “In Italia il problema del Male e della sofferenza che provoca in tante persone non può mai essere sottovalutato né tantomeno banalizzato”.

Sull’altra sponda, artisti come Luca Bizzarri o Fiorella Mannoia hanno risposto chiedendosi come si potesse non capire che quella della Raffaele fosse solo e semplicemente una gag, senza alcun intento blasfemo.

In effetti, come giustamente fa notare un bell’articolo di Open, la satira spesso e volentieri prende di mira non solo ciò che è di attualità a livello sociale, culturale o politico, ma anche quello che può intimorire, che non si riesce a spiegare, proprio per – scusate il gioco di parole – non demonizzarlo, per non diventarne schiavi.

Sempre citando Open, se ripensiamo alle vignette di Charlie Hebdo dopo l’attentato del 2015 rivendicato dall’Isis, diventa subito chiaro come spesso il sorriso sia un modo che depotenzia il negativo, rendendolo immediatamente meno capace di incutere timore, di soffocare.

Senza contare che, nel mondo del cinema e della televisione, il tema esorcismo e il diabolico sono stati fra i più usati, e talvolta abusati, non solo nelle pellicole horror, ma in quello stesso genere comico cui appartiene Virginia Raffaele.

Oppure qualcuno vorrebbe farci credere davvero che Il Piccolo Diavolo, o L’Esorciccio, contengono messaggi subliminali che invocano il demonio? È chiaro che nel non trovare osceno lo sketch della Raffaele non ci si pone in toni irrispettosi verso i fedeli o verso chi crede in esorcismi e possessioni demoniache, non si cerca di far valere una posizione rispetto a un’altra in maniera forzata e despotica. Ma solo di far capire che la satira ha e deve continuare ad avere libertà di espressione, che non comprenda nessun genere di tabù, e che non per questo debba essere considerata un insulto o, peggio, un’invocazione a Satana. E che tali “preoccupazioni” arrivino persino a interessare la politica (che, diciamocelo, ne avrebbe ben altre più incalzanti di cui occuparsi) è davvero la cosa preoccupante. La gag deve solo far ridere, e la Raffaele, con buona pace di tutti gli scandalizzati, c’è riuscita.

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